La tomba ipogeica di Florinas venne segnalata alla Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro dall’Ispettore Onorario di Banari, Dott. Domenico Arru. Gli scavi furono eseguiti nel 1975 da E. Contu in collaborazione con G. Tanda. E’ ricavata in un masso erratico di calcare, lavorato anche all’esterno, di forma all’incirca trapezoidale. Il blocco, disposto lungo l’asse NO-SE, è isolato in un terreno in leggero pendìo, ai piedi dell’altipiano di Coros, in posizione dominante rispetto al corso del fiume Mannu. La lunghezza massima del blocco in cui venne scavata la tomba è di m. 7,50 e la larghezza massima di m. 4,60. L’altezza residua è di m 3,90 a NO, al centro della stele, mentre sul retroprospetto di SE è di m. 2,80. Il profilo esterno della tomba segue il disegno pressoché semiellittico della “stele” e presenta, come già visto, una sensibile inclinazione dalla fronte-stele verso il retroprospetto. La stele centinata, scolpita sulla facciata di NO, è alta al centro m 3,90; la sua larghezza varia da m 3,90 alla base, a m 3,10 all’altezza del listello centrale, per rastremarsi ulteriormente sino a circa m 2,30 poco prima della curva dell’estradosso. Lo spartito della stele è realizzato con una cornice a rilievo piatto larga circa m 0,30-0,50 e dello spessore di cm 8 al massimo; si compone di un riquadro inferiore, alto m 1,90, e di una lunetta superiore, di m 1,40 di altezza.
Al centro del riquadro inferiore si apre il portello principale di ingresso, di forma rettangolare e di dimensioni (m 0,50 x 1,00 h.) abbastanza inusitate per questo tipo di tomba. Esso immette in un breve andito, lungo m 1,50 e ad andamento leggermente discendente, la cui altezza si riduce della metà, a m 0,90 dall’ingresso, a causa di un gradino risparmiato nella roccia, che consente di superare il dislivello con il piano del vano tombale interno. In questo punto E. Contu ipotizza che venisse collocata la piccola lastra calcarea di chiusura (di m 0,50 x 0,90 h. x 0,15 spess.), rinvenuta riversa all’interno del corridoio e che oggi giace all’esterno nei pressi dell’ingresso.
La fronte del retroprospetto, sebbene anch’essa lavorata e sagomata in alto a profilo arcuato, è assolutamente inornata e priva del motivo a stele centinata. Presenta, invece, un proprio portello alla base, in posizione centrale, di dimensioni assai più modeste (m 0,52 x 0,40 h.) rispetto a quello della fronte-stele.
Durante gli scavi, venne rinvenuto ancora in situ il tipico chiusino in pietra, provvisto di risega per il suo alloggiamento. Un elemento di notevole interesse, caratteristico di questa classe monumentale, è dato dalla presenza di tre fori scavati sulla sommità dell’estradosso della “stele”, larghi m 0,18 x 0,30 e profondi m 0,32, arretrati di m 30 rispetto al bordo della stele.
Una delle tesi più ricorrenti interpreta tali fori come alloggiamenti per altrettanti “betilini” di pietra che avrebbero dovuto coronare la sommità del prospetto centinato.
La cella interna ha pianta trapezoidale irregolare (m 5,40 di lunghezza, larghezza da m 1,40 a m 1,94 alla base, mentre in alto essa si riduce a m 0,90); pavimento e soffitto sono inclinati dal lato NO verso quello SE, e l’altezza varia, alle due estremità, da m 1,68 a m 1,20.
L’ingresso principale è del tutto fuori asse rispetto alla camera, completamente spostato verso la parete laterale Est, mentre assai più centrato risulta l’ingresso secondario. A lato dell’ingresso di NO, la parete breve è lavorata a profilo curvo, sia in pianta che negli alzati; alla sua base, in un irregolare bancone risparmiato nella roccia, è stata ricavata una sorta di fossetta oblunga di m 0,70 x 0,26 e profonda m 0,10. Si tratta probabilmente di un riutilizzo di epoca posteriore: forse un thalassidion relativo ad una fase di riuso come chiesa rupestre bizantina, fatto assai consueto in queste grandi tombe ipogeiche con facciata architettonica.
E. Contu, parlando dei due ingressi di questa tomba, ne suppose una duplice funzione: un “ingresso nobile” (quello con la stele) per le sepolture di personaggi di rango sociale elevato, ed un ingresso secondario per le sepolture ordinarie. Suppose anche un’anteriorità dell’ingresso secondario rispetto a quello della stele, per il fatto che quest’ultimo si trova decentrato rispetto al primo; è quindi evidente che lo scavo della cella procedette a partire dall’ingresso di SE e non da quello di NO, che anzi dovette adeguarsi al piano della cella con il gradino che, come già visto, finisce per ridurre la luce del corridoio di accesso.
Dallo scavo della tomba, ampiamente riutilizzata già nell’antichità, non proviene quasi nessun reperto. Si ebbero invece, in due trincee di scavo che vennero aperte davanti alle due facciate, alcuni materiali ceramici, fra cui due anse a gomito attribuibili alla Cultura di Bonnanaro; un altro frammento di vaso con ansa a gomito si rinvenne erratico nel terreno, 100 metri a SO della tomba.
Fonte: Sardegna Post di Archeologia su fb, 10 lug 2022