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Gianpaolo SABBATINI: Il nome della Sardegna.

Appunti per risolvere un mistero dell’antichità: i “popoli del mare”, civilissimi e feroci guerrieri.

Ho nuovamente letto un interessante e lungo articolo apparso sul quotidiano “La Repubblica” del 1° agosto 1999 dal titolo “Sardegna, un giallo di tremila anni fa. Sulle tracce dei misteriosi e terribili Shardana”. L’articolo – a firma di Sergio Frau – mi ha suggerito alcune ipotesi che vorrei far conoscere. In esso si presentavano riassuntivamente alcune conclusioni cui sarebbe giunto il prof. Giovanni Ugas dell’Università di Cagliari, conclusioni antitetiche – su un argomento fondamentale – rispetto a quelle, considerata assodate e non discutibili, del prof. Giovanni Lilliu, massima autorità riconosciuta in quel campo.

Pur con tutte le limitazioni che un articolo riassuntivo e largamente divulgativo può comportare, le due posizioni paiono potersi così riassumere: “ I Sardi hanno sempre diffidato del mare e sono vissuti nella loro isola quasi fossero dei prigionieri” (prof. Lilliu) e “i Sardi sono stati grandissimi navigatori, il cui nome – Sardana o Shardana – si riscontra in tutto l’antico Mediterraneo, prevalentemente orientale, ma anche occidentale, nelle Baleari e in Catalogna” (prof. Ugas).

Orbene, ho notato, in quella che viene indicata come la visione del prof. Ugas, una certa equivocità fra il dato archeologico, quello antropologico, quello linguistico e quello etnico, dati che invece assumono significato univoco esclusivamente nel loro campo. Soltanto dopo che il significato univoco è stato individuato e fissato, può cercarsi la sua valenza in rapporto agli altri campi.

In quell’articolo si leggeva, per esempio, che gli abitanti più antichi della Sardegna – i Barbaricini (= piccoli Barbari) – all’esame del DNA sono risultati “Caucasici”: questo dato vien posto come tassello a sostegno della tesi che i Sardi più autentici sono venuti dal Medio Oriente (il Caucaso non è forse ad est?), dal quale provenivano, appunto, i Sardana o Shardana.

Chiariamo i termini: se “caucasico” significa ciò che usualmente si dice di “razza bianca”, non vi è dubbio che caucasici siano tutti i popoli del Mediterraneo, indipendentemente dal gruppo linguistico (e non razziale!) semitico, camitico, giapetico – o addirittura precedente questi gruppi – al quale appartengono. Se con il termine “caucasico” si fa invece riferimento alla similitudine con i più antichi abitanti del Caucaso ancor presenti (Georgiani e loro affini) – e cioè popoli preindoeuropei – effettivamente una similitudine nel patrimonio genetico (attualmente non più in quello linguistico) è assai logica: i Sardi, come i Baschi e come i Georgiani, precedono la sopravvivenza delle etnie indigene più antiche (nel caso dei Baschi e dei Georgiani, anche delle lingue), tant’è che i Romani chiamavano Hispania o Iberia sia la penisola iberica, sia il Caucaso. In tal caso, però, non vi sarebbe alcuna parentela con i Sardana o Shardana storici, popolo anatolico occidentale.

La chiave per comprendere i rapporti fra il nome della Sardegna e le etnie presenti sul Mediterraneo si trova in realtà nell’antico Egitto, ove il nome dei “popoli del mare” viene indicato come Sardana o Shardana, Tursha o Turusha, Ipotizzando che tali nomi indichino uno stesso popoli (quantomeno dal punto di vista dell’affinità etno-culturale nella coscienza di chi usa la denominazione) ed ipotizzando altresì che Sardana o Shardana sia quello più utilizzato dai Fenici, può notarsi come i Fenici abbiano occupato solo marginalmente ed in un tempo successivo la parte prevalentemente meridionale e costiera della Sardegna, mentre tutta l’isola era precedentemente occupata (non in senso etnico, bensì politico-militare) da alcuni “signori della guerra”, che avevano sottomesso ed organizzato gli originari abitanti preindoeuropei, radunandoli intorno a piccoli castelli (talvolta anche grandi) eretti usando una tecnica localmente non sconosciuta ed applicandola secondo le nuove esigenze.

