Archivi

ISRAELE. Scoperta una cantina di vini dell’età del bronzo.

Durante lo scavo di un palazzo dell’Età del Bronzo, in Israele, è stata riportata alla luce un’antica cantina.
Lo studio relativo che ne è seguito porta le firme di Andrew Koh, della Brandeis University del Massachusetts, e degli studiosi di archeologia e storia antica Assaf Yasur-Landau (Università di Haifa) e Eric H. Cline (Georgetown University), ed è stato pubblicato sulla rivista Plos ONE a fine agosto scorso.Si ritiene che la produzione del vino, assieme alla distribuzione e al consumo, abbiano rivestito un ruolo ben preciso e di una certa importanza nella vita quotidiana di coloro che popolarono il Mediterraneo e il Vicino Oriente durante l’Età del Bronzo (1900-1600 a.C.), anche se sono disponibili poche prove archeologiche di questo prodotto relativamente a quel periodo storico, sia in campo artistico che nella documentazione materiale.
L’anno scorso, durante lo scavo di un palazzo attribuito all’Età del Bronzo medio o Cananeo nell’attuale Stato di Israele, un team di ricercatori ha rinvenuto 40 grandi serbatoi immagazzinati in una stanza chiusa, situata ad ovest del cortile centrale della struttura.
Un’analisi del residuo organico, effettuata utilizzando il metodo della spettrometria di massa, ha rivelato che tutti i vasi contenevano composti chimici che ne indicavano, senza ombra di dubbio, la funzione di contenitori per il vino.
Dall’analisi dei residui sono anche state rilevate sottili differenze negli ingredienti o negli additivi all’interno dei vasi da vino, tanto che si potrebbe parlare più di un lavoro da erboristi anzichè di enologi.
Per conferire un gusto particolare e per la conservazione venivano infatti usati miele, resina di storace e di terebinto, olio di cedro, cyperus (pianta acquatica che appartiene alla stessa famiglia da cui gli antichi Egizi ottenevano il papiro). E ancora, ginepro e probabilmente menta, mirto e cannella.
I ricercatori hanno ipotizzato che l’individuazione di questi additivi possa essere considerata una conoscenza alquanto sofisticata delle piante da parte degli enologi del tempo, che dimostra anche il possesso di competenze necessarie per produrre una bevanda complessa, capace di conservarsi, di essere gradevole al gusto e avere perfino effetti benefici sulla psiche.
Secondo gli autori, i risultati possono contribuire anche ad una maggiore comprensione dell’antica viticoltura e della ricca economia cananea.
Andrew Koh aggiunge: “Sulla base della natura della camera, era previsto che quel residuo di campioni estratti e studiati in circostanze praticamente identiche a quelle del tempo, con una minima variabilità, avrebbe avuto il potenziale per rivelare nuovi e significativi spunti, sia dal punto di vista scientifico che archeologico”.

Fonte: Gaia news, 22 sett 2014

Segnala la tua notizia