Un’urna funeraria in pietra calcarea reca in aramaico le seguenti parole: Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù. Si tratta dei personaggi evangelici? Lo studioso Andrè Lemaire sostiene di sì Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù: queste poche parole scritte in aramaico, la lingua parlata da Cristo, e incise su uno dei lati di un’urna funeraria in pietra calcarea, pubblicata da un eminente studioso francese, Andrè Lemaire, nella Biblical Archaeology Review del mese d’ottobre-novembre 2002, suscitano profonda emozione tra tutti gli studiosi del Nuovo Testamento. Il reperto, che risale al primo secolo d.C., potrebbe, infatti, contenere il più antico riferimento al personaggio di Gesù, la cui esistenza storica è oggi innegabile. Parimenti, l’iscrizione rilancia il dibattito sul problema dei fratelli e delle sorelle di Gesù e sulla polemica relativa alla verginità della madre di Dio.
E possibile che quest’iscrizione sia davvero il più antico riferimento archeologico e storico al fondatore del cristianesimo? Lemaire ritiene che la risposta debba quasi certamente essere affermativa. In un’intervista dichiara “che se non è certo al 100% che il testo si riferisca a Gesù di Nazaret, l’ipotesi in se è probabile, anzi probabilissima”.
Da una parte, prosegue Lemaire, il reperto archeologico, che si trova in una collezione privata, è certamente autentico. Urne funerarie di questo genere, nelle quali le ossa del defunto erano depositate dopo circa un anno dalla morte, quando le parti molli del corpo erano oramai scomparse, sono ben note e ben datate a Gerusalemme. La produzione di questi reperti inizia poco dopo l’avvento della nostra era e si protrae fino al 70, data della presa di Gerusalemme da parte dell’esercito romano.
L’apostolo Giacomo, denominato °il Giusto° o °il Minore°, che alcuni passi della Bibbia descrivono come il fratello di Gesù, sarebbe morto lapidato nel 62, secondo Flavio Giuseppe, uno storico ebreo di quel periodo.
Altri indizi, a favore dell’autenticità del reperto, sono costituiti dalla forma delle lettere e dalla coerenza del testo. Infine, l’urna, che è stata esaminata col microscopio elettronico da un laboratorio di geologia israeliano, risalirebbe certamente a 19 secoli fa e non porterebbe alcuna traccia d’interventi posteriori.
Reperto e iscrizione sarebbero quindi databili al primo secolo d.C.
Chi poteva essere questo Giacomo? Lemaire ha svolto un’accurata indagine onomastica per concludere che a Gerusalemme, nel primo secolo, i nomi delle persone non erano molto diversi. Un uomo su dieci si chiamava Giuseppe. La proporzione dei maschi denominati Gesù era pressoché identica. Il nome Giacomo era un po’ meno frequente. “Tenendo conto del numero d’abitanti di Gerusalemme, all’incirca 80.000 persone, e dell’onomastica dell’epoca, sono arrivato alla conclusione che non vi potevano essere più di una ventina di Giacomo che avevano un padre chiamato Giuseppe e un fratello denominato Gesù” spiega Lemaire. “Infine, aggiunge, sulle 2.000 o 3.000 urne venute finora alla luce, conosco un solo caso in cui sia menzionato il fratello del defunto. Ci doveva essere un motivo preciso per aggiungere questa coincidenza interessante che rende assai probabile l’identificazione di Giacomo e, in un secondo tempo, di Gesù”.
Le riserve suscitate da questo studio non riguardano tanto il problema dell’autenticità del reperto. Benché proveniente da uno scavo clandestino e malgrado il fatto che il suo proprietario insista per mantenere l’anonimato, le accurate indagini effettuale lasciano pochi dubbi sull’antichità del legame fraterno tra Gesù e Giacomo che pone problemi. Anche se è stato esplicitamente evocato nella Bibbia, il fatto che Gesù potesse avere avuto fratelli è stato rimesso in discussione per salvare il dogma cattolico della “virginità perpetua” di Maria. Secondo la tradizione degli Ortodossi e dei Cattolici, Maria, madre di Gesù, era vergine; i Protestanti, invece, non credono nella verginità di Maria.
In realtà, la scoperta di Lemaire non svela il mistero dell’identità di Giacomo. Il Nuovo Testamento menziona un primo Giacomo, apostolo di Gesù, fratello di Giovanni (ambedue sono figli di un pescatore) e un secondo Giacomo definito da San Paolo nelle sue lettere “fratello del Signore”. Quest’ultimo non faceva parte del primo gruppo degli apostoli ma diventerà il fondatore della prima comunità cristiana di Gerusalemme.
Vari passi dei Vangeli alludono ai fratelli e alle sorelle di Gesù. Luca dice di Maria “che diede alla luce il suo figlio primogenito”, il che lascia intendere che ebbe altri figli. Quando Gesù lascia il suo mestiere di falegname a Nazaret, tutti lo interpellano, come ricorda Marco (3, 32): “Tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle ti cercano”. Più tardi, lo interpellano alla sinagoga: “Non è questo il figlio di Maria e il fratello di Giuseppe, di Giuda, di Simone e le sue sorelle non vivono qui tra noi?”.
La Chiesa cattolica rifiuta di riconoscere fratelli e sorelle a Gesù. Si basa su un altro passo del Vangelo di Giovanni, che menziona la presenza ai piedi della croce di una sorelle di Maria nota come la moglie di Clopa e la madre di Giacomo e di Giosè, per affermare che questi due sono i cugini di Gesù. D’altra parte, in Oriente e in Israele in quel periodo, tutti coloro che vivevano sotto lo stesso tetto erano definiti “fratelli” anche se erano soltanto “cugini”. Alcuni esegeti aggiungono che i fratelli e le sorelle di Gesù citati nel Vangelo porrebbero essere il figli di una prima unione di Giuseppe.
La scoperta di Lemaire non risolve quindi il problema ma porta, almeno sembra, un nuovo elemento di fondamentale importanza che arricchisce un dossier complesso, carico d’implicazioni teologiche e anche, non ne dubitiamo, di potenziali polemiche.
Fonte: Il Sole – 24 Ore 27 ottobre 2002
Autore: louis Godart
Cronologia: Archeologia Partico-Sasanide