Nel mar Egeo, subito a nord di Creta, si trova Thera, la più meridionale delle Cicladi, isole così chiamate per il fatto di essere disposte a circolo, in greco kyklos, intorno a Delo, luogo di nascita di Apollo. In epoca minoica la configurazione di Thera è stata sconvolta dal terribile vulcano che la dominava e “ l’odierna Thera non è più un isola, ma un insieme di più isole, formatesi dopo l’eruzione della metà del II° millennio a.C. e di quelle successive: Thera, Aspronisi e Therasia intorno alla caldera, Palaea Kameni e Nea Kameni al centro della stessa. Se in origine era rotonda e dominata dalla montagna, ora la sua caratteristica principale è appunto questa caldera, sulle cui pareti, che si innalzano verticalmente sul mare per oltre 200 metri, è praticamente impressa, grazie agli strati che si susseguono, tutta la storia geologica dell’isola” (1).
Thera è oggi più nota come Santorini, nome che le deriva dai Veneziani, che avendovi trovato una piccola cappella eretta in onore di Santa Irene, avrebbero dedicato tutta l’isola alla Santa (Santa Irini, appellativo divenuto poi col tempo Santorini).
Gli uomini, nel corso dei millenni, chiamarono quest’isola in modi diversi.
Nei tempi più antichi era detta Strongyle, cioè “la rotonda”, denominazione che ben si addiceva ad un’isola vulcanica, e che fu dato anche all’odierna Stromboli, nelle Eolie, anch’essa un vulcano mediterraneo (2).
Un altro nome attribuito all’isola nell’antichità, per la bellezza dei suoi paesaggi, fu Kalliste o Calliste, cioè “la bellissima”, come testimoniano Apollonio Rodio e Plinio: “l’isola detta Calliste, o Bellissima, sacra nutrice dei figli di Eufemo”; “Tera, chiamata la Bellissima, allorché spuntò dal mare” (3).
Erodoto narra che, successivamente, essa prese il nome di Thera o Tera da un eroe spartano, discendente di Cadmo, che l’avrebbe colonizzata insieme a dei compagni: “Proprio in quei giorni, Tera, figlio di Autesione… partiva da Sparta per andare a fondare una colonia. Questo Tera, di stirpe cadmea… dichiarò che non sarebbe rimasto a Sparta ma si sarebbe messo in mare per raggiungere gente della sua stirpe… In effetti all’isola oggi nota come Tera era approdato il figlio di Agenore Cadmo, alla ricerca di Europa; vi aveva fatto scalo e… vi aveva lasciato alcuni Fenici, fra cui Membliareo che apparteneva alla sua famiglia. Costoro abitarono l’isola detta Calliste per otto generazioni, prima dell’arrivo di Tera proveniente da Sparta… Tera partì, con tre pentecontere, per raggiungere i discendenti di Membliareo … L’isola di Calliste fu poi chiamata Tera dal nome del suo colonizzatore”(4).
Questo narrano le fonti, ma delle tavolette ritrovate a Cnosso, su cui sono riportati testi a carattere religioso in lineare B, la scrittura dei Micenei (5), smentiscono questa versione: infatti, su alcune di esse (Fp1,6; 5,1; 6,2; 13,2; 14,2; 48.2) risalenti al XV-XIV sec.a.C. circa, tra gli appellativi di divinità destinatarie di offerte, si legge il nome qe-ra-si-ja (nella Fp.16.2 si trova qe-ra-si-jo).
Nella tavoletta Fp1, per esempio, sono annotate le offerte di un mese, che consistevano in varie quantità d’olio da assegnare ai santuari di Zeus Ditteo, di Amnisos, al Daidaleion, a tutti gli dei, a Qe-ra-si-ja (6).
C’è chi associa il nome qe-ra-si-ja a Tiresia, il famoso indovino; chi ad una divinità della caccia (7). Invero molti pensano che Qe-ra-si-ja sia una divinità prettamente cretese, passata poi nel pantheon miceneo e che il suo nome sia un etnico connesso a Thera/Therasia.“… Che una dea locale dell’isola di Thera fosse adorata anche a Creta è certo possibile dato che i Minoici erano in stretto contatto con l’isola, come è provato dagli scavi ad Akrotiri…Ripetute eruzioni li hanno resi sensibili al costante incombente pericolo del vulcano”(8).
