Probabilmente gli appassionati ricorderanno il ritrovamento della nave oneraria romana – con un carico di 10.000 anfore – alla foce del fiume Centa (Albenga), a cura dell’equipe del prof. Nino Lamboglia, allora direttore dell’Istituto di Studi Liguri e pioniere dell’archeologia sottomarina. Scoperta da un pescatore locale già negli anni Venti del XX secolo, l’imbarcazione fu oggetto di studi con la nave Artiglio negli anni Cinquanta (più tardi con la Cycnus dotata di camera iperbarica sulla quale feci un’escursione anch’io). Fu un’esperienza traumatica per il carico – in parte distrutto per l’uso delle benne – ma fu anche l’inizio della consapevolezza che il mare nascondeva tesori importanti per lo studio delle antiche civiltà e quindi una più oculata ispezione dei siti sommersi.
La notizia attuale è il ritrovamento nel mare di Varazze di una nave romana del I sec. a.C. che da oltre due millenni attendeva la visita del nucleo sommozzatori di Genova ad un centinaio di metri sotto la superficie. Questo come altri ritrovamenti confermano come l’alto Tirreno fosse un percorso marittimo privilegiato verso la Gallia con merci di varia natura effettuati dai mercanti a cavallo dell’epoca Repubblicana e di quella Augustea. Come capita frequentemente sono le reti dei pescatori a dare il primo avviso di un relitto; i mezzi moderni hanno permesso di visionare il relitto con l’ausilio del piccolo robot battezzato PLUTO che ha risposto in maniera più che soddisfacente alle domande degli studiosi giunti sul posto. Sembra che le anfore siano in perfetto stato di conservazione, con il contenuto protetto da tappi di pigne e pece. Il sonar delle pilotine hanno rilevato un’area interessata di circa dieci metri, naturalmente insabbiata.
La Soprintendenza ai beni archeologici liguri provvederà ad analizzare il sito, a ricuperare il ricuperabile, arricchendo così la storia della marineria. Poiché i sommozzatori sarebbero obbligati a lunghe attese per la decompressione, saranno usate le ganasce d’acciaio di PLUTO che, indirizzate dagli strumenti elettronici, porteranno alla superficie i reperti: nel frattempo nel tratto di mare sopra il relitto sono vietate sia le immersioni sia la pesca con le reti.
La notizia attuale è il ritrovamento nel mare di Varazze di una nave romana del I sec. a.C. che da oltre due millenni attendeva la visita del nucleo sommozzatori di Genova ad un centinaio di metri sotto la superficie. Questo come altri ritrovamenti confermano come l’alto Tirreno fosse un percorso marittimo privilegiato verso la Gallia con merci di varia natura effettuati dai mercanti a cavallo dell’epoca Repubblicana e di quella Augustea. Come capita frequentemente sono le reti dei pescatori a dare il primo avviso di un relitto; i mezzi moderni hanno permesso di visionare il relitto con l’ausilio del piccolo robot battezzato PLUTO che ha risposto in maniera più che soddisfacente alle domande degli studiosi giunti sul posto. Sembra che le anfore siano in perfetto stato di conservazione, con il contenuto protetto da tappi di pigne e pece. Il sonar delle pilotine hanno rilevato un’area interessata di circa dieci metri, naturalmente insabbiata.
La Soprintendenza ai beni archeologici liguri provvederà ad analizzare il sito, a ricuperare il ricuperabile, arricchendo così la storia della marineria. Poiché i sommozzatori sarebbero obbligati a lunghe attese per la decompressione, saranno usate le ganasce d’acciaio di PLUTO che, indirizzate dagli strumenti elettronici, porteranno alla superficie i reperti: nel frattempo nel tratto di mare sopra il relitto sono vietate sia le immersioni sia la pesca con le reti.
Autore: giuliano.confalonieri@alice.it