Gli ultimi scavi archeologici presso il sito preistorico ligure di Arma Veirana, condotti da un team internazionale di cui fanno parte ricercatori della Sapienza, forniscono prove riguardo l’utilizzo del marsupio per neonati già 10.000 anni fa
I marsupi portabebè esistevano già nell’antichità. A confermarlo gli ultimi scavi archeologici condotti presso il sito preistorico di Arma Veirana in Liguria, guidati da Claudine Gravel-Miguel (Arizona State University – ASU) in collaborazione con Emanuela Cristiani e Andrea Zupancich del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali della Sapienza (DANTE – Diet and Ancient Technology laboratory).
Le ricerche, confluite in un recente articolo pubblicato sul Journal of Archaeological Method and Theory, forniscono prove riguardo l’uso di marsupi per neonati risalenti a circa 10.000 anni fa.
Considerata la necessità delle popolazioni di spostarsi frequentemente per occuparsi della propria sussistenza, anche durante la crescita della prole, si è dato per scontato che esistessero soluzioni per il trasporto dei neonati, simili ai moderni marsupi, fin dalla preistoria. Fino a oggi però non è stato possibile stabilire quando questa pratica abbia avuto inizio, sia per la natura deperibile dei materiali utilizzati per realizzare i marsupi, sia per la scarsità delle sepolture infantili.
La sepoltura di una neonata di quaranta-cinquanta giorni, soprannominata Neve, e ritrovata nel sito archeologico della Liguria, ha rivelato la presenza di ornamenti composti da oltre settanta piccole conchiglie perforate e quattro grandi pendenti bivalvi perforati. Dagli studi risulta che le perline sono state cucite sul tessuto, poi deteriorato, utilizzato per avvolgere e seppellire il corpo della neonata. Metodi analitici innovativi hanno permesso la creazione di un modello 3D ad alta definizione della sepoltura che, insieme alla scansione microCT degli ornamenti, ha rilevato i segni del loro utilizzo. L’analisi delle tracce di usura individuate sulle conchiglie, non potendo essersi sviluppate durante la breve vita della bambina, ha portato a supporre che queste appartenute per lungo tempo ad altri membri della comunità prima di essere donate alla neonata.
Di questo tipo di decorazione sono state trovate testimonianze anche in altri siti preistorici; la complessità della fattura degli ornamenti lascia comprendere gli sforzi tecnici necessari per realizzarli e, insieme alla pratica di riutilizzare le perline nel tempo, porta a riflettere sulla decisione della comunità di separarsi dalle conchiglie. Gli studi forniscono così evidenze scientifiche sul comportamento funerario e sulla cura dei bambini di 10.000 anni fa, mostrando come già a quel tempo i legami famigliari fossero estremamente importanti. Si può affermare che i parenti della piccola Neve abbiano decorato il marsupio utilizzando i gioielli come ricordo di famiglia o come amuleto.
«Questa nuova ricerca ‒ afferma Emanuela Cristiani ‒ contribuisce alla crescente letteratura sulla cura dei bambini nella preistoria e sul probabile uso e riutilizzo di perline per proteggere gli individui e mantenere i legami sociali all’interno di una comunità, fornendo evidenze sull’uso dei marsupi portabebè e degli ornamenti di famiglia».
Info:
Emanuela Cristiani
Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali Sapienza Università di Roma
M (+39) 3288651381 – emanuela.cristiani@uniroma1.it