Chi erano costoro? I Fenici, giunti più tardi, li chiamavano Sardana o Shardana: da qui l’isola prese il nome di Sardegna, nome dato dai Fenici proprio perché in quegli occupanti riconoscevano uno dei “popoli del mare”, a loro noto con quel nome. I misteriosi e terribili Shardana, pertanto, erano i signori della guerra e delle scorrerie marittime, che presidiavano e dominavano l’isola chiusi nei loro castelli: i nuraghe, intorno ai quali i preindoeuropei isolani, pur se sottomessi, conobbero un livello di vita civile superiore a quello vissuto prima.

Secondo un’accreditata visione di molti studiosi, i popoli dell’antica Anatolia, compresi gli Ittiti, parlavano lingue di arcaico ceppo indoeuropeo: in India, i Nuràga, o Naràgghi (in cingalese Anuràghi) sono mitici guerrieri fondatori di città fortificate (1). Proviamo ora, sulla base dei documenti egiziani, a chiamare i Sardana con l’altro possibile nome – Tursha – e si evidenzierà ciò che già è stato intuito da molti studiosi: i Tursha, o Turusha, sono gli Etruschi, già conosciuti dagli Egizi quale “popolo del mare”, quando ancora avevano le loro sedi etniche stanziali nella Anatolia occidentale, ove era situata anche la città dei Sardi. Non è forse una grande migrazione marittima dalla Anatolia alla Toscana quella di cui parla lo storico greco Erodoto, allorché sostiene che gli Etruschi erano i Lidi, partiti dalle coste orientali dell’Egeo ed approdati a quelle occidentali della penisola italiana? Ciò non contrasta, bensì si somma con l’altra ipotesi, quella della provenienza degli Etruschi anche via terra, attraverso la Balcania, o via mare, ma dall’Adriatico (2).

A questo punto possono chiarirsi alcuni nomi geografici: il mari Tirreno è il mare Etrusco, e ciò lo si sa bene: Toscano e Tirreno, infatti, sono sinonimi. Non si tratta però, di sola sinonimia, bensì di identità tematica: il tema TYRR o TYSC è infatti il medesimo, come si dimostra se lo si scrive in lettere greche – TYPP – (P corrisponde a rho e si legge R): la forte aspirazione delle due lettere rho (aspirazione simile alla doppia erre come ancora la si pronunzia nella parlata siciliana, caratteristica che la grafia indicava con il segno del doppio spirito sulle due rho) può far sì che quel tema, nella pronunzia successiva – in una con la possibile eliminazione della intermedialità fra la I e la U del suono Y – possa risolversi in TYRR, TUSC, TIRS. Si chiarisce dunque molta toponomastica altrimenti incomprensibile: se è vero, per esempio, che Shardana e Tursha sono lo stesso popolo e che ad esso appartengono i Nuràga (signori guerrieri costruttori di abitati fortificati), si spiega perché la zona della Sardegna più ricca di nuraghe sia la valle del fiume Tirso, il fiume Etrusco, poiché fortemente presidiata. Se i Sardana o Shardana – così chiamati dai Fenici – sono gli Etruschi (dal tema TURUSC di TURUSHA può vedersi derivato in progresso di tempo il termine Etruschi), si spiega come, allorché nella pianura padana dilagarono i Celti, fino a costituire il ceppo etnico più numeroso, subissando la folta colonizzazione etrusca (anche l’etrusca Fèlsina divenne la celtica Bononia – l’attuale Bologna – e la lingua etrusca sopravvisse ancora per un poco soltanto nella zona del Garda – il Lacus Lydius dei Romani – e a Mantova), molti Etruschi fuggissero sulle montagne, lungo percorsi forse già conosciuti per motivi commerciali, fin a portare il toponimo Shardana anche in quei luoghi: “Sardagna” vicino a Trento, Sardegnana” vicino a Fòppolo, sulle Alpi bergamasche, “Sardona” e “Sardasca” nella Svizzera grigionese.

Sulle Alpi sono state ritrovate scritte in lingua celtica, ma con caratteri etruschi e non sono mancati gli autori antichi che, di fronte a tante tracce, ritenevano che i Rèti (in realtà preindoeuropei alpini, prima venetizzati poi celtizzati) fossero etruschi inselvatichiti. Sul lago di Garda – il lago Lidio dei Romani – si trova Toscolano e vi è Volciano, che ricorda l’etrusca Vulci.

