La storia sembra quasi quella dei Goonies, solo che è ambientata in Francia. Come gli amici dell’indimenticabile film di Richard Donner (1985, sceneggiato da Steven Spielberg e Chris Columbus) anche Marcel Ravidat, Jacques Marsal, Georges Agnel e Simon Coencas, insieme al loro cane Robot, si erano intrufolati in una grotta e avevano trovato un tesoro. Solo che non si trattava di una nave dei pirati, ma della Cappella Sistina del Paleolitico, ovvero le Grotte di Lascaux, e dei loro oltre 600 murales raffiguranti cavalli, bisonti, cervi e altri animali, risalenti quasi tutti a circa 17.500 anni fa.
Era il 12 settembre 1940 quando i quattro ragazzi di Montignac provarono a intrufolarsi in quella che all’apparenza sembrava la tana di una volpe. Era un buco nel terreno che Marcel aveva già provato a esplorare senza successo il giorno prima, mentre cercava il passaggio segreto che secondo la leggenda univa il castello di Montignac al maniero di Lascaux passando sotto il fiume Vézère. Per prima cosa i giovani cercarono di capire quanto fosse profonda la buca tirando dei sassi dentro la cavità. Evidentemente rassicurati dal risultato di questa operazione, decisero di allargare il buco per poterci entrare. Marcel fu il primo, poi gli altri tre lo seguirono lungo un cono di roccia che li fece scivolare di quasi 15 metri: “ una discesa terrificante”, avrebbe dichiarato poi Jacques Marsal, il più giovane del gruppo.
Toccato il terreno, i ragazzi accesero le loro lampade a olio e si trovarono davanti a una “ imponente cavalcata di animali dipinti su ogni parete e sul soffitto della grotta, ognuno dei quali sembrava muoversi per davvero”. I ragazzi erano come ipnotizzati dalle raffigurazioni e dalle brillanti tonalità di rosso, marrone e ocra. I tratti erano perfettamente conservati e spiccavano dalle pareti. Solo l’affievolirsi della luce, segno che l’olio delle lampade era quasi del tutto consumato, li spinse a tornare indietro e a cercare una via d’uscita. Fortunatamente la risalita fu più semplice del previsto e i quattro amici tornarono in superficie sani e salvi.
Il giorno dopo tornarono sul posto con un equipaggiamento più adatto all’esplorazione di una caverna. Il terzo giorno non furono più in grado di mantenere il segreto e portarono il loro insegnante, Leon Laval, a vedere i dipinti. Poi la voce si sparse rapidamente e sempre più curiosi cominciarono a visitare la grotta, tanto che i ragazzi – preoccupati per l’integrità dei dipinti – assunsero il ruolo di guide e guardiani notturni. Presto però la scuola riaprì e solo Jacques, che non la frequentava, poté rimanere di guardia. Non avrebbe resistito a lungo giorno e notte nella grotta.
Fortunatamente in quei giorni transitava nella zona Henri Breuil, il famoso archeologo e antropologo francese specializzato in pitture rupestri. Un suo allievo era andato a visitare la grotta e aveva realizzato alcuni schizzi che convinsero lo studioso a recarsi a Lascaux. A Breuil bastarono cinque minuti per capire l’importanza della scoperta, che in breve divenne di dominio mondiale. La grotta fu a quel punto chiusa per essere ulteriormente esplorata e studiata da paleontologi incuranti della guerra che infiammava l’ Europa. Solo nel 1948, mentre ancora continuavano le ricerche al suo interno, la caverna fu riaperta al pubblico, che accorse sin da subito, in realtà anche troppo numeroso. Il respiro degli oltre 1200 visitatori quotidiani, l’umidità dei loro corpi e le luci artificiali usate per illuminare le pitture cominciarono a far sbiadire le figure, e nel 1965 il sito venne nuovamente chiuso.
Nel 1979 le Grotte di Lascaux, insieme agli altri 150 insediamenti preistorici e alla dozzina di caverne dipinte situate nella valle del Vézère, furono dichiarate patrimonio dell’umanità dall’ Unesco. Solo nel 1983 fu aperta Lascaux II, una replica delle due stanze principali e dei loro dipinti, unico modo rimasto per far apprezzare al pubblico questi capolavori paleolitici, non i più antichi scoperti fino a oggi, ma sicuramente tra i più impressionanti.
LASCAUX (F). La Cappella Sistina del Paleolitico.
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