L’Iraq è sprofondato in un gravissimo disordine su cui i responsabili dell’Onu avevano fatto, prima della guerra, inascoltati, fin troppo facili previsioni, annunciando anche la catastrofe umanitaria che si sta puntualmente verificando.
In questa catastrofe, a tre notizie non vogliamo credere, anche se comunicate da eccellenti corrispondenti di guerra sui nostri teleschermi.
La prima è una dichiarazione agghiacciante di un alto responsabile degli Stati Uniti d’America: «Il saccheggio è il sapore della libertà». La seconda è che del Museo archeologico di Bagdad, completamente sventrato, non è rimasto più nulla. La terza è che i responsabili dello stesso Museo avrebbero invocato l’intervento dei marines a protezione dei tesori dell’umanità: sono apparsi per una mezz’ora e poi sono scomparsi, lasciando campo libero ai devastatori.
Abbiamo visto sui nostri schermi un funzionario del Museo dell’Iraq in lagrime per le perdite dei reperti di Ur, di Nimrud, di Hatra, di Uruk, dove la nostra civiltà, la civiltà del mondo è nata, ma a queste tre notizie non possiamo e non vogliamo credere. Nessuna delle tre può corrispondere a verità.
La nostra coscienza si ribella a dover credere che una tale dichiarazione sia stata rilasciata nella più grande democrazia dell’Occidente, a pensare che siano scomparse le opere di una civiltà millenaria che, almeno nel caso del Museo, facilmente potevano essere difese, ad ammettere che a tale protezione i soldati di quella stessa grande democrazia abbiano tranquillamente rinunciato.
Se queste tre notizie fossero vere, allo strazio e all’angoscia per le vite perdute in una guerra terribile, si aggiungerebbe un grande senso di vergogna che un cittadino dell’Occidente non accetta in alcun modo di provare. *Ordinario di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino oriente antico all’Università di Roma “La Sapienza”
Fonte: Redazione
Autore: Paolo Matthiae – Presstoday (Il Messaggero)
Cronologia: Preistoria