ARCHEOLOGO? No, archeo-genetista. Se il DNA è il disorientante libro della vita, adesso è arrivato il momento di interrogarlo e di strappargli informazioni sul passato più remoto.
Mentre in laboratorio si indaga il nostro Genoma e quello degli animali e delle piante che condividono con noi il Pianeta, in altri laboratori si sta tentando l’operazione più ambiziosa: leggere i geni dei Neanderthal e anche dei dinosauri, mettere in fila le sequenze di mammuth, orsi delle caverne e di tantissimi esseri estinti, piccoli e grandi. Sia chiaro: non c’è nessuna sindrome Jurassic Park, spiegano ricercatori di frontiera come David Haussler dell’Università della California a Santa Cruz.
Non si farà rivivere un Tirannosauro in giardino e nemmeno si darà il benvenuto in salotto a un ominide. Semmai si vuole dare una vigorosa scrollata all’albero dell’evoluzione, tentando di «ripercorrere l’evoluzione al contrario» per rispondere alla domanda-base che da sempre ci tormenta: da dove proveniamo?
Haussler fa così: comincia confrontando il patrimonio genetico degli esseri umani di oggi e di diversi animali contemporanei e poi comincia il viaggio indietro nel tempo, analizzando e calcolando le somiglianze e le differenze, alla ricerca di sequenze comuni e via via più primitive.
Così, per esempio, i suoi computer, alimentati da nuovi e potenti algoritmi, sono riusciti a riassemblare alcune parti del Genoma del progenitore comune di umani e scimpanzé, una scimmiesca creatura che si muoveva sulla Terra almeno 6 milioni di anni fa. Si procede per deduzioni e per tentativi, lavorando su «frammenti genetici» minimali, che fino a non molto tempo fa sarebbero stati inutilizzabili: ora, invece, le rivoluzionarie tecniche di «emulsione» riportano alla luce le tracce del DNA un po’ come i papirologi rimettono insieme le lettere di antichi testi ormai degradati.
E’ un immenso puzzle appena iniziato, in cui i margini di errore restano comunque altissimi: il Genoma umano ricostruito al 98% contiene ancora 120 milioni di errori, ciascuno dei quali potrebbe scatenare in un ipotetico organismo conseguenze catastrofiche ed effetti da kolossal horror. Ecco perché gli scenari alla Spielberg irritano tanto gli scienziati.
«Ci vorranno almeno un paio di secoli prima che in laboratorio si riesca a riprodurre qualunque creatura, identica a com’era stata ideata dalla natura», ha previsto Webb Miller della Pennsylvania State University. Al momento l’obiettivo di Haussler e degli altri archeo-genetisti è un altro (ma non meno fantascientifico): esplorare le funzioni di segmenti di DNA fossile, bioingegnerizzandoli sui topolini. Così il libro della vita dovrebbe cominciare davvero a tradurre i propri contenuti in messaggi intelleggibili e rivelarci le caratteristiche più intime e soprendenti degli esseri viventi. E quindi anche per i Neanderthal la cortina di mistero dovrebbe squarciarsi, dando un senso agli interrogativi che continuano ad affastellarsi su questo ominide sfortunato: che cosa non ha funzionato, nonostante i muscoli possenti, una scatola cranica più grande della nostra del 20% e, forse, il possesso di un primitivo linguaggio che non ha fatto in tempo a raffinarsi?
Fonte: La Stampa web 14/06/2006
Autore: Giuseppe Beccaria
Cronologia: Preistoria