Revisione di: Autori Classici e Miniere Italiane, pubblicato nel volume “Lo sfruttamento dei terrazzi auriferi nella Gallia Cisalpina”, Ovada 2015, pp. 5-12, con aggiunta di fonti e note esplicative.
I testi classici danno, rispetto all’estrazione mineraria nei paesi occidentali, notizie assai scarse e meno significative di quanto geologia e ricerca archeologica abbiano poi evidenziato. Questo vale, in particolare, per Francia, Spagna, Romania e Bulgaria, ma anche per l’Italia, Paese per il quale dobbiamo anche considerare la proibizione romana di coltivare miniere, come ripetutamente ricordato da Plinio, il quale sostiene anche che essa è ricca di tutti i metalli, opinione già espressa da Virgilio, Dionigi d’Alicarnasso e Strabone.
Tali affermazioni sono sempre state considerate esagerate o del tutto prive di fondamento dalla maggior parte degli storici, e anche da tecnici minerari, incapaci di apprezzare a pieno la differenza fra le necessità materiali antiche e quelle recenti: pure basterebbe considerare che dal Medio Evo in poi sono state coltivate e/o esplorate, in varie parti d’Italia, numerosissime miniere di vari metalli, tanto da giustificare l’affermazione: “l’Italia è ricca di miniere povere”; e “…se trasliamo questa diffusa “ricchezza” ai tempi antichi, quando le necessità erano molto più ridotte, ci rendiamo subito conto che le affermazioni degli autori classici citati non erano affatto fantasie” (PIPINO G. I metalli di Arezzo per la spedizione di Scipione in Africa (205 a.C.), in “Acheomedia. L’Archeologia on line” N° 21, 1° novembre 2021, pag. 1).
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Autore: Giuseppe Pipino, Museo Storico dell’Oro Italiano – info@oromuseo.com