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Giuliano CONFALONIERI, Tragedie del mare.

Il mare copre tutto: morti, sofferenze, sciagure, tutto quanto dimenticato nei meandri del tempo e del liquido amniotico. Il recente naufragio della nave-passeggeri Concordia riporta alla memoria l’urto fatale del transatlantico Titanic con un iceberg avvenuto nel 1912 (notizie recenti annotano il progetto di ricostruirne un copia fedele per metterla in servizio nei prossimi anni, un tuffo nel passato, aggiornato con le moderne tecnologie di sicurezza e comfort).
Rimane insoluto il problema dei moderni avventurieri che tuttora assaltano e depredano i natanti (dal latino ‘piratam’, dal greco ‘peirates’, derivazione di ‘peiran’, assalire). La pirateria risale all’epoca dei fenici coinvolgendo – secondo le  zone e gli interessi contingenti – gli Illirici, i Liguri e gli Etruschi.
Roma li contrastò con energia fino all’epoca di Augusto ma fu solo nel 67 a.C. che Pompeo riuscì a rendere sicura la navigazione entro i confini dell’Impero. Talvolta è difficile distinguere azioni di conquista da semplici scorrerie; gli arabi predarono gli stati vicini dal secolo VIII, antesignani dei barbareschi che costituirono una seria minaccia per l’intero commercio di terra e di mare dell’area mediterranea.
Nella profonda crisi statale del Medioevo, furono i Normanni, ‘uomini del nord’ o Vichinghi, a fare riprendere vigore ad una attività illegale e sanguinaria nell’Oceano Atlantico (intorno al 1000 nei paesi scandinavi la marina vichinga costruì grandi imbarcazioni, robuste e leggere, veloci e adatte ad affrontare i tempestosi mari nordici; nel XIII sec. le repubbliche marinare italiane svilupparono la tecnica degli scafi in legno con 3/4  ponti, 3/4 alberi, dalle galee ai galeoni del XVI secolo. Al contrario dei pirati barbareschi (‘li turchi’ nella terminologia popolare, in realtà algerini o tunisini dediti alla razzia veloce) – antica tribù semitica di predoni nomadi del Sinai meridionale, ripetutamente repressa dalle autorità romane e bizantine – nel Medioevo fu indicata col nome generico di ‘Saraceni’, pirati e combattenti musulmani nelle Crociate: ebbero loro comunità stanziali, di cui una nel villaggio provenzale di Frassineto, dalla cui fortezza partivano alla fine del primo millennio per compiere sanguinose incursioni: “Ni re gente de notte dorman  noè, che ghe fan Turchi e Mori scorrarie, e se personne son troppo adornie lighè se trôvan prima che dessè”.
Questi ladroni del mare, il cui unico scopo era quello di depredare, hanno epigoni moderni: le navi corsare tedesche della seconda guerra mondiale, il triste episodio del sequestro dei passeggeri a bordo della motonave “Achille Lauro”, i pirati che operano nel terzo millennio armati di kalašnikov soprattutto nei Mari dell’Estremo Oriente. Sono conferme di una attività criminale che stenta a scomparire, comprese le novità dei pirati dell’aria, quelli della strada e quelli informatici.
Il fenomeno della razzia indiscriminata ha molteplici facce perché la distruttività umana non ha confini: pirati e corsari sono espressioni spontanee di società o di individui alla ricerca di egemonia. Le bande di disperati ribelli ed (i banditi che assalivano le diligenze, le banche e le ferrovie dell’Ottocento americano, l’odissea indiana del Far West, i predoni dei viaggiatori sulle polverose strade d’Europa) erano sospinti dall’odio o da impulsi di rivalsa.
Le Crociate stesse furono spesso la scusante per violentare le popolazioni attraversate da questi giganteschi ‘pellegrinaggi’ armati verso la Terra Santa.
Gli episodi della storia inevitabilmente si intersecano e si sovrappongono così come i sentimenti dei personaggi che li hanno interpretati. Emblematico a proposito del doppio gioco fu il ruolo dell’eroe nazionale spagnolo Cid Campeador (1043 / 1099), il quale impersonò non solo il combattente per la riconquista delle enclave arabe nella penisola iberica ma fu anche al soldo di emiri per interessi personali.
Lo sbarco in Spagna nel 711 del capo musulmano di origine berbera Tariq ibn Ziyad precorse l’insediamento di alcuni califfati. La Sicilia fu invasa dagli arabi prima del Mille fino all’occupazione normanna del 1061. Granada, l’ultimo baluardo della conquista araba della Spagna, resistette alle forze armate di Ferdinando e Isabella fino al 1492, il medesimo anno della scoperta colombiana e preambolo della distruzione di antiche civiltà del Sud America (Cortés nel Messico, 1519 – Pizzarro nel Perù, 1531) in nome dell’oro e delle conversioni forzate.
Il colonialismo, la politica di dominio oppressa dai conquistatori storici fino all’esteso fenomeno dell’Ottocento e del Novecento, con l’alibi di ‘civilizzare’ popolazioni autoctone, costituì un esteso continuativo atto di pirateria con l’annientamento di intere etnie.

Autore: giuliano.confalonieri@alice.it

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