Ci si può chiedere allora perché mai gli Etruschi non abbiano impiantato anche in Corsica la stessa organizzazione “nuragica”. La risposta può essere una soltanto: dal punto di vista tecnico non vi era in Corsica una capacità di lavorazione della pietra come vi era in Sardegna, ove i nuraghe sono simili ai pozzi – già prima conosciuti – ma costruiti fuori terra, anziché sottoterra. Dal punto di vista militare ed amministrativo, inoltre, la Corsica è stata fortemente occupata dagli Etruschi anche come etnia: ancor oggi la maggior parte della Corsica parla toscano, anche se con un lessico in parte proprio, arcaicizzante, con qualche parola etrusca (come caffone, tarracone, ecc.) e con il maschile conservativo della – U finale, che perpetua il finale – US della seconda declinazione latina, aspetto conservativo proprio di tutte e tre le grandi isole dell’area italiana (determinato dalla insularità stessa), isole che pur parlano linguaggi sostanzialmente diversi fra loro: siciliano, sardo, còrso. La parte della Corsica che non parla il còrso-toscano parla prevalentemente un linguaggio simile al sardo della Gallura e di Sassari, dialetto fortemente influenzato dal toscano, tanto da essere definito il “dialetto italiano” della Sardegna. In Corsica, pertanto, non vi era la necessità per gli Etruschi di affidare a singoli guerrieri – od a ristretti gruppi – la costruzione di piccoli castelli, sfruttando i materiali e le capacità locali, onde ottenere il duplice scopo di presidiare l’isola, ma anche di difendere se stessi dalle possibili rivolte della popolazione locale: in Corsica l’intera popolazione era, grosso modo, etrusca o etruschizzata.

Può allora spiegarsi anche perché le statuette dei guerrieri sardi siano così simili all’immagine dei guerrieri etruschi nonché a quella dei mercenari Sardana o Tursha tramandataci dagli Egizi: erano infatti guerrieri appartenenti allo stesso popolo.

Si spiega altresì perché mai, appena dopo il 500 a.C., la civiltà nuragica si sia dissolta improvvisamente e misteriosamente, lasciando spazio alla civiltà “regressiva” della Sardegna (si fanno costruzioni, ma più piccole, con materiali più poveri, meno complesse e meno durature): nel 476 a.C., davanti a Cuma e poi di nuovo, nel 472 a.C., al largo di Agrigento, il tiranno di Siracusa Gerone, grande organizzatore e valorizzatore della potenza marittima e della tradizione marinara delle colonie elleniche, infliggeva agli Etruschi, ancora padroni del loro mare, il Tirreno (3), due disastrose sconfitte navali, tali da indurre i perdenti a ritirarsi in Toscana, abbandonando i loro domini territoriali a sud (in Campania, Cava dei Tirreni ricorda ancora la loro presenza) e, com’è ovvio, richiamando precipitosamente i guerrieri Nuràga dalla Sardegna.

Se è vero quanto narra Erodoto, che, cioè, gli Etruschi erano i Lidi della Anatolia e se è vero che la cultura lidia (simile a quella frigio-tracica) comprendeva anche la città di Troia (che, al di là delle elaborazioni leggendarie, è stata abbattuta dai Greci nell’àmbito di una loro espansione a discapito degli antichi popoli del mare), si è ripetuta, nel 476 e 472 a.C., con il greco Gerone di Siracusa che batte gli Etruschi per il dominio del mare, una vicenda simile – e con gli stessi popoli – a quella che vide la fine di Troia, già dominatrice dell’Egeo settentrionale e degli stretti passaggi al Mar Nero.

Forse in quelle guerre vi era anche, da parte dei Greci, il desiderio di liberarsi, avendo raggiunto la forza sufficiente, di quell’atavico incubo – ormai più immaginario che reale – a suo tempo costituito dai misteriosi e terribili Shardana.

Dopo quella sconfitta si espansero i Fenici (per l’occasione alleati dei Greci) impiantandosi stabilmente nell’isola ormai chiamata Sardegna, poiché precedentemente dominata dai guerrieri etruschi – i Tursha – da loro conosciuti con il nome di Sardana. Nella valle del Tirso, che era la zona ove i Sardana erano più presenti e più numerosi sono i nuraghe, un toponimo ricorda anche il nome più recente, quello degli Etruschi, con Villanova Truschedu.

Già si è detto che, al dilagare dei Celti, parte degli Etruschi della Padania fuggì verso le Alpi.

