L’altura su cui sorge il Castello di Marsiliana, nel Comune di Manciano (Grosseto), posta alla confluenza tra Elsa e Albegna, domina quasi tutta la valle compresa tra Talamone e Scansano. Qui viene tradizionalmente localizzata la città etrusca di Caletra, secondo quanto riferiscono Livio (XXXI, 55) e Plinio (Nat. Hist. III, 51), che citano un ager Caletranus (territorio di Caletra) da situare genericamente nella valle dell’Albegna.
Nota nel registro archeologico sin dagli inizi del Novecento, la località di Marsiliana ha restituito un cospicuo numero di tombe risalenti a un periodo compreso tra la metà dell’VIII e la fine del VI secolo a.C. Famosi i fortunati scavi condotti dal principe Tommaso Corsini a partire dal 1896 e che trovarono giusta sede di stampa nella monografia Marsiliana d’Albegna, pubblicata da Antonio Minto nel 1921.
Di questi primi rinvenimenti basti ricordare i ricchi corredi delle tombe a circolo (tombe a fossa raggruppate e circondate da un circolo di pietre infisse nel terreno), tra cui il «Circolo della Fibula» – che prende nome dalla fibula d’oro detta Corsini (ora al Museo Archeologico Nazionale di Firenze), decorata con minuscole anatre e leoni – e quello «degli Avori», con tre deposizioni maschili e un corredo di armi con un carro da guerra e di oggetti d’avorio, fra cui la tavoletta scrittoria (oggi al Museo Archeologico e d’Arte della Maremma di Grosseto) con, inciso sul bordo, l’alfabeto di tipo greco, ancora non adattato alle esigenze fonetiche etrusche. Nonostante quest’abbondanza di dati e ricchezza di ritrovamenti, dobbiamo arrivare agli inizi del 2000 (se si eccettuano alcuni interventi d’urgenza svolti negli anni Ottanta del secolo scorso) per ritrovare Marsiliana d’Albegna alla ribalta, grazie a una convenzione tra Università di Siena, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e Musei Civici di Manciano che, insieme, hanno avviato un progetto di ricerche sistematiche tuttora in corso.
Piú recentemente, nell’autunno del 2005, sono cominciate le indagini archeologiche in località «Il Santo», in prossimità della necropoli di «Banditella», la piú famosa scavata dal Corsini. Inizialmente sono state rinvenute alcune tombe a fossa risalenti alla prima meta del VII secolo a.C., perlopiú rovinate dai profondi lavori agricoli che hanno interessato l’area. In seguito, e con molta sorpresa, sono stati rinvenuti alcuni resti di mura, in posizione quasi adiacente alle sepolture e caratterizzate dalla tecnica «a secco». Questa improvvisa scoperta ha comportato l’approfondimento delle ricerche, da cui è emerso un complesso quanto mai inaspettato: poco a poco, infatti, sono venuti alla luce i resti di alcuni ambienti disposti in maniera regolare e presentanti una serie di strati di frequentazione e di materiali tipici delle strutture abitative. L’indagine ha poi rivelato l’esistenza di ben tre fasi edilizie successive, collocabili cronologicamente tra la metà del VII e la metà del VI secolo a.C.
Gli interventi edilizi rilevati sono perlopiú relativi a rifacimenti e ricostruzioni – forse riconducibili a opere di «manutenzione straordinaria» a seguito di eventi di tipo calamitoso –, che hanno mantenuto abbastanza inalterato l’andamento planimetrico e spaziale degli edifici già disposto nella fase piú antica.
Tutto lascia presupporre che l’area abitativa, seppur parzialmente indagata, corrisponda a una zona periferica della città etrusca di Marsiliana, prossima alla necropoli di Banditella.
Lo scavo in questione ha quindi permesso di indagare, per la prima volta e in estensione, una porzione – per quanto marginale – dell’insediamento etrusco di Caletra, mettendo in evidenza uno spaccato della sua storia quasi fino alla sua scomparsa, avvenuta repentinamente verso la fine del VI secolo a.C., in singolare coincidenza con un altro avamposto vulcente, quello di Poggio Buco-Le Sparne. Probabilmente anche il ceto aristocratico di Marsiliana/Caletra fu costretto ad abbandonare il sito, divenuto ormai troppo importante e indipendente per essere tollerato da Vulci.
Se è vero che le vicende che hanno caratterizzato il centro di Marsiliana in età etrusca presentano strette analogie con quelle di altri centri antichi del comprensorio vulcente, la straordinaria ricchezza esibita da molti dei suoi corredi funerari costituisce però una peculiarità di questo sito: e saranno i risultati degli scavi, ancora in corso, a illuminare, finalmente, la fortuna e il declino di questa «misteriosa» città etrusca.
L’indagine archeologica, disposta a seguito dei lavori di ampliamento della Strada Regionale 74 Maremmana, è stata condotta sotto la direzione di Andrea Camilli (affiancato da Enrico Pellegrini) della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, dai Musei Civici di Manciano in collaborazione con la Cooperativa Zoe (Lara Arcangeli, Giovanni B. Bertolani, Claudia Grilli, Simona Marianelli, Debora Rossi, Fabio Rossi, Patrizia Toniutti) e con il contributo dell’Amministrazione Provinciale di Grosseto.
Autore: Carlo Casi
Fonte: http://www.archeo.it, ottobre 2007