Un uso cultuale della pomice proveniente da Thera, posta in coppe coniche, da offrire alla divinità (archeologicamente documentato ad es. a Zakro, a Nirou Chani), perdurò nel tempo, dopo la grande catastrofe che colpì l’impero minoico intorno al 1500 a.C., tanto che ne troviamo traccia ancora duecento anni dopo. E’ ragionevole suporre che “la divinità venerata con l’offerta di cumuli di pomice originaria di Thera non fosse altro che la stessa qe-ra-si-ja. A Creta il suo culto inizia… alla fine del sedicesimo secolo…” (9).
In breve qe-ra-si-ja sarebbe una parola di origine pregreca “connessa con il nome Thera/Therasia e con l’etnico Therasios. Si sostiene che ‘qe-ra-si-ja’ era una dea locale di Thera che era adorata a Creta e che era venerata con l’offerta di cumuli di pomice. Il suo vero nome era apparentemente sconosciuto ai Minoici, che la chiamavano semplicemente “quella di Thera” dal nome della sua isola “ (10)
La Creta minoica, grazie alla sua posizione geografica si trovava in una condizione ideale per i collegamenti marittimi ed infatti era al centro di una fitta rete di rotte, che la mettevano in comunicazione con i vari paesi del Mediterraneo: partendo da Amnisos, attraverso le Cicladi si poteva giungere alla terraferma greca; da Zakro o da Palekastro, nella parte orientale dell’isola, si salpava per il Levante, Rodi, Cipro e per l’Egitto; da Kommos, sulla costa sud, si potevano raggiungere la Libia e l’Egitto.
Accanto a Creta, l’isola di Thera, costituiva il crocevia del commercio internazionale, come testimoniano i materiali ivi ritrovati, importati da Egitto, Grecia e Oriente: “L’esistenza di un’ampia baia naturale, attualmente ricoperta da un mantello di scorie vulcaniche, fece di Akrotiri un eccezionale punto di scalo sulle rotte tra Creta e le altre isole, la Grecia continentale e l’Asia Minore. L’esperienza marinara degli isolani delle Cicladi… offrì alla Creta minoica l’opportunità di costituire relazioni commerciali internazionali, basate sullo scambio del surplus agricolo con prodotti esotici.Gli isolani delle Cicladi divennero pertanto i più esperti marinai dell’Egeo preistorico, offrendo i loro servigi in cambio di beni materiali. La città di Akrotiri con i suoi rinvenimenti è forse la prova migliore di queste attività di commercio. L’eccezionale ricchezza, rispecchiata nelle eleganti residenze, nelle pitture murali e nei rinvenimenti può spiegarsi in maniera soddisfacente solo riconoscendo ad Akrotiri il ruolo di centro primario di commercio marittimo internazionale: oltre la metà dei pesi in piombo e circa la metà delle più antiche anfore a staffa (il più comune contenitore per il trasporto di vino e olio) finora rinvenuti nell’intera area egea, provengono da Akrotiri e indicano in quali mani si trovassero, in quel momento, il commercio e i trasporti marittimi. Trovamenti da Creta e dalla Grecia continentale, dall’Egitto e dalla costa siro-palestinese confermano il carattere internazionale di queste attività commerciali” (11).
Intorno alla metà del secondo millennio a.C., i naviganti minoici, i mercanti di Creta, di Thera, delle isole, che allora, forse, non si chiamavano ancora Cicladi, ma venivano indicate come Therasie, dal nome della più illustre di esse, solcavano in lungo e in largo il Mediterraneo centro-orientale sulle loro agili e veloci imbarcazioni, toccando i porti delle coste greche, siro-palestinesi, egiziane, scambiando diverse mercanzie: metalli preziosi, avori, prodotti d’artigianato, olio, vino, frutti della terra, spezie, aromi, lana, vasellame, gioielli.
