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Giuliano CONFALONIERI. Il tempo si è fermato. Archeologia.

Forse qualcuno ricorderà un vecchio film di Ermanno Olmi (1960) nel quale si analizza la convivenza tra l’anziano guardiano addetto al controllo di una diga nei pressi dell’Adamello e un giovane studente che lo affianca durante la stagione invernale: Il tempo si è fermato racconta (in presa diretta con interpreti non professionisti) i comportamenti di un habitat fuori dalle idiosincrasie del mondo moderno. Nessuna concessione alla spettacolarità, malgrado l’ambientazione la favorisse ma piuttosto l’introspezione di psicologie semplici. Particolari intimi della quotidianità che, confrontati con le grandi opere dell’ingegno umano (le piramidi dell’antico Egitto o i megaliti  di Stonehenge), si disperdono in mille frammenti, eppure contribuiscono al percorso storico della nostra razza che ha organizzato per comodità la misurazione del tempo. La grande illusione di vivere in fretta per vivere più a lungo è l’inquietante prospettiva che sembra attendere il nuovo millennio. Così ci ritroviamo sbalestrati in novità che non riusciamo a gestire. Di questo si occupano la sociologia e l’archeologia, le cui tecniche elaborate evidenziano risultati che spesso sono disattesi per l’endemica mancanza di risorse economiche e per l’abbandono dei reperti da parte delle autorità preposte. Un patrimonio immenso lasciato deperire e scomparire nell’indifferenza generale anche quando potrebbe costituire un’importante risorsa di reddito per l’intero paese.

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