Professor Schmidt, chi ha costruito i templi di Goebekli Tepe?
«I cacciatori che alla fine dell’ultima era glaciale – 10.000 anni a.C. – percorrevano l’Eurasia. Autentici cosmopoliti, la cui casa era l’intero continente, da un oceano all’altro. Uomini straordinari, con una tecnica di caccia molto sviluppata, sennò non avrebbero potuto uccidere animali molto più grandi e forti di loro, come i mammuth e i cavalli selvaggi. Quegli uomini rappresentano un picco di civiltà che per lungo tempo non è più stato raggiunto».
Ma come hanno potuto dei nomadi costruire edifici così complessi?
«Li hanno costruiti proprio perché erano nomadi e la loro struttura sociale prevedeva appuntamenti periodici per motivi rituali, dove si ritrovavano in centinaia. E’ chiaro che, per finire l’opera, divennero parzialmente stanziali. Un passo che mi rifiuto di considerare un salto culturale: la nascita della cultura contadina non costituisce un progresso. Anzi, inizialmente fu un passo indietro: uomini che prima avevano come orizzonte l’Eurasia ora vivevano chiusi in una valle a fissare il proprio orto. Diventare contadini è stato inizialmente un impoverimento».
Lei sostiene la superiorità del nomade sullo stanziale?
«Dico che 10.000 anni fa, alla fine dell’era glaciale, vivevano uomini tutt’altro che primitivi: l’uomo dell’età della pietra, post-Neanderthal, era un homo sapiens con capacità intellettuali molto elevate, paragonabili a quelle di oggi. Non aveva ancora molte conoscenze, era all’inizio dello sviluppo, ma non era affatto più primitivo o stupido delle attuali generazioni».
Era più felice? Viveva in un Eden da cui poi sarebbe stato cacciato?
«Non saprei dirlo. Gli uomini che hanno costruito Goebekli Tepe dovevano avere un’esperienza della natura forte e diretta. E un rapporto elementare con la vita e la morte, sennò non avrebbero costruito un luogo simile. Poi non erano appesantiti da tutto quello che la nostra civiltà ci impone. Non si ammalavano delle malattie di cui ci ammaliamo noi, infezioni, gotta, reumatisimi. Anzi, praticamente non conoscevano le malattie, che sono un prodotto della civiltà. E dunque non conoscevano la nostra paura della malattia. Morivano di morte maturale quand’era arrivata la loro ora. Io penso che forse non farebbero il cambio con noi».
Eppure, a un certo punto, quegli uomini hanno coperto di terra i venti templi di Goebekli Tepe e se ne sono andati. Che cosa può essere successo?
«Secondo il mio modello, nelle cave di pietra e nei cantieri dei templi c’erano almeno 500 scalpellini. Gente che andava sfamata con le famiglie. E’ evidente che esaurirono presto la selvaggina che potevano cacciare entro una distanza ragionevole e dovettero inventarsi qualcos’altro per non morire di fame. Per un po’ di tempo vissero in una condizione intermedia, tra frutti colti e frutti coltivati, bestiame cacciato e bestiame allevato. Poi coltivarono la terra, ma esaurirono anche quella».
Dunque, prima il Paradiso terrestre, poi la cacciata?
«Secondo la Bibbia l’Eden stava su un “monte sacro”, come Goebekli Tepe. E quando la zona fu abbandonata, le venne data una sepoltura ordinata, come un addio per sempre che però conserva la memoria. Credo che l’uomo non avrebbe mai lasciato volutamente la vita nomade. Ci fu costretto dalle conseguenze del suo comportamento».
Fonte: La Stampa web Tuttoscienze, 05/07/2006
Autore: Marina Verna
Cronologia: Preistoria