La comparsa di pitture murali in perfetto stile minoico, sia per quanto riguarda la tecnica che l’iconografia, ad Avaris, in Egitto, ad Alalakh, in Anatolia, a Qatna, in Siria, a Kabri, in Israele, testimonia l’arrivo, in quei luoghi, non solo di artisti provenienti dal mondo minoico, ma anche di funzionari e ricchi mercanti capaci di gradire ed apprezzare quelle decorazioni.
Gli affreschi di Akrotiri ci mostrano “navi slanciate ed eleganti ma anche affidabili e veloci, capaci di sfidare il mare aperto” (12); forse anche in queste altre località erano raffigurate imbarcazioni e natanti che celebravano la potenza e la ricchezza su cui si basava l’impero commerciale minoico e che, nel cuore e nei racconti di chi vi aveva viaggiato, si trasfigurarono, acquisendo una connotazione leggendaria e favolosa.
Può darsi che l’agile e veloce imbarcazione minoica più che a Creta, fosse associata a Thera ed alle isole vicine e che, anche dopo l’eruzione del vulcano di Thera, e l’avvento dei Micenei, le cose non siano cambiate: in tal caso essa sarebbe stata definita nave di Thera, Therasia, battello Therasios. Nelle lingue semitiche le vocali non si scrivono, quindi, probabilmente, lungo le coste siro-palestinesi le fonti, in luogo di Therasios, avrebbero annotato Trss, che si potrebbe leggere Tarsis…
Tarsis è un nome ripetuto varie volte nella Bibbia, e, di volta in volta, identifica una persona (figlio di Javan; discendente di Beniamino; consigliere del re di Persia ) una località (la flotta di..; le navi del re andarono a..; i re di..), una tipologia (Giòsafat costruì navi di Tarsis per andare a cercare l’oro.. ) (13).
La prima citazione ha luogo a proposito dei figli di Javan, figlio di Jafeth, terzo figlio di Noè : ” I figli di Iavan: Elisa, Tarsis, quelli di Cipro e quelli di Rodi” (Genesi, 10, 4); “Figli di Grecia: Elisa, Tarsis, quelli di Cipro e quelli di Rodi” (Cronache, 1, 1, 7).
In relazione alla tipologia, poi, le navi di Tarsis sono certamente grandi imbarcazioni adatte alla navigazione in alto mare:”Difatti il re aveva in mare la flotta di Tarsis, oltre la flotta di Chiram; ogni tre anni la flotta di Tarsis portava carichi d’oro e d’argento, d’avorio, di scimmie e di babbuini “(1 Re,10, 22); “In seguito Giòsafat, re di Giuda, si alleò con Acazia re di Israele ….per costruire navi capaci di raggiungere Tarsis..”(Cronache 2, 20, 35-36); “..ci sarà un giorno del Signore degli eserciti contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le imbarcazioni di lusso” (Isaia, 2, 12-16);“ le navi di Tarsis in prima fila, per portare i tuoi figli da lontano, con argento e oro” (Isaia, 60, 9).
I profeti Isaia (VIII sec. a. C.),Geremia ed Ezechiele (entrambi del VII-VI sec. a.C.), nominano frequentemente Tarsis: “Fate il lamento, navi di Tarsis, perché è stato distrutto il vostro rifugio! Mentre tornavano dal paese dei Kittim, ne fu data loro notizia… Passate in Tarsis, fate il lamento, abitanti della costa… Coltiva la tua terra come il Nilo, figlia di Tarsis; il porto non esiste più…. “(Isaia, 23, 1-10). ”Argento battuto e laminato portato da Tarsis e oro di Ofir, lavoro di artista e di mano di orafo, di porpora e di scarlatto è la loro veste: tutti lavori di abili artisti..”. (Geremia,10, 9).
“Tarsis commerciava con te, per le tue ricchezze d’ogni specie, scambiando le tue merci con argento, ferro, stagno e piombo.. Le navi di Tarsis viaggiavano, portando le tue mercanzie” (Ezechiele, 27,12 – 25).
