A Grotte di Castro, un paese della provincia di Viterbo distante pochi chilometri da Pitigliano, il gruppo archeologico locale “Castrum Cryptarum” e l’archeologo Enrico Pellegrini, funzionario per la soprintendenza dell’Etruria meridionale, hanno il morale alto.
Dalla necropoli etrusca di Vigna la Piazza, caratterizzata da tombe a circolo con fossa, è stata riportata alla luce una tomba bisoma con due scheletri reciprocamente abbracciati, come a dimostrazione dell’eternità di un affetto, rafforzato dalle falangi intrecciate e da due anelli in bronzo che stanno lì, ancora uniti fra le dita, dopo 2700 anni.
«È una necropoli molto interessante _ spiega Enrico Pellegrini _ in cui possiamo individuare una fase antica databile fine VIII, prima metà del VII secolo a.C, caratterizzata da tombe a fossa con pareti foderate da blocchi di tufo e copertura con grandi blocchi tufacei, delimitate da un circolo di pietre sbozzate dal diametro di due, tre metri: la sepoltura è posta dentro un sarcofago ligneo e uno di questi abbiamo avuto la fortuna di trovarlo integro. Dalla seconda metà del VII secolo la comunità etrusca continua a sfruttare l’area di sepoltura, scegliendo di rappresentarsi con la stessa struttura funeraria, ma in sarcofago litico delimitato da un circolo di diametro maggiore, 5 metri, con blocchi squadrati. Queste sepolture s’impastano sopra alle sepolture a circolo più antiche, come a voler sottolineare la discendenza familiare. Il rinvenimento della tomba bisoma è un elemento di prestigio e faremo tutti gli studi del caso, ma a dir la verità non è il solo caso di una certa importanza».
«Accanto ai circoli più recenti _ puntualizza Veronica Re, dell’Università la Sapienza _ si trovano spesso sarcofagi d’infanti e tra questi abbiamo rinvenuto una sepoltura di una bambina di sei, nove mesi del cui scheletro erano rimasti solo alcuni piccoli denti da latte, con un corredo di prestigio e di dimensioni ridotte proporzionato all’età: unguentari, collana con vaghi di ambra, pasta vitrea e pendagli in bronzo, un set da banchetto con uno spiedo, due alari e coltello, una patera e olpe in bronzo».
Scoperte importanti, insomma, che testimoniano quanto possa essere proficuo il rapporto tra comunità scientifica e associazionismo locale, in questo caso rappresentato dal gruppo archeologico locale “Castrum Cryptarum.
Autore: Antonello Carrucoli
Fonte: iltirreno.gelocal.it , 28 sett 2013