La tomba di Harwa, situata a Luxor sulla riva occidentale del Nilo, nella necropoli di Assasif accanto al tempio mortuario della Regina Hatshepsut, risale alla XXV Dinastia (fine del VII secolo a.c). Viene considerata uno dei più grandi ed interessanti complessi funerari dell’antico Egitto…
Già conosciuta da tempo dagli egittologi di tutto il mondo, dal 1995 è oggetto di una campagna di scavo diretta dall’egittologo toscano Francesco Tiradritti, che sta cercando di riportare completamente alla luce il monumento funerario consentendo, dopo un lungo restauro, la sua completa fruizione da parte del pubblico. La tomba è composta complessivamente da nove ambienti principali: un ingresso porticato, un vestibolo, il cortile, due sale ipostile (soffitto sorretto da colonne), il santuario di Osiride, un corridoio che porta alla Tomba di Akhimenu, la tomba di Padineith ed una serie di sale sussidiarie e ben 14 pozzi funerari ancora da esplorare, per un totale di 4500 mq di superficie. La struttura è molto complessa poiché è formata da ambienti costruiti progressivamente in profondità, in modo da alternare ambienti ipostili, cortili a cielo aperto e sale, come per rimandare simbolicamente al passaggio tra la luce e le tenebre, la vita e la morte.
Questo messaggio è chiaramente illustrato nelle numerose iscrizioni e decorazioni che arricchiscono la superficie perimetrale della tomba. Gli archeologi diretti da Tiradritti hanno rinvenuto numerosi reperti. Nella prima sala ipostila si sono trovate tracce di decorazione costituita da strisce rosse su fondo azzurro, nella parte meridionale della stessa sala, è stata scoperta un frammento di scena con tavola imbandita, una scena di macelleria, una serie di portatori con offerte rappresentanti il defunto durante la sua vita terrena, sui pilastri sono state individuate le figure della personificazione femminili delle ore del Giorno e della Notte ed alcune figure raffiguranti divinità maschili.
Sono state ritrovate alcune statuette ben conservate dette ushabty rappresentante lo stesso committente Harwa con in mano lo scettro e il flagello simboli dell’autorità faraonica, che simbolicamente attribuirebbero ad Harwa maggiori poteri di quelli lasciati finora supporre. Gli egittologi, infatti, conoscono il committente della tomba come il Grande Maggiordomo della Divina Adoratrice, vissuto tra il VIII ed il VII secolo a.c., appartenente al Clero del Dio Ammone, ma la scoperta degli ushabty dimostra come in realtà egli avesse incarichi molto importanti.
Sono stati ritrovati, inoltre, molti frammenti che rimandano a frasi tratte dal libro delle Ore del giorno e della notte, attraverso i quali Tiradritti ha ricavato il significato stesso dell’intera struttura del monumento funerario. Sembra, dunque, che il defunto Harwa dopo le scene di vita quotidiana, trovate nella prima sala ipostila, venga sottoposto, nella seconda sala ipostila, ad un rituale speciale in grado di conferirgli una nuova giovinezza, prima della sua definitiva discesa all’Oltretomba. Il suo arrivo nel Regno dei Morti viene raffigurato nel santuario di Osiride, sulla cui parete principale è scolpito un altorilievo con l’immagine della divinità. Dalle scene di banchetto, dunque, si passa progressivamente al rito della giovinezza e da qui, alla discesa agli inferi per mano di Osiride. Il corridoio che circonda il livello sotterraneo della tomba può essere interpretato come un modo per isolare la tomba stessa dal terreno che la circonda così da formare o rappresentare l’isola del Delta, dove, secondo la leggenda, Iside avesse seppellito il corpo di Osiride.
Harwa concepì, dunque, il suo tempio funerario come copia della tomba di Osiride, re dei morti e le iscrizioni della tomba, dunque, possono essere letti ed interpretati come un racconto ad immagini del viaggio dell’uomo verso l’Oltretomba, passando attraverso l’esperienza essenziale della morte.
bibliografia
– FRANCESCO TIRADRITTI, , Three years of researches in the tomb of Harwa, “Egyptian Archaeology”, n. 13, 1998, pp. 3-6;
– FRANCESCO TIRADRITTI, Scrivere e leggere un monumento egizio: l’esempio della Tomba di Harwa, in Sesh. Lingue e scritture nell’antico Egitto, catalogo della mostra a cura di Francesco Tiradritti, Milano, 1999, pp. 39-46.
Fonte: Redazione 20/02/03
Autore: Alessandra Marzuoli (Exibart)
Link: http://www.harva.org