Allo stesso modo , allorché i Greci abbatterono, con Gerone, la potenza marittima etrusca, parte degli Etruschi posti a presidio della Sardegna – ormai solidali con la popolazione locale – è probabile che abbiano organizzato anche una parziale migrazione marittima verso coste più sicure, al di fuori della facile portata dei Greci, lungo rotte da loro già conosciute: a ciò risale probabilmente un arrivo dei Sardi (principi guerrieri etruschi con nuclei di popolazione isolana) alle Baleari e sulle coste orientali della penisola iberica. A quest’epoca, infatti, pare risalire la costruzione in quei luoghi di edifici simili ai nuraghe sardi, ma più piccoli, quasi a voler tramandare il ricordo dell’isola madre. A quest’epoca – o forse all’epoca ancor precedente, nella quale i Sardana, popolo del mare, già visitavano quei luoghi – risalgono i nomi e toponimi che ricordano gli Etruschi-Shardana: la danza della Sardana, il toponimo Son Sardina sull’isola di Maiorca, ecc.

In conclusione, ritornando alla antiteticità della tesi del prof. Ugas rispetto a quella del prof. Lilliu, si può comprendere come tale antiteticità sia netta soltanto se si vuole dare ai termini un significato esorbitante: l’etnia ancor prevalente in Sardegna, nonostante i vasti e numerosi apporti etnici del Mediterraneo, è quella preindoeuropea, che vede nei “Piccolo Barbari” – i Barbaricini – il tipo più antico e puro. Ad essi possiamo applicare, se vogliamo, l’antico nome di Iolèi (senza con ciò dare per vero il mito di origine legato a Iolèo, ma solo per indicare con un nome che prescinda dai Sardana gli abitanti costituenti il ceppo etnico originario dell’isola): a costoro si attaglia perfettamente la tesi del prof. Lilliu: non erano marinai e vivevano quasi prigionieri della loro isola.

Al contrario, i popoli sopraggiunti erano grandi navigatori. Fra di essi, particolarmente numerosi i Sardana, che, con la mediazione dei Fenici (i quali designavano quel popolo con la denominazione probabilmente più arcaica), hanno dato il nome all’isola. A questi può applicarsi la visione del prof. Ugas. E’ però erroneo ritenere che, dal punto di vista etnico, i Sardana-Etruschi e i Sardi-Iolèi siano stati o siano divenuti lo stesso popolo, fin a fare dell’isola di Sardegna il luogo ove erano situate le principali sedi etno-culturali, dopo una ancestrale migrazione da oriente del popolo Shardana: nonostante gli apporti culturali ed in parte etnici, nonostante i risalenti collegamenti, nonostante la plurisecolare frequentazione, non sono diventati Sardana-Etruschi né i Reti, né gli Iolèi.

NOTE:

(1) – Anuraghi è detto in India il popolo che poco dopo il 3.000 a.C. stabilisce il suo potere in Turkmenistan, Pakistan e a Ceylon. In lingua iranica sono detti Nurani (cfr. il toponimo sardo Nurra). Lo stesso popolo era presente nell’odierna Turchia e forse vi era una certa continuità territoriale etnica fra altopiano anatolico e altopiano iranico, continuità spezzata dal sopraggiungere di nuovi indoeuropei, i Persiani, con conseguente spostamento più ad occidente dei gruppi anatolici (fra i quali i Lidi) e ad oriente (India) di quelli più orientali. Da notare che uno dei più antichi cognomi nobiliari indiani è Sarda o Sharda.

(2) – La Balcania, infatti, era abitata dagli Illiri, di lingua simile – anche se di costumi piuttosto primitivi – a quelle della Anatolia occidentale egea, e dunque simile a quella dei Lidi. L’ultima sopravvivenza in Balcania di tale gruppo linguistico è data dalla parlata albanese, il cui dialetto del sud è detto “Toski”. E’ forse in tale quadro che va vista, in Italia, la civiltà “villanoviana”, che appare come pre-etrusca, si di un territorio in gran parte veneto-illirico (anche per quanto concerne la sua zona più meridionale, posto che presso la Roma arcaica era stanziata anche la popolazione dei Venetulani): prima di giungere con una massiccia intrusione etnica determinata dall’abbandono delle sedi originarie, in epoca immediatamente successiva alla guerra di Troia, i Lidi possono aver avuto più stretti contatti con popolazioni la cui lingua non era del tutto straniera, informandone parzialmente i costumi, prima di sommergerle con l’etnia.

(3) – E’ logico pensare che, se si chiamava Tirreno – ovvero mare Etrusco – gli Etruschi dominassero non soltanto la costa occidentale della penisola italiana fino alla Campania compresa, ma anche le grandi isole di Corsica e Sardegna, costituenti l’altro lato del triangolo formato dal mar Tirreno. Non dominavano il lato sud: da lì venne la sconfitta.

Fonte: Europa Reale n. 1 – gennaio 2003
Autore: Giampaolo Sabbatini
Cronologia: Preistoria

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