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LUXOR (Egitto). Un’antica epidemia apocalittica.

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luxor 7Sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa (presso la Sala del Consiglio dell’Università degli Studi di Enna Kore) i risultati di oltre quindici anni di scavi nel Complesso funerario di Harwa e Akhimenru, a Luxor, che hanno condotto alla scoperta dell’unica traccia archeologica della cosiddetta “Epidemia di San Cipriano”.
Si tratta di una scoperta eccezionale portata alla luce dalla Missione Archeologica Italiana a Luxor, (M.A.I.L.), diretta da Francesco Tiradritti, archeologo e docente di Egittologia presso l’Università Kore di Enna.
Nel complesso funerario di Harwa e Akhimenru è stata riportata alla luce una situazione archeologica che ha consentito di ricostruire la modalità di smaltimento dei cadaveri adottata per fare fronte al dilagare di questa epidemia, che tra il 250 e il 266 arrivò a mietere 5.000 vittime al giorno nella sola Roma. Si tratta dell’unica testimonianza archeologica di un tale evento.
Tiradritti, nel corso degli scavi ed in seguito a numerose e lunghe comparazioni, ha individuato alcune inumazioni con alcune caratteristiche piuttosto insolite.
Nel 1997, infatti, gli scavi avevano portato alla scoperta di un ampio strato di calce al cui interno erano state recuperate ossa calcificate, subito interpretate come i resti dei corpi di appestati. Sono stati però necessari quindici anni prima di potere risolvere l’enigma legato a questo ritrovamento.
Le successive ricerche hanno consentito di appurare che quei cadaveri dovevano appartenere a vittime dell’Epidemia di San Cipriano.
Gli scavi più recenti hanno riportato alla luce tre forni per la produzione di calce nei quali erano stati utilizzati sarcofagi lignei recuperati nelle tombe circostanti come combustibile. Al loro interno erano stati fatti bruciare, per un periodo compreso tra i tre e i sette giorni, frammenti della decorazione in pietra calcarea del complesso funerario di Harwa e Akhimenru.
Una simile precauzione lascia presumere che le inumazioni individuate dalla missione italiana costituiscano, in realtà, una sorta di fossa comune allestita per fronteggiare un’epidemia. La ceramica rinvenuta assieme ai cadaveri, inoltre, è risultata databile al III secolo d. C..
Tiradritti ha dunque ipotizzato che le misteriose sepolture siano state destinate alle vittime di una delle più gravi pandemie dell’epoca. L“Epidemia di San Cipriano” fu considerata una delle cause dell’indebolimento dell’Impero romano da molti storici di questo periodo ed addirittura alcune fonti pagane contemporanee l’hanno interpretata come un segno premonitore della fine del mondo.

Fonte: Università degli Studi di Enna Kore

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