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Gian Pietro BROGIOLO. I Longobardi tra storia e mito.

Nei celebri versi dell’Adelchi (Dagli atri muscosi e dai fori cadenti…) e in modo più ragionato nel Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, pubblicati entrambi nel 1822, Alessandro Manzoni esprimeva, in chiave antiaustriaca, un pesante giudizio negativo sui Longobardi. Un grido di dolore da fine della civiltà, da day after, non molto diverso da quello tratteggiato, in un quadro europeo, da Brian Ward Perkins in un suo volume del 2005, dal titolo assai esplicito: The Fall of Rome and the End of Civilisation, nel quale sostiene, per alcune regioni dell’Impero d’Occidente, un ritorno non solo all’età del Ferro, ma addirittura all’età del Bronzo. Con queste drammatiche conclusioni, lo studioso inglese riprende con nuovi argomenti l’interpretazione catastrofista che già era stata, nel XVIII secolo, proposta da un grande storico britannico Gibbon, in opposizione all’idea ora prevalente nella storiografia occidentale, di una lunga e feconda transizione dall’Impero romano a quello carolingio, attraverso la formazione degli stati nazionali europei.

Anche sulla “questione longobarda”, ovvero sugli effetti della dominazione di questo popolo scandinavo che dopo alcuni decenni di stanziamento in Pannonia si trasferì definitivamente nel 568 in Italia, un’altalena di punti di vista percorre l’intera storiografia italiana, dal Medioevo fino ai nostri giorni. Alla rivalutazione che ne fecero nel XIV secolo autori come Galvano Fiamma a supporto dell’espansionismo dei Visconti che si consideravano naturali eredi dei Longobardi, si contrappose un riscontro fortemente critico in Flavio Biondo (1392-1463), mentre più positive furono le considerazioni espresse da Niccolò Machiavelli (1469-1527), Cesare Baronio (1588-1607) e Ludovico Antonio Muratori (1672-1750).

          Perseverando in questa doppia lettura, la storiografia dei secoli XIX e XX dipinge i Longobardi di volta in volta come crudeli invasori che provocano una netta cesura della civiltà classica (da Carlo Troya a Giampiero Bognetti) o come un gruppo già in larga misura romanizzato che, una volta insediato nelle terre dell’Impero, collabora proficuamente con le aristocrazie locali nel dar vita ad una nuova nazione (da Carl von Savigny a Gioacchino Volpe fino a Walter Pohl).

I Longobardi sono peraltro solo uno dei popoli che si insediarono nelle terre dell’Impero romano d’Occidente, fin dagli inizi del V secolo, quando le fortificazioni sul Reno vennero superate da gruppi di Germani che dilagarono nella Gallia e nella Hispania, mentre in Italia Alarico saccheggiava Roma. L’Impero trattò con alcuni (Visigoti, Burgundi, Franchi), altri (gli Unni di Attila) riuscì a sconfiggerli, riuscendo a sopravvivere fino al 476, quando il comandante militare Odoacre depose Romolo Augustolo e rispedì le insegne imperiali all’imperatore d’Oriente.

Un giudizio sui Longobardi non può dunque prescindere da una parallela disanima dei nuovi stati romano-barbarici che si affermarono, al termine di lunghi conflitti spesso intestini in Gallia con il regno dei Franchi e in Hispania con quello dei Visigoti.

 

La mostra non prende una posizione netta rispetto alle due tradizioni storiografiche che ho ricordato e che si fronteggiano da mezzo millennio nel giudicare le cause della fine dell’Impero in rapporto alle invasioni (che la storiografia d’Oltralpe, tedesca e anglofona, ha da sempre definito con il termine più positivo di migrazioni di popoli).

I contributi del catalogo sono stati perciò affidati a studiosi che hanno maturato idee differenti su queste vicende. Così come diversi sono oggi i pareri, non solo degli studiosi ma anche della gente comune, nel cercare di capire una situazione storica per certi versi simile a quella tardo-antica, che ci pone di fronte ad una massiccia e inarrestabile immigrazione che, come 1500 anni or sono, ci sta portando assai rapidamente (in Italia in meno di vent’anni) verso società multietniche, multiculturali e multireligiose che saranno certamente diverse (anche se ci risulta arduo capire quanto e come) rispetto a quelle alle quali noi europei ci eravamo abituati da più di un millennio. E non è difficile scorgere nelle contraddittorie interpretazioni delle vicende che accompagnarono la fine dell’Impero d’Occidente un riflesso del dibattito attuale tra chi vede l’immigrazione come un’opportunità non solo economica ma anche di arricchimento culturale e chi ne paventa i rischi e le prospettive incerte. E’ dunque non privo di interesse ripensare ad un periodo simile al nostro, anche se poco hanno al riguardo da insegnarci le vicende di quel passato ormai lontano, che si incanalò su percorsi diversi da nazione a nazione.

 

Cronologia:

 

 – 402 d.C.: la capitale dell’Impero d’Occidente viene trasferita dall’imperatore Onorio da Milano a Ravenna, più facilmente difendibile;

 

 – 407 d.C.: il 31 dicembre i Suevi, i Vandali e gli Alani attraversano il Reno ghiacciato, penetrano in Gallia e si insediano nella Penisola Iberica dando vita ai primi regni barbarici sul suolo dell’Impero;

 

 – 410 d.C.: Alarico, re dei Visigoti, saccheggia Roma;

 

 – 476 d.C.: Odoacre, capo barbaro dell’esercito romano, depone l’ultimo imperatore d’Occidente Romolo Augustolo ed invia le insegne imperiali all’imperatore d’oriente;

 

 – 489 d.C.: Teodorico, re degli Ostrogoti, sconfigge Odoacre e lo uccide con le sue mani nel palazzo di Ravenna. Sotto il suo lungo regno († 525 d.C.) le città rifioriscono e vengono costruiti splendidi palazzi.

 

 – 496 d.C.: Clodoveo, re dei Franchi, si converte con il suo popolo al cattolicesimo, avviando la fusione con i Romani;

 

 – 535 d.C.: Giustiniano, imperatore d’Oriente, dopo aver conquistato l’Africa e parte della Spagna, attacca gli Ostrogoti in Italia con la guida prima del generale Belisario e poi di Narsete. Nel 553 d.C. l’ultimo re ostrogoto Teia viene ucciso nella battaglia di Tagina.

 

 – 569 d.C.: I Longobardi, guidati dal re Alboino, entrano in Italia occupando alcune regioni, mentre altre rimangono nelle mani degli imperatori d’Oriente;

 

 – 584 d.C.: Dopo dieci anni di anarchia viene scelto come nuovo re dei Longobardi Autari, che sposa Teodolinda, nobile cattolica di origine baiuvara. Alla morte di Autari, (†590 d.C.), Teodolinda sceglie come nuovo sposo e re Agilulfo, duca di Torino.

 

 – 589 d.C.: Recaredo, re dei Visigoti, si converte con il suo popolo al cattolicesimo durante il III Concilio di Toledo;

 

 – 643 d.C.: Il re Rotari, genero di Teodolinda, promulga il primo codice legislativo per i Longobardi;

 

 – 653 d.C.: Con il re Ariperto, nipote di Teodolinda, si impone una dinastia cattolica, che, pur con alterne vicende, porterà alla definitiva conversione al cattolicesimo;

 

 – 774 d.C.: Desiderio, l’ultimo re dei Longobardi, viene sconfitto e imprigionato da Carlo, re dei Franchi.

 


Autore: Gian Pietro Brogiolo
Cronologia: Arch. Medievale

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