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IRAQ. La missione solitaria del custode delle rovine sumere di Ur.

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Non ha potuto incontrare il papa a causa delle misure di sicurezza. Ma la visita di Jorge Bergoglio ha riacceso i riflettori sulla vita di un uomo dimenticato da molti, che vive vicino al sito archeologico di Ur, nel sud dell’Iraq. Dhaif Mohsen al Ghazi, quarant’anni, abita in una dimora piccola e povera a pochi passi dalla città sumera di Ur e dalla casa natale del profeta Ibrahim (Abramo).
Nel 1999 ha ereditato il lavoro del padre, al quale l’aveva tramandato il nonno, che era stato il guardiano del sito dall’inizio degli scavi nel 1922. Non appena un visitatore o una visitatrice arriva all’ingresso principale della ziqqurat trova l’esile guardiano, sempre sorridente, in piedi sui gradini, pronto a raccontare la storia della città di seimila anni fa. L’uomo di origini rurali ha accumulato le sue conoscenze non attraverso i libri, ma attraverso la sua famiglia, che a sua volta ha avuto come fonti direttamente gli archeologi britannici Charles Leonard Woolley, Max Mallowan e la moglie di quest’ultimo, Agatha Christie.
Nel 2003 la marina statunitense stabilì a Ur una base militare per controllare il sud dell’Iraq. Dhaif Mohsen al Ghazi e il direttore del museo di Nassiriya, Abdulamir al Hamdani, si fecero carico del compito d’impedire agli invasori di danneggiare le rovine archeologiche con l’artiglieria. “Abbiamo difeso la ricca eredità dei nostri antenati”, dice Al Ghazi. Il loro è stato un lavoro difficile.
Nel 2018, quando ho visitato Ur, ho scalato la ziqqurat insieme a Dhaif. In cima all’edificio il guardiano mi ha raccontato, in perfetto arabo classico, la storia di ogni singola parte della città. Al ritorno ho raccolto una pietra che pensavo non avesse alcuna importanza, ma lui me l’ha immediatamente tolta di mano, rimettendola al suo posto: “Dietro questa pietra ci sono seimila anni di storia”.
Prima della visita del papa a Ur, lo scorso 6 marzo, poche persone conoscevano Dhaif e il suo lavoro. L’uomo lascia raramente il sito archeologico per andare in città a Nassiriyah. Ur è la sua casa, e il simbolo del suo orgoglio.
(Traduzione di Francesco De Lellis)

Autore: Zuhair al Jezairy

Fonte: www.internazionale.it, 15 mar 2021

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