Una volta, tanto tempo fa, esisteva un luogo unico al mondo abitato da una civiltà avanzata. Poi successe qualcosa di drammatico e la città scomparve tra le acque del mare Atlantide? No, Pavlopetri, una città sommersa al largo della costa sud della Laconia, nel Peloponneso, Grecia.
Secondo gli studiosi, con i suoi 5000 anni di età, è una delle città sommerse più antiche del pianeta. Si tratta di un sito archeologico unico nel suo genere: le profondità del mare ospitano un’intera cittadella composta da edifici, strade, cortili e tombe.
Gli archeologi hanno contato almeno 15 edifici ben conservati, con le loro pareti realizzate in ‘aeolianite’, una roccia composta dalla litificazione dei sedimenti prodotti dall’azione erosiva del vento, ma anche di roccia arenaria e blocchi di calcare, tutte assemblate rigorosamente senza malta.
Tutta la città copre un area pari a otto campi da calcio. A vederla, sembra che sia stata congelata nel tempo: abbiamo davanti ai nostri occhi un’intera città dell’età del bronzo, un legame tra il nostro passato e l’epoca contemporanea, con numerosi misteri che aspettano solo di essere svelati.
La città sommersa di Pavlopetri fu scoperta casualmente nel 1967 dall’oceanografo Nicholas Flemming, durante la ricerca di prove sul cambiamento del livello del mare nella zona. L’anno dopo, nel 1968, un team di archeologi dell’Università di Cambridge eseguì una mappatura dettagliata del sito.
Nonostante il grandissimo interesse archeologico della scoperta, nessun’altra esplorazione fu eseguita negli anni successivi. Almeno fino al 2011, quando Jon Henderson, ricercatore presso l’Università di Nottingham, ha fatto del suo meglio per portare in vita l’interesse su quella che lui stesso ha definito la ‘Pompei subacquea’.
Grazie alla collaborazione offerta del Ministero della Cultura Ellenico, Henderson ha guidato un team della British School at Athens per registrare e ricostruire digitalmente l’aspetto dell’antica città.
Come spiega lo stesso Henderson sull’Huffington Post, Pavlopetri non era una città di semplici agricoltori, ma una città portuale che ospitava una società sofisticata, con abitazioni su due piani e una rete stradale ben pianificata.
Gli edifici più grandi sembrano essere quelli pubblici, mentre altri indizi fanno ipotizzare che la città fosse addirittura in possesso di sistemi per la gestione dell’acqua. Le case private erano fornite di giardini, cortili e mura di confine ben definite. Secondo il ricercatore, la città di Pavlopetri, antica di 5000 anni, era molto simile alle nostre zone residenziali suburbane.
Pavlopetri è stata una vera novità sullo scenario d’Europa: non una città basata sulla centralità di una divinità o di un re, ma piuttosto basata sul commercio e l’economia. Come città portuale, doveva essere crocevia di un inebriante mix culturale.
Come le moderne città costiere, la sua ricchezza era stata costruita grazie al commercio, con operatori in contatto con le ultime innovazioni e all’avanguardia sulle mode e le tendenze dell’epoca.
Nonostante parliamo di una cittadina di 5000 anni fa, le scoperte di Henderson hanno permesso di comparare Pavlopetri alle moderne città portuali, quali Liverpool, Shangai, Londra, New York, San Francisco e Tokyo.
La società era molto complessa: c’era la classe dirigente, i funzionari, gli scrittori, i mercanti, i commercianti, gli artisti e gli artigiani, maestri nell’arte delle ceramica e nella lavorazione del bronzo. Ma c’erano anche soldati, marinai, contadini e pastori.
Sembra incredibile, ma un insediamento dell’età del bronzo mostra un’organizzazione gerarchica ben organizzata, dove ognuno aveva un ruolo chiaro e ben definito, in maniera molto simile alle nostre società moderne.
Sparsi su tutto il fondale di Pevlopetri, gli archeologi hanno trovato centinaia di grandi serbatoi di stoccaggio che probabilmente venivano facilmente caricati sulle navi per trasportare olio, vino, coloranti, profumi e piccoli oggetti come statuette e ceramiche da tavola.
Il grande numero di ritrovamenti suggerisce che la città fosse in possesso di un complesso sistema centralizzato di archiviazione, dato che tutte le operazioni di carico e scarico richiedevano un livello avanzato di gestione amministrativa e contabile, al fine di tenere traccia delle importazioni e delle esportazioni.
E’ molto probabile che queste operazioni fossero registrate per iscritto, quindi Pavlopetri potrebbe fornire la prima forma di scrittura in Europa, anche se nessuna prova definitiva è stata ancora trovata.
Gli archeologi ritengono che la città sia sprofondata nelle acque del mare intorno al 1000 a.C., a seguito di tre terremoti che colpirono la zona. La città fu ovviamente abbandonata e, sebbene l’erosione causata dal passare dei millenni, la città è rimasta praticamente uguale a come era 5000 anni fa, fotografata in un immagine che apre una straordinaria finestra sul nostro passato, a quanto pare, ancora tutto da ricostruire.
Fonte: http://ilnavigatorecurioso.myblog.it