Dalle citazioni bibliche riportate, è evidente che Tarsis deve essere anche una località relativamente distante da Israele; e infatti Giona “si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore” (Giona, 1,3).
L’affermazione del Salmo 48, “Là sgomento li ha colti, doglie come di partoriente, simile al vento orientale che squarcia le navi di Tarsis “(7-8), ha fatto pensare che, essendo le navi spinte da un vento orientale, si dirigessero ad ovest, e quindi che Tarsis si trovasse nel lontano Occidente.
E in Occidente, luogo sconosciuto e perciò meraviglioso, prospero e felice, dove i Greci proiettavano le loro speranze ed i loro sogni (14), le fonti greche pongono Tartesso, misteriosa località citata da vari autori, assimilata a Tarsis.
Stesicoro (600 a.C. circa) ne parla nella Gerioneide, di cui ci rimangono alcuni frammenti: “Quasi di fronte alla famosa Eritea, presso le sorgenti innumerevoli, dalle radici d’argento, del fiume Tartesso (frammento 6 – a).
Erodoto (V secolo a.C.) racconta che quando i Focei raggiunsero Tartesso, “fecero amicizia con il re dei Tartessii, il cui nome era Argantonio; egli governò Tartesso per ottant’anni e ne visse centoventi…” (I, 163, 2). Anche Coleo di Samo, secondo Erodoto, arrivò a Tartesso (IV, 152, 2).
Apollodoro (II secolo a.C.) nomina Tartesso in relazione alla storia di Eracle e Gerione (2,5, 10).
Pausania (II secolo d..C.), nella sua Descrizione della Grecia (6,19,3) riporta che “raccontano che il Tartesso è un fiume nella terra degli Iberi, che si getta in mare con due rami, e che tra queste due foci sorge una città con lo stesso nome… “ (15).
Molti autori e studiosi, antichi e moderni, hanno cercato di capire con quale località conosciuta si dovesse o potesse identificare la biblica Tarsis, la Tartesso dei Greci. Sono state fatte tante ipotesi: Tarso, in Cilicia (Giuseppe Flavio); Cartagine; Rodi o Cipro; Tarrha, antica città nell’isola di Creta; Tharros in Sardegna; Tartesso in Spagna; un insediamento collegato all’attività di estrazione e lavorazione dei metalli (Tarsis viene etimologicamente accostato a fornace, raffineria).
Non abbiamo molte notizie, intorno al primo millennio prima di Cristo, della città e del porto di Tarso in Cilicia; Rodi e Cipro sono chiaramente nominate nella Bibbia; dai dati archeologici a nostra disposizione, non sembra che Cartagine, o Tarrha, o Tharros, o Tartesso esistessero nel X secolo a.C. (invero la Tartesso iberica non è stata ancora identificata con certezza con un sito reale), o che in tale data navi fenicie o greche si spingessero con regolarità fino alle coste iberiche (i primi insediamenti “occidentali” in quella terra vengono datati intorno all’VIII secolo a.C.).
Ricapitolando, Tarsis: si trova lontano dal Signore, distante dalla costa della Palestina; sorge in occidente, visto che il vento orientale ne squarcia le navi; è compresa fra i popoli greci, essendo citata in Genesi e Cronache insieme a Rodi e Cipro, tra i figli di Iavan, la Ionia, la Grecia. Le sue navi fanno parte della flotta di re Salomone (X secolo a.C.); volano come nubi e come colombe, cioè sono agili e manovrabili, e adatte alla navigazione in alto mare; trasportano oro e argento, avorio, scimmie, babbuini, e scambiano le merci di Tiro con argento, ferro, stagno e piombo.
Una iscrizione in cuneiforme dell’epoca del re assiro Assurheddon (681-668 a.C.) nomina una Tarsisi, insieme a Cipro e Iavan: “Tutti i regni dalle (isole) del mezzo del mare, dal paese di Iadanan e Iaman fino a Tarsis si sono inchinati ai miei piedi”. I regni del mezzo del mare ricordano tantissimo il Salmo 72, 10: Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte; questa citazione insieme al fatto che la personificazione della località,Tarsis, sia definito figlio di Ionia o di Grecia, lascia supporre che si possa trattare di Thera e delle Cicladi, poste ad occidente della costa palestinese, ad ovest di Cipro, di Rodi, lontane, ma non tanto (come lo sarebbe la Spagna), da non poter essere considerate tributarie dell’Assiria.
