Gli scavi archeologici alla frazione Belcreda di Gambolò sono conclusi. In tutto sono 27 le tombe di Longobardi trovate vicino alla strada provinciale. Si tratta di una vera e propria necropoli che risale all’epoca della calata dei longobardi in Italia, nel VI secolo dopo Cristo. Ma non è l’unica novità emersa dagli scavi iniziati in seguito a un ritrovamento all’interno del cantiere per il passaggio di un gasdotto Snam.
Assieme alle tombe dei longobardi ne sono emerse anche alcune dei Gepidi, una popolazione che fu sottomessa dai longobardi il cui ultimo re Cunimondo venne ucciso da Alboino nel tentativo di riavere la figlia da lui rapita, la celebre Rosmunda. «Bevi Rosmunda nel cranio di tuo padre», avrebbe detto Alboino nel comunicare la notizia alla donna, secondo una leggenda che affonda le radici nella storia, la cui conoscenza si arricchisce con questo ritrovamento di un piccolo tassello.
Questi ritrovamenti sono l’ulteriore conferma che i Gepidi, dopo essere stati sconfitti dai longobardi, sarebbero stati aggregati a loro.
«Si tratta di un clan di guerrieri riconducibili ai longobardi che durante la loro discesa in Italia portavano con sé altri clan di popolazioni alleate – spiega il direttore degli scavi Nicola Cassone -. Anche Paolo Diacono diceva che aggregati all’esercito di re Alboino c’erano almeno 20mila Sassoni. In realtà c’è una sola tomba riconducibile a un guerriero longobardo vero e proprio, perché vi è sepolta una scramasax, una spada corta. La lunghezza conferma anche che risale al primo periodo della discesa in Italia dei longobardi. Le più recenti sono più lunghe. Nelle altre tombe si trovano asce e altri tipi di armi».
Infine c’è anche una tomba che in tutto e per tutto lascia presagire la sepoltura di una personalità di rilievo, vista la presenza di una spada, cioè di un’arma da cavalleria. «Ogni tomba – continua Cassone – aveva il suo vaso, un bicchiere e un fiasco. Si tratta di uno dei pochi ritrovamenti di nuclei con un numero di ceramiche superiore a 20. I materiali trovati confermano la datazione alla fine del VI secolo. In questi giorni stiamo organizzando il trasporto e andrà tutto alla Sovrintendenza a Milano perché comincino i restauri».
La comunità gambolese supportata anche da quella dei paesi vicini ha già chiesto che gli oggetti ritrovati rimangano in Lomellina. «Al momento – dice il sindaco di Gambolò Antonio Costantino – non abbiamo ancora avuto delle risposte in merito, ma ci auguriamo di poter tenere a Gambolò nel museo archeologico lomellino i ritrovamenti».
La richiesta è stata votata già a febbraio dal consiglio comunale di Gambolò quando sono stati resi noti i primi ritrovamenti nel cantiere alla frazione Belcreda, durante i lavori per il passaggio del metanodotto della Snam, che sono stati bloccati per consentire ulteriori scavi agli archeologi. In questo modo si è potuto ricostruire la presenza di una vera e propria necropoli tra i campi.
Autore: Andrea Ballone
Fonte: laprovinciapavese.gelocal.it, 12 lug 2018