Un ominide in miniatura ritrovato in una grotta indonesiana rivoluziona le teorie sull’evoluzione. Diverse specie umane si sono contese la Terra.
Nei villaggi sulle coste dell’isola indonesiana di Flores gli anziani raccontano ancora le fiabe ai bambini. E narrano di piccoli uomini (Tolkien direbbe “mezz’uomini”) che si intrufolano di notte nelle capanne e fanno sparire utensili e pezzi di cibo, un po’ per dispetto, un po’ per bisogno. Antropologi e psicologi, fino a pochi mesi fa, potevano ricamarci sopra soltanto belle teorie. Ma ora, dopo la straordinaria scoperta di un team di geologi e paleoarcheologi finanziati dalla National Geographic Society, sorge un dubbio: e se fosse tutto vero?
Di sicuro, questa è la scoperta, ominidi alti appena un metro popolavano l’isola di Flores fino a tredicimila anni fa. E forse hanno incrociato i nostri lontani progenitori, che arrivarono in quell’isola più o meno nella stessa epoca. Chissà che la leggenda dei piccoli uomini non sia solo un lontano ricordo, tramandato di generazione in generazione. Anche perché tredicimila anni sono attimi nella storia che ha portato alla comparsa dell’uomo.
Finora, questa storia era vista come una sorta di staffetta nella quale specie di ominidi sempre più evolute si passavano il testimone fino ad arrivare al traguardo: noi, l’Homo sapiens. Negli ultimi tre anni, una raffica di nuove scoperte in tre continenti ha spazzato via questa teoria. In realtà, tante specie di ominidi si sono divise la Terra, contemporaneamente e spesso in competizione tra di loro. Lo stesso Homo sapiens, apparso in Africa 200 mila anni fa, ha dovuto fronteggiare rivali, ha visto altre specie scomparire, fino a rimanere l’ultimo sopravvissuto.
Una selezione spietata, nella quale ha contato certo la nostra superiore adattabilità, la nostra intelligenza, ma anche, e tanto, il caso. Circa 70 mila anni fa, infatti, una tremenda eruzione vulcanica sconvolse il clima e portò l’Homo sapiens alle soglie dell’estinzione; ne rimasero solo duemila individui: se la temperatura fosse scesa ancora di qualche grado, saremmo spariti. Un’altra terribile eruzione, invece, 13 mila anni fa, sepolse per sempre gli “hobbit” dell’isola di Flores.
Questi diversi destini e la storia della scoperta dell’ “hobbit”, annunciata da Nature lo scorso ottobre, vengono raccontati in un documentario del National Geographic Channel, Il mistero dell’uomo. Ma l’Homo floresiensis, questo il nome scientifico dell’ “hobbit”, ha già suscitato un acceso dibattito nel mondo scientifico. La rivista Science pubblicherà una ricerca – anticipata on line sul sito Science Express – sulle sue capacità cognitive, ricavate dall’analisi dei crani ritrovati con tecniche estremamente sofisticate. L’Homo floresiensis aveva un cervello piuttosto piccolo, di soli 380 centimetri cubici contro i 1.350 dell’Homo sapiens. Ma, in proporzione con il resto del corpo, la massa cerebrale era comunque ben sviluppata e le sue capacità cognitive notevoli.
“Abbiamo rilevato significativi rilievi in un’area situata sopra e tra gli occhi che si ritiene sia coinvolta, negli esseri umani, nei processi cognitivi più elevati”. Spiega Dean Falk, docente di antropologia alla Florida State University e a capo dell’équipe che ha studiato le scatole craniche degli “hobbit”. “Il lobo temporale, dove si pensa che vengano processate funzioni come la memoria e le emozioni, appare ingrandito e quindi probabilmente quelle funzioni erano più avanzate rispetto ad altre specie di ominidi”.
Fatto ancor più sorprendente se si pensa che gli “hobbit”, in realtà, erano una specie estremamente antica, anche se sono sopravvissuti fino a un’epoca tanto recente. “Alcune delle caratteristiche anatomiche rimandano a quelle dell’Homo erectus, vissuto due milioni di anni fa; altre addirittura a quelle dell’Australopithecus afarensis, che popolava l’Africa occidentale tre milioni di anni fa”, spiega Bert Roberts, geologo dell’università di Wollongong (Australia), scopritore dei primi resti dell’Homo floresiensis.
Problema: queste erano specie molto più grandi, l’Homo erectus era alto addirittura il doppio. Non è che ci troviamo davanti a degli uomini nani? “Abbiamo trovato i resti di sette individui”, ribatte il professor Roberts: “Non potevano essere tutti affetti da nanismo. E le caratteristiche delle mandibole, e dei molari sono troppo diverse da quelle dell’Homo sapiens. Siamo di fronte a una specie mai ritrovata prima”.
Gli hobbit sarebbero allora gli ultimi discendenti dell’Homo erectus, anello fondamentale nell’evoluzione umana. L’Erectus compare in Africa due milioni di anni fa ed è il primo ominide a emigrare in altri continenti: Europa e Asia. Nel corso dei millenni si evolve in altre specie, come l’Homo heidelbergensis, un gigante dalla muscolatura possente che popolava anche l’Europa fino a trecentomila anni fa.
Sul lato opposto dell’evoluzione dell’Homo erectus ci sarebbe l’Homo floresiensis. Ma com’è che dall’Erectus, che raggiungeva il metro e ottanta nei maschi, ha potuto evolversi un nano alto meno di un metro? “In un ambiente isolato è comune che si sviluppino specie in formato ridotto”, spiega ancora Bert Roberts. “Sull’isola di Flores abbiamo trovato anche i resti di un elefante pigmeo, alto come un pony e pesante circa mezza tonnellata”.
L’elefante pigmeo era tra le prede degli “hobbit”. Una preda impegnativa per individui alti come bambini di tre anni. Per poterlo abbattere gli “hobbit” dovevano cacciare in gruppo e con armi efficaci, come lance con punte di pietra affilata: avevano quindi un’intelligenza sviluppata e una qualche forma di linguaggio per comunicare rapidamente. Insomma, si erano adattati perfettamente all’ambiente.
Così perfettamente che solo un evento traumatico ha posto fine alla loro esistenza. Gli ultimi resti dell’Homo floresiensis sono stati trovati appena sotto uno strato di ceneri vulcaniche: tredicimila anni fa una gigantesca eruzione seppellì l’isola e i suoi bizzarri abitanti. Appena sopra lo strato di ceneri ci sono i resti dei primi Homo sapiens che raggiunsero l’isola poco dopo. Apparentemente, l’uomo e gli “hobbit” non si sono mai incontrati.
Ma non è detto. Gli uomini erano presenti nell’arcipelago indonesiano da 30 mila anni. Qualche cacciatore isolato ha forse raggiunto l’isola di Flores in tempo per conoscere i suoi piccoli cugini. E’ poco probabile, conoscendo la nostra storia, che sia stato un incontro pacifico.
Fonte: La Stampa – Specchio 19/03/05
Autore: Giordano Stabile
Cronologia: Preistoria