La sommità di Monte di San Martino nel Lomaso è sede di un singolare quanto misterioso sito archeologico, nascosto da una fitta vegetazione e raggiungibile dalla frazione di Lundo in un’ora e mezzo di cammino: qui gli archeologi hanno riportato alla luce una fortezza “barbarica”, ultimo e isolato baluardo del sistema antico del Garda e delle ricche città della pianura Padana, Verona e Brescia.
Dopo gli scavi effettuati lo scorso anno, sono riprese in questi giorni le indagini archeologiche che vedono impegnati in un campus universitario di formazione una trentina di studenti, laureandi e specializzandi degli indirizzi archeologici del tardoantico e dell’altomedioevo delle Università di Trento, Padova e Milano.
Il progetto, avviato e coordinato dalla Soprintendenza per i Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, coinvolge il Comune di Lomaso, l’area disciplinare di “Archeologia medievale” della Facoltà di Lettere dell’Università di Trento, l’Ecomuseo della Judicaria e il Corpo volontario dei Vigili del Fuoco di Lomaso che garantisce il necessario supporto logistico.
Il progetto, elaborato e seguito da Enrico Cavada, archeologo della Soprintendenza trentina e dal 1999 docente di archeologia medievale presso l’ateneo trentino, mira a determinare le ragioni di un’opera che presenta caratteri esclusivi nelle proporzioni e negli apparati realizzati sulla sommità di un’isolata montagna tra le Giudicarie e l’Alto Garda, lontana da qualsiasi centro abitato, moderno o antico, e priva di risorse dirette.
Dopo le precedenti campagne (2004 e 2005) sembrano chiare alcune singolari costruzioni che concorrono a creare un contesto difensivo molto massiccio, la cui ragione rimane ancora sconosciuta, anche se il ruolo viene sempre più ad inquadrarsi in una stagione di vasta insicurezza come furono i secoli VI, VII e VIII. In quel periodo infatti le valli del Trentino occidentale (Val di Sole, Val di Non, Val Rendena, Valli Giudicarie) sono teatro di ripetute incursioni di bande armate, che dai passi delle Alpi centrali irrompono e giungono a minacciare e a saccheggiare centri abitati, campagne e città.
Quelle fino ad ora affiorate sono strutture importanti, anche se al momento è ancora difficile interpretare correttamente sul piano storico il loro effettivo ruolo. Tuttavia esse, assieme ai materiali e ai manufatti rinvenuti, parlano già del tramonto del mondo romano e del difficile avvio dei regni barbarici. Queste strutture e queste situazioni nelle prossime settimane verranno approfondite e ulteriormente ampliate con l’apertura di nuovi settori d’indagine utili – questo almeno è l’auspicio degli archeologici – a capirne meglio l’origine, le motivazioni, il significato, la funzione, ma anche il destino, prima che sopra di loro venisse costruita una chiesa dedicata a San Martino, patrono di Tours, anch’essa ormai scomparsa ma presente nel nome della zona.
Dalle indagini sono emersi chiaramente i tratti di un’edilizia di alto livello e con caratteri di natura privilegiata per quanto attiene le parti residenziali che stanno tornando alla luce, difficili da immaginare in questo luogo se non in relazione a finalità particolari. Finalità che vanno al di là della valenza locale e che bisogna invece leggere nel contesto di opere e iniziative di amplissimo raggio, perseguite da un’autorità sovrana attraverso referenti territoriali, verosimilmente scelti dall’apparato militare. Un presidio quindi, che – come altri simili distribuiti lungo l’intera catena alpina, dalle Alpi Giulie alla Provenza – operava nell’interesse della popolazione del comprensorio in cui si trovava, ma anche di chi stava alle sue spalle, come le popolazioni che vivevano sulle terre fertili più in basso, ma anche nei grandi centri a nord e a sud del lago di Garda. Genti che la legislazione fiscale del tardo periodo imperiale e della successiva età gota e longobarda richiamavano espressamente all’assolvimento di precisi oneri di rifornimento e di sostentamento di coloro che – per esigenze di sicurezza e di difesa generali – erano costretti a vivere su posizioni isolate e disagevoli, come certamente avveniva per coloro che vivevano nel sito di monte San Martino. Obblighi da cui nessuno era esente, neppure la sede imperiale, come direttamente scrive alle genti trentine il re Teodorico negli anni Venti del VI secolo.
Info:
Provincia Autonoma di Trento – Soprintendenza per i beni archeologici – Via Aosta, 1 – 38100 Trento – Tel. 0461 492161 – 0461 492182 – Fax 0461 492160.
Mail: sopr.archeologica@provincia.tn.it
Fonte: Soprintendenza Archeologica di Trento 21/07/2006
Autore: Mauro Neri
Link: http://www.trentinocultura.net/archeologia.asp