In effetti, Thera soddisfa tutte le condizioni legate a Tarsis: è ad occidente, ma sufficientemente vicina all’Assiria; è legata ad altre isole, citate sia dalla Bibbia che dall’iscrizione assira; ha grandi navi capaci di solcare il mare aperto, che commerciano con la costa siro-palestinese (16). Alcuni versi dall’Ippolito di Euripide, “Nave cretica, candida d’ali, che per il pelago risonante di flutti traghettasti la mia sovrana da opulente case ..” dove è descritta una imbarcazione egea in navigazione, con le sue candide vele spiegate come ali bianche, ricordano in modo singolare la citazione di Isaia: “Chi sono quelle che volano come nubi e come colombe verso le loro colombaie? Sono navi che si radunano per me, le navi di Tarsis in prima fila…” (Isaia, 60, 8-9).
I venti orientali che squarciano le navi di Tarsis, di cui si parla nel Salmo 48, 7-8, potrebbero essere i venti Etesii, che spirano nell’Egeo in estate e che, specialmente in mare aperto, possono soffiare così intensamente da provocare burrasche.
Le Cicladi, poi, sono ricche di metalli: “Le miniere d’oro di Sifno e di Taso, quelle di argento di Kimolo, di Sifno, di Siro e del Laurion, alla punta orientale dell’Attica, attiravano le popolazioni egee per cui la ricerca delle materie prime ha rappresentato sempre un problema di vitale importanza. Accanto all’oro e all’argento, gli abitanti delle Cicladi hanno utilizzato il rame all’arsenico di Kitno,di Sifno o, di nuovo, del Laurion..” (17).
Il nome tramandato dalle fonti greche, Tartesso ricorda dei toponimi pregreci dell’area egea, come Cnosso, Tilisso, Lissos…
Tarsis, con l’ampliarsi delle conoscenze geografiche ed il procedere della colonizzazione subì il destino di tanti altri nomi: “ infatti, i Greci ribattezzavano con gli stessi nomi città e regioni poste man mano più distanti dalla madre patria, per cui spesso, quando nelle fonti si trova citato solo il nome di una località, senza ulteriori informazioni di tipo storico o geografico, non e facile identificare con precisione di quale sito si tratti…”(18). Lo stesso accadde per il nome Esperia, la terra del tramonto, “nome che viene attribuito prima alle coste orientali dell’Italia, le più facilmente raggiungibili, le più vicine, e in seguito quando gli orizzonti geografici si ampliarono ulteriormente, passò a designare anche l’Iberia”(ibid. p. 56).
Così, con ogni probabilità, la biblica Tarsis, dall’Egeo fu spostata prima in Sardegna, nell’area del fiume Tirso, quindi in Iberia, nella zona del Guadalquivir.
Finchè il nome Thera, come narravano le fonti classiche, si faceva derivare dall’omonimo colonizzatore spartano, figlio di Autesione e discendente di Cadmo, era difficile associare l’isola egea a Salomone e Hiram, il re di Tiro, vissuti nel X secolo a.C. : troppo poco sarebbe stato il tempo, perchè essa si trasformasse in un luogo altamente civilizzato e dotato di una flotta con relazioni e commerci con tutti i paesi orientali.
Il ritrovamento, la decifrazione e l’interpretazione delle tavolette in Lineare B di Cnosso, riportandoci quel qe-ra-si-ja che retrodata il nome Thera/Therasia addirittura al minoico, ci consente ora di mettere l’isola egea in relazione con la mitica Tarsis/Tartesso e di formulare una nuova avvincente ipotesi.
Note:
(1) Monte L.. Atlantis L’isola misteriosa, Genova, 2004, p. 100.
