Uno straordinario contesto archeologico, un luogo simbolo da conoscere e conservare per l’intera umanità.
L’odore d’incenso che riempie l’aria, la luce soffusa che si riversa in Basilica, i canti che risuonano nella cupola stellata e infine lei, l’Edicola, la Santa Tomba che tutti i pellegrini bramano di raggiungere, anche solo per pochi secondi.
Camminare nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, schivando le file chilometriche di visitatori, non è solo una questione di abilità fisica, ma anche il primo compito della giornata per raggiungere il cantiere. Il Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza, in collaborazione con la Fondazione Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale di Torino, sta portando avanti con grande orgoglio e determinazione un’opera straordinaria in un contesto archeologico di primaria rilevanza dal punto di vista storico, storico artistico e religioso.
Basta pensare alla cerimonia di rimozione della prima pietra, il 14 marzo 2022, con la quale sono iniziati i lavori di restauro delle pietre di pavimentazione della Basilica e di indagine archeologica. Cominciare un’attività alla presenza delle principali Comunità che organizzano, preservano e promuovono la vita liturgica della Basilica del Santo Sepolcro, ovvero il Patriarcato Ortodosso, la Custodia di Terra Santa e il Patriarcato Armeno – e che hanno affidato i lavori – è essa stessa un’esperienza unica. Dall’inizio del progetto nel 2019, si sono succeduti i preparativi per svolgere al meglio il lavoro nel cantiere di Gerusalemme, come la creazione del database apposito per la raccolta dei materiali e delle fonti edite ed inedite.
Le attività della Sapienza al Santo Sepolcro sono dirette da Francesca Romana Stasolla, docente di Archeologia cristiana e medievale, che coordina il progetto e la vasta équipe composta da professori, dottorandi, assegnisti di ricerca, specializzandi e studenti. Partecipano al progetto docenti e ricercatori dei dipartimenti di Scienze dell’Antichità, Storia antropologia religioni arte spettacolo, Scienze della Terra, Biologia ambientale, Ingegneria meccanica e aereospaziale, Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione. Gli archeologi responsabili dello scavo sono Luca Brancazi, Ambra D’Alessandro, Stefano De Togni, Alessandro Melega, Giulia Previti; la documentazione topografica di scavo è coordinata da Federica Vacatello. Per tutti un’incredibile occasione per mettersi al servizio di una ricerca integrale nel complesso del Santo Sepolcro, basata sullo scavo archeologico, sulla documentazione topografica e sullo studio dei materiali archeologici, in collaborazione con un team multidisciplinare di ingegneri, storici, filologi, paleobotanici, geologi e psicologi, tutti dell’Ateneo.
Lo scavo, come insegnano i principi di stratigrafia archeologica, è di per sé un’azione distruttiva, che va accompagnata da un grande impegno di documentazione, che in questo caso deve necessariamente procedere ai ritmi serrati che la vita della Basilica impone. Al tempo stesso tuttavia il team degli archeologi della Sapienza sta compiendo un’azione costruttiva, non solo creando relazioni con le comunità religiose delle diverse confessioni cristiane, i collaboratori, le maestranze, ma anche, soprattutto, restituendo conoscenza.
Il lavoro di scavo, attivo sia di giorno che di notte, ha permesso di portare alla luce diversi materiali, antichi e recenti, che approfondiscono l’utilizzo e la conoscenza del contesto archeologico. Lo stesso valore ha il ritrovamento delle fasi del cantiere costantiniano a vari metri di profondità, nell’area degli Archi della Vergine, dove i lavori di costruzione della basilica nel IV secolo d.C. hanno sfruttato la precedente cava per impostare le fondazioni. Ed è una scoperta straordinaria – e una grande emozione per gli archeologi che l’hanno svelata al di sotto dell’attuale Edicola – il ritrovamento della prima monumentalizzazione della tomba di Cristo, composta da una pavimentazione marmorea di forma circolare, confermandone le più antiche rappresentazioni.
Questa azione costruttiva di restituzione della conoscenza è garantita anche da un continuo e approfondito lavoro di documentazione topografica delle aree di scavo e dei settori della Basilica, tramite fotogrammetria effettuata in situ ed elaborazione digitale realizzata dal gruppo di lavoro della Sapienza che collabora da Roma in tempo reale.
Mentre si attraversano le file di pellegrini ricevendo talvolta sorrisi e ringraziamenti dai visitatori, soprattutto italiani, orgogliosi che vi siano connazionali impegnati in una missione di tale portata, gli archeologi del Santo Sepolcro rimangono avvolti in quell’atmosfera speciale che caratterizza la chiesa, con la consapevolezza di partecipare a un progetto condiviso e lungimirante. Ed è in questo sentirsi parte di qualcosa di più grande – e spesso anche nell’impatto con le file dei visitatori – che il cantiere archeologico della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme diventa un’occasione imperdibile di crescita scientifica, umana e personale che rimarrà nella storia della Sapienza.
Autore: Mattia D’Amico
Fonte: Sapienza Magazine n. 1/2023 – Stampa e comunicazione
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