Nell’afosa mattinata di venerdì c’era una gran folla all’apertura, avvenuta intorno alle 10.30, della terza di tre tombe riferibili all’età longobarda, ritrovate nella campagna prossima al paese di Gambara, sul confine col territorio di Fiesse, là dove serpeggia il fiume Gambara povero, in questi giorni, d’acque e di frescura.
L’operazione di scavo e indagine delle tombe è durata l’intera giornata, sotto un sole insopportabile: gradi reali 35, percezione ben più alta, intorno ai 40/42. Ma il caldo proibitivo non ha fermato l’entusiasmo del gruppo archeologico «Klousios», che in questo territorio opera, in perfetta sintonia con la Soprintendenza Archeologica di Milano, Nucleo Operativo di Brescia, guidato, in questa specifica operazione, dall’archeologo Andrea Breda.
Le tombe n.1 e 2, aperte nei giorni scorsi, hanno restituito scheletri ben conservati, antichi di mille e seicento anni, ora a disposizione delle autorità competenti e dei restauratori: per capire, indagare, studiare e ricostruire come potesse essere l’insediamento umano qui ubicato, non molto distante dalla necropoli. Martoriato. Anche la tomba n. 3, che come le altre non ha restituito arredo funebre (fatto salvo il ritrovamento di un pettine in osso), conteneva lo scheletro di un inumato, deposto in tomba alla cappuccina, ricoperta da embrici e sesquipedali d’età romana, qui rimpiegati per il pietoso rito della sepoltura. Anche lo scheletro n.3, una volta riportato alla luce, ha riempito il cantiere (e la tanta gente presente) di domande e fantasiose supposizioni. Infatti, se lo scheletro n.1 si è presentato agli archeologi privo della mano sinistra, all’apparenza troncata di netto, e lo scheletro n.2 presentava grossolane deformazioni ai piedi, il n.3 si è rivelato martoriato all’altezza del cranio, privo dell’apertura pelvica e dei femori. Una stranezza, si è detto sul cantiere, che apre alle ipotesi più varie e fascinose, che darà molto da fare alla scienza della paleopatologia, quando gli scheletri verranno analizzati e studiati nel dettaglio.
Potrebbero essere dei guerrieri feriti in battaglia? Chissà. Nella tomba n.3, e su alcuni sesquipedali che componevano l’architettura tombale, sono tornate alla luce evidenti e grandi orme di un canide (forse un lupo?), insieme a incisioni circolari e concentriche, che sono state ripulite e immediatamente archiviate.
«La novità vera è stata però portata sul cantiere di scavo dal sindaco di Gambara Franco Stringhini -ci ha raccontato il dott. Mino Perini, responsabile scientifico del cantiere- che ha promesso la musealizzazione dei reperti». Sicché, il gruppo archeologico, già sta smontando l’intera struttura in laterizio delle tre tombe, per rimontarla, dopo un attento restauro, presso la sede municipale del Comune di Gambara.
Autore: Gian Mario Andrico
Fonte: www.ilgiornaledibrescia.it, 1 lug 2019