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Giuliano CONFALONIERI, Archeoliguria – terza parte.

Un borgo nella località di Giustenice (provincia di Savona) era forse presente come agglomerato umano già all’epoca delle tre famose guerre puniche tra Roma e Cartagine (anni 264/241, 219/201, 151/146). Il piccolo centro fu dapprima alleato di Cartagine poi, secondo una tradizione popolare, sede giudiziaria di Roma antica con il nome di Jus Tenens. Senza avere la pretesa di ricomporre il complesso schema degli avvenimenti di allora, ci limitiamo a ricordare come Annibale, con le sue eccezionali doti di condottiero, meditò la dissoluzione dell’Impero Romano invadendo l’Italia attraverso i Pirenei, la Gallia e le Alpi.
Fu la tragica sconfitta dei romani nella battaglia di Canne a fomentare ribellioni fra gli abitanti della Valle Padana e le conseguenti defezioni di altre comunità (dopo avere combattuto Roma negli anni 238/235, la seconda guerra punica li vede alleati con il cartaginese Magone, sbarcato sul loro territorio): “sepolcri ed anticaglie confermano l’ipotesi nostra che il Pollupice fosse situato sul territorio di Pietra Ligure. Esso era in sostanza la stazione di Giustenice, paese antichissimo distrutto ed abbruciato dai Romani, dopo le guerre puniche, guidati da Aulo Postumio, il quale paese a causa della sua posizione era lasciato fuori dalla strada.
Non mancano esempi di altri paesi antichi che esistevano nell’epoca dell’Itinerario e che non vi figurano perché fuori di strada; basta infatti ricordare l’oppidum Savone ove, secondo Livio, Magone depose la preda fatta nel saccheggio di Genova. Dal Pollupice probabilmente un ramo di via municipale conduceva a Giustenice ove, sulla Piazza del Costino, sopra quel rozzo sasso che tuttora esiste, i Municipii teneano ragione e più tardi gli altri magistrati che ad essi succedettero. Dal rendersi in esso giustizia agli abitanti dei vicini paesi, trasse appunto Giustenice il suo nome jus tenere.”
Con la caduta dell’Impero Romano si innescarono alcune circostanze per un sostanziale mutamento delle condizioni socio-economiche della zona (indubbiamente i romani avevano consentito alle popolazioni di fare affidamento sulla regolarità degli approvvigionamenti e su una relativa sicurezza militare).
Dal IX al X sec. le incursioni dal mare da parte di bande dedite alla rapina consigliarono le comunità di lasciare i presidi sulla costa per arretrare in aree dove la difesa poteva essere più efficace. Tra gli altri pericoli infatti, oltre ai conflitti piccoli o grandi per la supremazia territoriale, non ultimo fu quello delle incursioni barbaresche nei paesi costieri.
Ceriale, per esempio, ha pagato lo scotto delle razzie con quasi la metà dei 600 abitanti portati via nel 1637: “quelli che sono stati riscattati hanno pagato mille scuti per ognuno” (a loro volta le ‘galee di catena’ cristiane avevano ciurme di forzati e schiavi, tra i quali prigionieri  musulmani).
“L’avviso che anche per la Liguria stava per cominciare un nuovo drammatico tempo lo diede Khair ed-Din il quale, diventato alleato di Francesco I di Francia, scelse come sua prima preda Nizza nel 1543… Nelle loro grida del maggio 1560… le magistrature della Repubblica esortano le donne e i bimbi all’esodo e gli uomini validi alle virili difese enumerando le aggressioni in breve volgere di tempo compiute dai barbareschi… Nel 1563 fu la volta di Celle e di Albisola… nel 1568 di Finale e Varigotti… È un rosario di lutti, di rovine ed anche di esemplari atti di abnegazione per liberare i congiunti tradotti in schiavitù.”
Il rettore Rossano in una lettera spedita alcuni giorni dopo la scorreria di Ceriale scriveva: “…gli uomini furono costretti a darsi alla fuga, la maggior parte si nascosero nei trogli, ne camini da fuoco, sotto le scale e nella paglia… cominciarono a far preda di tutti quelli che trovavano, etiando di molti vecchi, donne, fanciulli… portarono via tutta la robba, biancaria, ori, stagni, argenti… ruppero giarre d’oglio e botti di vino, io fui chiamato a dar le chiavi della chiesa e mi ritirai nel campanile non sapendo ancora che fossero Turchi… Onde dico che sono stati fatti schiavi uomini n. 64, donne n. 125,  fanciulli n. 94  e 14 abrugiati…” (altre fonti citano invece 14 uccisi e 8 bruciati nel campanile; dieci degli uomini rapiti erano pescatori in mare con la loro barca).
Il susseguirsi di queste rapine crudeli aveva da tempo suggerito la costruzione di nuove opere di difesa a mare per contrastare e scoraggiare altri eventuali disastrosi attacchi di pirateria.
A Pietra Ligure furono chiuse alcune porte ma contemporaneamente fu evidenziata la carenza sia di uomini che di armi per la difesa del paese: in questa occasione gli abitanti di Giustenice, arroccati all’interno e quindi relativamente al sicuro dalle scorrerie di predoni che solitamente si risolvevano in rapidi tocca e fuggi, rifiutarono di collaborare non inviando sulla costa guardie armate.
Tuttavia in uno studio di Nilo Calvini sulle fortificazioni in Pietra sono riportati i nomi degli uomini tra i 17 e i 70 anni da utilizzare per la difesa alla fine del XVI secolo: armati con bastoni e mazze, alabardieri, archibugieri, alfieri, caporali, sergenti e capitani. Nel ‘Rollo delli huomini di Giustenexi et sua giurisditione’ si trovano cognomi (la pratica della registrazione dei nuovi nati nei registri parrocchiali era iniziata da poco) ancora oggi tramandati nelle famiglie del territorio: Morro, Rembado, Serrato, Boatio o Boacio, Lanfranco, Beltrame, Borro, Fiallo, Lodo, ecc.
Circa 200 persone pronte ad intervenire in caso di pericolo nella Podesteria che “comprendeva le Comunità della Pietra, Toirano con Boissano, Giustenice (dal 1448) con Verzi e Ranzi, Borgio e Verezzi. Era retta da un Podestà mandato dalla Signoria e scelto nell’ordine dei nobili”. Al contrario dei pirati barbareschi (‘li turchi’), in realtà algerini o tunisini dediti alla razzia veloce, i saraceni (nome generico che indicava i musulmani nel medioevo cristiano) ebbero loro comunità stanziali, di cui una nel villaggio provenzale di Frassineto, dalla cui fortezza partivano per compiere sanguinose incursioni nei dintorni alla fine del primo millennio: “Ni re gente de notte dorman moè, che ghe fan Turchi e Mori scorrarie, e se personne son troppo adornie lighè se trôvan prima che dessè”.

Autore: Giuliano.confalonieri@alice.it

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