Gianfranco Bracci è fotografo, pubblicista free lance e guida ambientale, autore di molte guide sulla Toscana (famosissime quelle dedicate al cicloturismo). E’ considerato un pioniere del trekking e delle attività en plein air fin dagli anni Settanta.
La sua ultima fatica letteraria, dedicata agli etruschi di Gonfienti, è stata pubblicata da una casa editrice inglese, la J. Bakers Editor di Londra, che ha apprezzato lo stile agile ed essenziale del racconto, adatto anche ai ragazzi e ai non addetti ai lavori.
La storia è costruita intorno alla figura del mitico re Tirreno, fondatore di Gonfienti e capostipite delle stirpe etrusca.
Il racconto rimanda immediatamente all’epica classica e in particolare all’Eneide di Virgilio, poema che meglio di ogni altro illustra il valore del “mito della fondazione”, con il quale gli antichi spiegavano e legittimavano le proprie origini, individuando una discendenza da fondatori comuni, eroi eponimi o figure divine. In realtà questa esigenza, sotto altre forme e per finalità molto diverse, è stata sentita anche in epoca moderna: in Toscana gli abitanti di molti centri importanti, le cui origini erano scarsamente documentate e si perdevano nelle pieghe della storia, si sono sempre sentiti in difetto rispetto a quelli di altre città, che potevano vantare invece “origini certe”.
E’ il caso di Prato, il cui ruolo di “eterna neonata” cucitogli addosso anche dagli storici locali, ha costituito nei secoli motivo di subalternità culturale rispetto a Firenze, che ha sempre rivendicato, con un certo orgoglio campanilistico, il suo primato tra le città del Medio Valdarno. Con la scoperta della città etrusca di Gonfienti negli anni Novanta, si è aperta una nuova fase nella dialettica tra le due città, nella quale le legittime aspirazioni all’autonomia, tradottisi a livello amministrativo nella nascita della Provincia Prato, hanno trovato il loro suggello culturale nella scoperta dell’insediamento etrusco sul Bisenzio, che ribalta completamente le prospettive con cui si era guardato alla storia della Piana: i primi colonizzatori non sarebbero più i legionari di Cesare fondatori di Firenze nel primo secolo a.C., ma gli etruschi di Gonfienti, che già nel VII secolo a. C. avrebbero potuto vantare una consistente e importante presenza sulle rive del Bisenzio. Intorno a queste scoperte, oltre ad approfondite indagini storiche e archeologiche, ad articoli che hanno fatto il giro del mondo, è sorta tutta una letteratura che, prendendo spunto dai ritrovamenti, ha cercato di mettere in evidenza e valorizzare un patrimonio storico-culturale di notevole importanza.
Il libro di Gianfranco Bracci può essere inserito in questo filone: va innanzitutto precisato, come mette bene in evidenza l’autore stesso in appendice, che non si tratta di un romanzo storico. Bracci si ispira liberamente alle ipotesi sulle origini di Gonfienti e sviluppa la storia del popolo etrusco giunto dalla Lidia, senza riferimenti temporali precisi: entrano in scena contemporaneamente popoli che si sono insediati in Toscana in epoche anche molto diverse e personaggi che hanno vissuto periodi storici distanti tra di loro. Queste “licenze” servono a Bracci per costruire una storia in un arco temporale ben preciso e per mettere in evidenza come gli etruschi non si insedino in Toscana da conquistatori, ma riescano a fondere la loro stirpe con quella dei popoli autoctoni, ben disposti verso una civiltà molto avanzata.
La trama del racconto è scandita da incontri, amori travolgenti e tradimenti: gli etruschi, dopo un lungo viaggio per mare, cominciato nella Penisola anatolica, arrivano in Toscana e risalgono l’Arno e il Bisenzio, per incontrare i villaggi dei Camerti, popolazioni di ceppo umbro, con cui istaurano fin da subito un ottimo rapporto. Dopo aver soggiornato a lungo presso il loro re Protor, il principe etrusco Tirreno decide di incontrare i celti al di là degli Apennini, seguendo la via che collegava il Tirreno con l’Adriatico.
Tirreno valica le montagne e incontra i boi, bellicose e fiere tribù celtiche molto sospettose con i nuovi venuti. Superate le iniziali diffidenze, etruschi e celti stringono amicizia e consolidano il loro rapporto con il matrimonio tra Tirreno e la principessa Ilse, sorella del Grundhal, re dei boi. Nel frattempo gli etruschi giunti nella terra dei Camerti, fondano la città di Camars ai piedi della Calvana, come porto fluviale e snodo commerciale sulla Pisa Spina, seguendo i riti propiziatori imposti dalla loro religione, che Bracci descrive con minuzia di particolari.
Successivamente Tirreno e i suoi riallacciano rapporti con altri popoli etruschi che si erano insediati lungo la costa, in particolare i Rasenna di Krel fratello dello stesso Tirreno.
Il destino della città di Camars si compie dopo la morte della regina Ilse, quando la fiorente città scompare sotto le acque della Marina. Sarà il giovane principe Larth Porsenna, destinato a diventare un grande condottiero, a tenere insieme il popolo giunto dalla Lidia, che abbandonata la città sul Bisenzio costruirà nuovi villaggi sulle alture adiacenti.
Il libro di Bracci fa più volte riferimento ai luoghi della Pisa Spina, la mitica Due mari degli etruschi, che collegava la nazione etrusca tra le sponde del Tirreno e quelle dell’Adriatico.
Bracci è lo stesso ideatore e organizzatore del percorso trakking, Spina – Pisa, che quest’anno ha impegnato un gruppo di appassionati di escursionismo e archeologia lungo l’antica via e che si è svolto tra il 2 e il 14 luglio. Un itinerario fatto in parte in bicicletta, in parte a piedi e per un breve tratto in barca, nel quale i partecipanti hanno fatto tappa, a Poggio Castiglioni, al sito archeologico di Gonfienti e al Masso della Gonfolina a Signa.
Info:
J. Bakers Editor, London, 2008 pp. 64
Costo: € 8 (+ spese spedizione a carico acquirente).
Per acquisto, scrivere all’autore: gbracci@hotmail.com
Autore: Gianfranco Bracci