A Palermo per presentare il suo ultimo libro-denuncia “Italia Spa”, Salvatore Settis (consulente del Ministero della Cultura, direttore della Normale di Pisa ed ex direttore del Getty Museum di Los Angeles) racconta ad Exibart gli ultimi sviluppi della polemica sul rischio della svendita del patrimonio culturale italiano. Offrendo certezze e consigli che aspettano soltanto di essere raccolti…
“La cultura non può essere impresa. Tutti i musei del mondo sono in passivo anche quando hanno milioni di visitatori all’anno”.
Così afferma Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, professore ordinario di Storia dell’arte e archeologia, nonché direttore dal 1994 al 1999 del Getty Research Institute for History of Art and Humanities di Los Angeles, a Palermo, su invito della Fondazione Banco di Sicilia in collaborazione con l’associazione Amici dei Musei italiani, per presentare il suo ultimo libro “Italia Spa”.
Poche battute che bastano a polverizzare le fasulle convinzioni sul futuro dei nostri beni culturali che da qualche anno a questa parte sono circolate nel nostro Paese.
Un’esterofilia un po’ facilona ha infatti spinto negli ultimi anni ad affermare che visto che la gestione pubblica dei beni culturali è inefficiente e costosa, sarebbe stato meglio affidare tutto in blocco ai privati. Una tendenza già individuabile negli ultimi governi, ma che con quello in carica ha toccato degli inediti estremismi. In pratica è stato detto: “Si vedano i musei americani. Lì ogni cosa è in mano ai privati e tutto funziona a meraviglia. Importiamo il modello americano”. Settis invita a riconsiderare queste affrettate conclusioni. Lasciando tra l’altro intravedere qualche possibilità di ravvedimento per il governo attualmente in carica.
“Sfatiamo il mito che con i biglietti e con i servizi aggiuntivi un grande museo possa sopravvivere – dichiara Settis – tutti i musei del mondo sono in forte passività. I grandi musei americani sopravvivono perché hanno un grande capitale alle spalle, frutto di donazioni private, che investito in borsa permette di coprire le ingenti spese di gestione. Anche negli episodi più felici americani non si riesce mai con gli introiti del museo a coprire più del 20 – 25 % delle spese. Il Paul Getty Museum di Los Angeles ad esempio è ad accesso gratuito, ed è una fondazione privata economicamente floridissima. Ma la sua salute economica non dipende dall’attività del museo. Ha un patrimonio di 7 miliardi di dollari che attraverso oculati investimenti finanziari permette di generare profitti da reinvestire nella struttura. Investimenti finanziari tanto redditizi che la dotazione iniziale della famiglia Getty si è moltiplicata di venti volte nel corso degli anni, riuscendo così a coprire senza problemi le spese di gestione del museo e l’acquisto di volta in volta di nuove opere. Ogni anno il museo incassa non più di 15 milioni di dollari, mentre le spese superano facilmente i 220 milioni di dollari l’anno. Questo è il modello americano che si vorrebbe importare in Italia. E non credo francamente che gli Uffizi abbiano 7 miliardi di dollari investiti da qualche parte…”
I beni culturali italiani non possono quindi fare a meno dello Stato?
Lo Stato è per i musei italiani quello che il “fondo di dotazione” rappresenta per le grandi fondazioni museali americane. Tuttavia qualcosa in realtà può essere importato dal modello americano. Ad esempio la detassazione totale delle donazioni dei privati alle istituzioni culturali. Donazioni che possono essere anche esigue ma che essendo molto numerose costituiscono una voce importante di entrata. Questo accade perché con la detassazione totale delle donazioni effettuate il cittadino riesce a pagare meno tasse.Si consideri che negli Stati Uniti anche i biglietti del teatro sono detassabili. Si conservano per due mesi – tempo massimo per una verifica fiscale – dopo di che si possono tranquillamente gettare via. In questo modo si aiuta la cultura e il cittadino è contento di farlo.
Ha avuto la possibilità di visitare Palazzo S. Elia, la nuova sede del Guggenheim di Palermo?
Sarà interessante vedere come riuscirà il Guggenheim a far convivere le opere d’arte contemporanea con questa meravigliosa struttura settecentesca che ritengo si presti a risultati molto interessanti
Secondo gli amministratori locali si attendono oltre 700 mila visitatori all’anno …
La proiezione sul numero dei visitatori è una delle cose più difficili. Ha costi economici enormi e risulta quasi sempre fallace. Vi sono dei fattori cruciali che immancabilmente vengono tralasciati. Non si può pensare – come è accaduto – che a Las Vegas il flusso di turisti possa tramutarsi in quello di potenziali visitatori di un museo d’arte. Bisogna capire quale siano gli interessi del turista, le sue aspettative. A Las Vegas si va fondamentalmente a giocare. E di errori eccellenti ce ne sono diversi. Si pensi alle Royal Armouries che sono attualmente in una situazione di bancarotta a causa di proiezioni sbagliate. Ci sono dei rischi che bisogna purtroppo correre. Mai fidarsi ciecamente delle proiezioni …
Quali sono i suoi rapporti con il ministero per i beni culturali?
Il ministro Urbani mi ha contattato chiedendomi di entrare a far parte di un Consiglio scientifico per la tutela del patrimonio artistico. Era molto incuriosito dalle pagine del mio libro, in cui tra l’altro lo attacco praticamente ogni 12 righe. Ci siamo incontrati, abbiamo discusso molto. E’ una persona intelligente ed aperta al dialogo. Naturalmente all’inizio del suo incarico – come accade di solito in politica – non era preparato al compito che gli si chiedeva. Ora però mi sembra avviato per la strada giusta. Io non ho cambiato ovviamente di una virgola le mie convinzioni. C’è stata una interrogazione parlamentare per conoscere il mio emolumento e quello degli altri membri della commissione. Pensavano che ci avessero taciuto corrompendoci con delle prebende … Non sapevano che la mia conditio sine qua non per accettare questo incarico era proprio quello di ricevere un compenso di zero lire. Un ministro della Repubblica mi chiede di aiutarlo, accettare mi è sembrato un dovere civico inderogabile. Ovviamente noi della commissione siamo più che mai determinati a chiedere l’annullamento delle norme che consentono l’alienazione dei beni culturali.
Non trova che l’indignazione per le vicende della “Patrimonio dello Stato Spa” siano state inferiori a quello che ci si poteva aspettare vista la gravità delle questioni in gioco?
La protesta c’è stata. A livello politico è risultata però abbastanza tiepida. D’altronde le forze di governo hanno portato avanti un discorso che è stato iniziato dall’opposizione. Non dimentichiamo che nel ’99 la Melandri voleva vendere il Foro Italico …
Fonte: Redazione Exibart on paper – maggio 2003
Autore: Ugo Giuliani