Il mondo della radiologia torinese ancora una volta “sconfina” nelle pagine della cultura.
Il gruppo, che opera dal 2001, è formato dall’Università di Torino e dall’azienda ospedaliera San Giovanni Battista (in particolare dai professori Emma Rabino Massa, Renato Grilletto, Giovanni Gandini affiancati dai dottori Rosa Boano, Maria Cristina Martina e Federico Cesarani).
Da loro sono già state esaminate venti mummie, tutte sottoposte a una TAC per carpirne i segreti senza danneggiarle né “spogliarle”.
A loro si affianca ovviamente un team di archeologi: la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie, diretta da Egle Micheletto e, in questo caso, la dottoressa Elisa Fiore Marochetti.
“Shepsestaset” (“Iside la nobile”) appartiene al Museo Egizio di Torino ma è conservata nel Museo del territorio biellese, a Biella, patria di Schiaparelli, noto egittologo di fine Ottocento.
La mummia proviene dal sito di Assiut, scavato nel 1908 dalla Missione archeologica italiana diretta appunto da Ernesto Schiaparelli.
È bastato poco più di un minuto perché la Tac rivelasse segreti nascosti per più di 2400 anni.
Iside la Nobile era una donna alta poco più di un metro e mezzo, di corporatura esile (taglia 36 scarsa) e aveva meno di quarant’anni. Il bacino molto ristretto escluderebbe antiche gravidanze.
Si sono potuti osservare resti di cervello e alcuni organi interni stranamente non espiantati come era d’uso (i polmoni, il cuore, il fegato).
Aveva le braccia incrociate sul petto, conserva i denti e non ha tracce di artrosi.
È visibile anche una frattura consolidata alla tibia e al perone della gamba destra, che le lasciò un arto deforme a causa di un’ingessatura mal fatta.
Di Iside la Nobile si sa che era una donna benestante. Era sposata e quindi aveva diritto al titolo di “Signora della casa” e a possedere beni propri che amministrava. La mummia era contenuta in un sarcofago che riportava il suo nome e nella tomba era presente un corredo e una cassetta con i residui dell’imbalsamazione.
I dati raccolti richiederanno una lunga elaborazione interdisciplinare, ma a lavoro concluso, per la prima volta, i risultati della TAC e la ricostruzione in 3D saranno esposti al pubblico, al Museo del Territorio Biellese.
Autore: Gabriella Monzeglio
Il gruppo, che opera dal 2001, è formato dall’Università di Torino e dall’azienda ospedaliera San Giovanni Battista (in particolare dai professori Emma Rabino Massa, Renato Grilletto, Giovanni Gandini affiancati dai dottori Rosa Boano, Maria Cristina Martina e Federico Cesarani).
Da loro sono già state esaminate venti mummie, tutte sottoposte a una TAC per carpirne i segreti senza danneggiarle né “spogliarle”.
A loro si affianca ovviamente un team di archeologi: la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie, diretta da Egle Micheletto e, in questo caso, la dottoressa Elisa Fiore Marochetti.
“Shepsestaset” (“Iside la nobile”) appartiene al Museo Egizio di Torino ma è conservata nel Museo del territorio biellese, a Biella, patria di Schiaparelli, noto egittologo di fine Ottocento.
La mummia proviene dal sito di Assiut, scavato nel 1908 dalla Missione archeologica italiana diretta appunto da Ernesto Schiaparelli.
È bastato poco più di un minuto perché la Tac rivelasse segreti nascosti per più di 2400 anni.
Iside la Nobile era una donna alta poco più di un metro e mezzo, di corporatura esile (taglia 36 scarsa) e aveva meno di quarant’anni. Il bacino molto ristretto escluderebbe antiche gravidanze.
Si sono potuti osservare resti di cervello e alcuni organi interni stranamente non espiantati come era d’uso (i polmoni, il cuore, il fegato).
Aveva le braccia incrociate sul petto, conserva i denti e non ha tracce di artrosi.
È visibile anche una frattura consolidata alla tibia e al perone della gamba destra, che le lasciò un arto deforme a causa di un’ingessatura mal fatta.
Di Iside la Nobile si sa che era una donna benestante. Era sposata e quindi aveva diritto al titolo di “Signora della casa” e a possedere beni propri che amministrava. La mummia era contenuta in un sarcofago che riportava il suo nome e nella tomba era presente un corredo e una cassetta con i residui dell’imbalsamazione.
I dati raccolti richiederanno una lunga elaborazione interdisciplinare, ma a lavoro concluso, per la prima volta, i risultati della TAC e la ricostruzione in 3D saranno esposti al pubblico, al Museo del Territorio Biellese.
Autore: Gabriella Monzeglio