Chi sperava di gettare nuova luce sulle “radici celtiche” del Friuli è rimasto a bocca asciutta; non così gli archeologi, che grazie ai finanziamenti del “Progetto Celti”, hanno fatto emergere dal sottosuolo di Sentinis (Gradiscutta di Varmo) interessanti reperti dell’età del Ferro.
Questi, in estrema sintesi, i primi risultati della campagna di scavi svoltasi tra il 10 luglio e il 7 agosto, presentati dal direttore scientifico delle indagini stratigrafiche, Maurizio Buora (Conservatore archeologico dei Civici musei di Udine) e dal direttore tecnico Giovanni Tasca.
Queste ricerche archeologiche, che rientrano nell’ambito del “Progetto Celti”, con il patrocinio della Provincia di Udine ed in collaborazione con la Società Friulana di Archeologia, s’inseriscono in un progetto di più vasto respiro, rivolto allo studio delle forme di insediamento nel territorio dall’età preistorica all’età medievale attraverso una serie di campagne di scavo, già avviate in questi ultimi anni nel Medio Friuli, in particolar modo lungo una fascia ampia della riva sinistra del Tagliamento e che hanno consentito di effettuare delle scoperte importanti al fine di una più precisa ricostruzione storica del passato. A tal proposito basti citare tra le più significative quelle di Rividischia e di Camino al Tagliamento, dove sono stati rinvenuti manufatti dell’età del bronzo, e quella di Codroipo dove sono stati invece portati alla luce testimonianze di epoca romana e longobarda.
Anche il sito di °Sentinis° – ha affermato Buora – riveste una duplice valenza in ambito storico locale in quanto costituisce il tentativo sia di documentare per la prima volta la presenza di un insediamento abitativo dell’età del ferro in questa località del Medio Friuli sia di riempire un vuoto territoriale fin’ora esistente in questa specifica area”.
“Il terreno sul quale sono stati effettuati gli scavi – ha aggiunto Giovanni Tasca – era stato segnalato, a seguito di alcune indagini sul territorio, ancora nel 1998. Solo da un anno a questa parte sono stati avviati i lavori di scavo di alcune trincee esplorative di varia ampiezza che hanno permesso l’individuazione di alcune strutture, simili a cave, all’interno delle quali sono stati rinvenuti frammenti di ceramica e di pietre fatti risalire con molta probabilità al tardo VI e V secolo a.C. ed attestanti per la prima volta la presenza di un insediamento abitativo”.
Due sono al momento le teorie più accreditate: la prima è che queste fossero cave utilizzate per la lavorazione di particolari tipologie di manufatti come anellino e vasi di silos, grandi contenitori di terracotta, il cui uso ancora incerto, potrebbe essere ricondotto ad una elemento di copertura delle formaci. L’altra ipotesi è che si trattassero di cavità destinate alla raccolta ed alla conservazione di scarti o di residui della produzione di ceramiche.
Tra i materiali, infatti, rinvenuti nelle diverse cavità sono riconoscibili resti di pietre riconducibili ad una macina e ad un macinello, oggetti quindi legati alla lavorazione di cereali ed un frammento di una parete decorata con motivi animali e curvilinei, di cui un esemplare simile è stato ritrovato anche ad Oderzo, importante centro urbano del periodo paleoveneto orientale. Per la prima volta in un’altra cavità, ritenuta la più antica, sono emersi invece piccoli pezzi di bronzo, elemento abbastanza comune nell’età del ferro, ma la cui presenza potrebbe far pensare anche ad un’area destinata alla lavorazione del bronzo ad usi bellici.
“Si può ritenere quasi con certezza che quest’area fosse stata un luogo artigianale del V e IV secolo a.C.”.
All’ipotesi se questo sito possa essere ricondotto ad un insediamento di origine celtica, “non ci sono finora – rileva il dott. Maurizio Buora – elementi sufficienti da poter avvalorare tale tesi. E questo per il semplice fatto che le ricerche si sono concentrate su di un’area artigianale dove non si sono trovate tracce nè di tombe nè di resti umani, tali da poter consentire un approfondimento in questo senso “. Ma non solo: “E’ verosimile comunque che il periodo cui si riferisce questa scoperta non abbia nulla a che vedere con la grande invasione celtica della Val Padana. La pianura del Friuli, già dal V e IV secolo, durante la prima età del ferro, presentava maggiori analogie ed affinità culturali con le popolazioni del Veneto orientale piuttosto che con quelle presenti nelle regioni alpine o d’oltralpe ed una comunità come quella di Gradiscutta non è da escludere che possa aver subito l’influenza delle popolazioni venete e fosse orbitata all’interno di quell’area”.
Comunque questa campagna di scavi non è stata affatto inutile, ma ha permesso di portare alla luce anche pezzi di età romana. Gli archeologi, quindi, hanno fatto buon uso dei finanziamenti pro Celti, anche se di questi ultimi, almeno a Varmo, non c’è traccia.
Gianna Zanin La Vita Cattolica 21/09/2002
Fonte: Redazione 21/09/2002
Autore: Gianna Zanin La Vita Cattolica
Cronologia: Protostoria