È una incisione rupestre di almeno 44000 anni fa ed è stata scoperta nell’isola del Sulawesi, in Indonesia. Sulla parete rocciosa sono ritratte delle figure: un gruppo di persone parzialmente umane e parzialmente animali, dei cosiddetti teriantropi, a caccia di grandi mammiferi con lance o corde.
«È la più antica arte figurativa del mondo in cui è rappresentata una scena di caccia, forse la più antica arte rupestre realizzata dalla nostra specie, è la prima composizione narrativa o “scena” nell’arte preistorica, e per finire è la più antica immagine conosciuta di teriantropi», spiega l’archeologo australiano Adam Brumm, tra gli autori dello studio sulle incisioni.
Fino ad ora la più antica arte rupestre attribuita con certezza e che includa umani e animali in qualche forma di interazione erano le incisioni che si trovano in Europa e risalgono a 14-21000 anni fa, o al Paleolitico superiore. Una delle più antiche rappresentazioni di arte rupestre è di 65000 anni fa, in Spagna, ed è stata attribuita ai Neanderthal, ma l’attribuzione è ancora incerta, secondo i ricercatori.
«I cacciatori rappresentati nella antica incisione nella caverna Sipong 4, sono semplici figure con corpi simili a umani, ma i loro capi richiamano parti di uccelli, o rettili, o altre specie endemiche del Sulawesi», spiega Adhi Agus Oktaviana, tra gli archeologi coinvolti nello scavo.
Possiamo provare ad immaginarci la scena che gli artisti-cacciatori hanno voluto immortalare nella roccia umida della caverna. Era il tardo Pleistocene, la fine della ultima grande era glaciale. La comunità di cacciatori-raccoglitori agiva in una regione tropicale del Sulawesi, quasi all’equatore, non lontano dalla costa. L’isola indonesiana non era coperta da una foresta densa come quella odierna, ma era più fresca e con una vegetazione più rada. A causa del loro isolamento, le specie di mammiferi che cacciate da queste comunità erano già molto particolari, come quelle che affascinarono gli studiosi della evoluzione, nel 1800.
«Quasi tutti i mammiferi del Sulawesi, esclusi i pipistrelli, non si trovano in nessun altro posto sulla terra», spiega Brumm. «I primi artisti delle caverne erano dunque circondati da un assortimento di animali bizzarri come il famoso babirusa [una sorta di cinghiale, n.d.r]. Uno degli animali più comuni cacciati da queste antiche popolazioni è rappresentato nella scena dell’arte rupestre ed è un maiale selvatico caratteristico del Sulawesi, il Sus celebensis».
Sicuro è che in qualche momento della loro vita sociale, queste popolazioni hanno sentito la necessità di raccontare, anzi, di mostrare con immagini una storia. La storia del loro agguato e della loro caccia, un momento sicuramente fondamentale nella loro vita. Ma perché cimentarsi in questo sforzo, in una grotta abbarbicata nella foresta? Che senso poteva avere per loro disegnare queste forme, rappresentare quel momento? «Ecco, questo, veramente, non possiamo saperlo. Penso che queste scene possano avere una dimensione spirituale, ma il vero significato di questa opera d’arte sarà sempre un mistero».
Scene di appostamenti, di agguati nella notte, ad opera di esseri metà uomo e metà animale ci sono in molte storie di ogni cultura umana. «I teriantropi si ritrovano nel folklore o nella narrativa di quasi tutte le società moderne. Sono percepiti come semi-dei, spiriti, o esseri ancestrali in molte religioni in tutto il mondo. Ecco, la grotta del Sulawesi è ora sede dell’immagine più antica di questo tipo. Più antica perfino del “Lion-man” dalla Germania: una figurina di un essere umano dalla testa leonina che, datata 40000 anni, fino ad ora era considerata la più antica raffigurazione di un teriantropo», spiega Oktaviana. Gli autori o le autrici di questa arte rupestre nell’isola di Sulawesi erano strettamente legati ai primi umani moderni giunti in Indonesia circa 70.000-50.000 anni fa, comunità umane che poi hanno proseguito colonizzando l’Australia. «Sappiamo poco della organizzazione sociale di queste popolazioni. Certo, usavano il fuoco e crediamo che avessero un linguaggio. È probabile che queste caverne fossero abitate, anche se pensiamo che lo fossero solo per parte dell’anno», dice Brumm. I lavori sull’incisione, che è stata scoperta nel 2017, sono stati condotti da un team della Griffith University australiana, guidati dall’archeologo Maxime Aubert, in collaborazione con il Centro di Ricerca Nazionale Indonesiano per l’Archeologia (Arkenas).
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
Autore: Jacopo Pasotti, 12 dic 2019