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GRAN BRETAGNA. Gli archeologi scoprono un buco nell’acqua degli antichi romani.

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Fu un grave errore, quello commesso dagli antichi romani nello scavo di una struttura in una zona che doveva essere poi adibita a insediamento produttivo polifunzionale. Nonostante fossero ingegneri dotati di straordinaria professionalità, sbagliarono clamorosamente lo scavo di un pozzo che crollò su se stesso, dopo un intervento lungo e laborioso, in profondità. Ma i costruttori, dopo il fallimento dell’impresa, impostarono, con una nuova tecnica, un secondo pozzo. Perfetto. Fallimento e successo sono venuti alla luce grazie a scavi archeologici appena conclusi.
Due pozzi costruiti nel I secolo d.C. – a ridosso dello sbarco romano in Britannia – sono stati rinvenuti in un campo nel Cambridgeshire dagli archeologi di Mola (Museum of London Archaeology), e rivelano i tentativi ed errori impliciti in una progettazione e una costruzione complesse.
Scavato con grande impegno e fatica, il primo dei due pozzi trovati nel Cambridgeshire (Gran Bretagna) rappresenta un esempio significativo di come anche i più esperti possano commettere errori inaspettati. Questo pozzo, progettato per essere una fonte d’acqua fondamentale per un insediamento produttivo, crollò su se stesso prima di essere completato. L’errore principale fu l’incapacità di fissare adeguatamente le pareti del pozzo, un difetto che si rivelò disastroso quando la terra e l’argilla circostanti cedettero, facendo collassare l’intera struttura.
La scala utilizzata dai lavoratori per scavare fu sepolta all’interno del pozzo, un chiaro segnale che il crollo avvenne mentre i lavori erano ancora in corso.
Simon Markus, project manager del team archeologico di Mola (Museum of London Archaeology), ha sottolineato la frustrazione che i costruttori romani devono aver provato nel vedere tutto il loro duro lavoro svanire in un attimo. “Erano circa 8,5 metri sotto la superficie del terreno e stavano per finire lo scavo”, ha spiegato Markus, descrivendo il crollo come un fallimento ingegneristico su scala industriale.

Secondo pozzo: il successo dopo il fallimento
Nonostante il disastro del primo tentativo, i costruttori romani non si lasciarono scoraggiare. Tornarono al lavoro, questa volta con una nuova tecnica e una maggiore consapevolezza dei rischi associati alla costruzione di pozzi in quel tipo di terreno.
Il secondo pozzo, scavato a circa 20 metri di distanza dal primo, fu un vero e proprio successo. Invece di lasciare le pareti di terra, i romani optarono per un rivestimento in legno, un’innovazione che dimostrò la loro capacità di adattarsi e di imparare dai propri errori.
Il legno utilizzato per rivestire il pozzo è rimasto sorprendentemente ben conservato per quasi 2.000 anni, grazie alle condizioni di ristagno dell’acqua, che ha impedito i processi putrefattivi del legno stesso. Questa scoperta ha permesso agli archeologi di Mola di apprezzare l’abilità e la determinazione dei costruttori romani nel garantire che il loro secondo tentativo fosse un successo duraturo.

Un insediamento produttivo romano
I due pozzi sono parte di un insediamento che si espanse durante la transizione dall’età del ferro al periodo romano, evolvendosi in un vero e proprio centro di attività industriali tra il 43 e il 150 d.C. Le prove rinvenute suggeriscono che l’insediamento era un alveare di operosità, con attività che includevano la lavorazione dei metalli, la carpenteria e la lavorazione del legno. Tutto questo avveniva all’interno di un grande recinto, che potrebbe essere stato un centro produttivo di rilievo per l’area.
L’importanza dell’acqua per un insediamento produttivo è evidente, ed è per questo che gli abitanti scavarono il primo pozzo, nonostante il fallimento iniziale. Il secondo pozzo, dopo il crollo, venne utilizzato come un punto di smaltimento dei materiali di scarto delle lavorazioni, che saranno studiati accuratamente.

Una fonte d’acqua pulita: il fondo acciottolato
Oltre al rivestimento in legno, un’altra innovazione del secondo pozzo fu la superficie acciottolata trovata sul fondo. Questa tecnica avrebbe aiutato a filtrare il limo mentre l’acqua risaliva dal terreno, garantendo una fonte d’acqua più pulita per gli abitanti dell’insediamento. Questa attenzione ai dettagli dimostra quanto i Romani tenessero alla qualità delle loro risorse, applicando metodi ingegnosi per migliorare la loro efficienza.

Fonte: stilearte.it 19 ago 2024

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