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I TESORI PERDUTI DELL’AFGHANISTAN

Sulle tracce del patrimonio archeologico di una civiltà millenaria.
Sperling & Kupfer, pp. 336, Euro 19.50

I tragici eventi che hanno colpito l’Afghanistan negli ultimi tempi (prima lo scempio operato dai talebani poi quello dei bombardamenti) hanno aggiunto un tassello alla nostra geografia, troppo spesso europocentrica o limitata comunque all’emisfero occidentale e settentrionale.
In realtà essi rientrano all’interno di una lunga catena di sofferenze (spesso ignorate finché non ci hanno toccato da vicino, riportando così alla nostra attenzione, in maniera altalenante, un paese che presto torneremo a dimenticare) che questo territorio e i suoi abitanti hanno subìto durante i secoli.
Se vogliamo possiamo partire da Alessandro Magno e arrivare fino ad oggi [si veda Giovanni Orfei, Le invasioni dell’Afghanistan. Da Alessandro Magno a Bush, Fazi Editore].
Tra i danni si annoverano anche quelli al patrimonio archeologico, è quindi benvenuto un libro che, pur sulla scia di tali drammi, ci faccia riscoprire parte di queste ricchezze (i reperti rinvenuti ad Ai Khanum, Tillya Tepe…), puntando il dito su alcune “sparizioni”, e ci ricordi come esse siano tuttora in pericolo.
Se episodi così terribili servissero almeno a farci riscoprire un pezzo di storia di un paese dimenticato, di una civiltà unica, della sua cultura, sarebbe già qualcosa. Forse, conoscendola di più, la storia sarebbe più facile evitare di ripeterne gli errori. E quella dell’Afghanistan ha molto da insegnarci, essendo stato crocevia di popoli e culture che hanno convissuto in maniera tollerante e in un clima di sincretismo culturale, cosa oggi ben lontana dall’ottenersi.
Fonte: Redazione
Autore: Philippe Flandrin

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