(2) “Tra quest’isola [Lipari] e la Sicilia c’è ne un’altra, chiamata dapprima Terasia, ora Iera, perchè sacra a Vulcano: in essa è un colle che vomita fiamme di notte. La terza isola, 6 miglia a est di Lipari è Stromboli [Strongyle], sede della reggia di Eolo…”Plinio, Storia Naturale , III, 93-94.
(3) Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV°, vv. 1757-1758; Plinio,Op. cit., IV, 70.
(4) Erodoto, Storie, IV 147-148. Ed Apollonio: ” Tera, il buon figlio di Autesione, li portò nell’isola Calliste a cui egli diede il proprio nome Thera. Ma questo avvenne ben dopo i tempi di Eufemo” , Op. cit, IV°, vv. 1760-1764. A Sparta “C’è un altro santuario di Atena…Fu dedicato, si dice, da Thera, figlio di Autesione… quando guidò i suoi a fondare una colonia nell’isola ora chiamata, dal suo nome, Thera” Pausania, Guida della Grecia 3.15.6
(5) Intorno alla metà del II millennio a.C. l’impero minoico era all’apice del suo splendore ed al massimo della sua estensione, ma le forze della natura scatenata, con la paurosa eruzione del vulcano di Thera, sconvolsero questo panorama: i guerrieri micenei approfittando del momento favorevole, in cui un cataclisma aveva indebolito la potenza minoica, sbarcarono a Creta e nelle altre basi minoiche e se ne impadronirono, imponendo il loro dominio.
(6) Corpus of Mycenaean Inscriptions from Knossos I (1-1063), Roma 1986. IG LXXXVIII/1
(7) “…Querasiya ( “ la Cacciatrice”? parola del gruppo ther, la selvaggina?) ..”. Faure P., Ulisse il Cretese, Roma, 1985, p. 113.
(8) Hiller S. – Minoan Qe-Ra-Si-Ja. The Religious Impact of the Thera Volcano on Minoan Crete, p. 675 e segg., in : “Thera and the Aegean World I“, London, 1978.
(9) ibid.
(10) Lambrou-Phillipson C. – Thera in the Mythology of the Classical Tradition: An Archaeological Approach, p. 170, in: “Thera and the Aegean World III“, London, 1989.
(11) Doumas C., Thera, in: EAA, II Supplemento 1971-1994, p.751.
(12) Monte L., Op. cit., p. 130.
(13) La Bibbia, Casale Monferrato, 1995:(Genesi, 1,10, 4, e Cronache, 1,1, 7; Cronache, 1, 7, 10 ; Ester, 1, 14 ) ; (1 Re, 10, 22; Cronache,2,9, 21; Salmi, 72,10); (1 Re, 22, 49).
(14) Nell’immaginario collettivo degli antichi Tarsis/Tartesso, era associata ad Atlantide, la terra misteriosa ed affascinante scomparsa improvvisamente sotto le onde del mare, con cui condivideva la collocazione ad Ovest.
(15) Tra gli autori latini, Cicerone probabilmente si rifà ad Erodoto quando nel De senectute, 69, parla dell’età del re dei Tartessii Argantonio, mentre Gaio Giulio Solino (III secolo d.C.), nella sua “Raccolta delle cose memorabili, ”, IV, 1, racconta come Sardo e Norace giungessero in Sardegna “l’uno dall’Africa, l’altro da Tartesso della Spagna”.
(16) “..durante il 34. anno del regno di Tutmosi III navi cretesi trasportavano legname da costruzione dalla Palestina in Egitto..”(Traffici micenei nel Mediterraneo, Atti del convegno di Palermo, Taranto, 1986, p.250.
(17) Godart L. – La civiltà delle Cicladi, in: Archeo N° 2, Febbraio 1994, Milano, pp. 60-61. La ricchezza dei metalli può associare Thera e le Cicladi ad una etimologia tipo “fornace, o, raffineria” mentre il fatto di essere isole ad un’altra etimologia asociata a Tarsis e affine a mare o a costa…
(18) Monte L., Op. cit., p. 174.
Autore: Luana Monte
Cronologia: Arch. Greca