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FIRENZE: Uffizi – Gli scavi archeologici portano alla luce 100mila reperti.

Si varca una soglia, ed è come se si sfogliasse un libro di storia. Gli scavi archeologici in corso da sei mesi sotto la Biblioteca Magliabechiana degli Uffizi, continuano a regalare sorprese. Su una superficie di circa 800 metri quadrati, sono venuti alla luce qualcosa come 100mila reperti che abbracciano 12 secoli di storia. Si oscilla dalle epigrafi su marmo del VI sec. d. C. – in piena epoca altomedievale – fino ai segni evidenti (ci sono sia i documenti sia la struttura muraria) di una bottega di mastri carrai che, intorno alla fine del 700, doveva trovarsi lì per riparare i carri da trasporto che si danneggiavano percorrendo le sconnesse strade fiorentine.

Lo scavo, iniziato nell’autunno del 2004, si è reso necessario in previsione della realizzazione di alcuni laboratori (la loro destinazione d’uso sarà stabilita in seguito) nel generale disegno dei Grandi Uffizi. I lavori di scavo vengono seguiti con attenzione sia dalla Soprintendenza per i beni architettonici (diretta da Paola Grifoni) sia dalla Soprintendenza Archeologica (diretta da Carlotta Cianferoni) che ha affidato a Riccardo Francovich il coordinamento del cantiere; il tutto in collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali che si occupa delle strategie e dello studio dei materiali.

La storia a “strati” – “Si tratta di uno scavo complesso”, dice Francovich, mentre cammina lungo i bordi degli scavi. In quegli spazi, oggi, si sente solo il rumore della pala che riempie l’ennesima carriola di detriti, ma per anni quelle mura, intorno, “hanno ascoltato” le musiche di Mascagni e Verdi, Puccini e Grieg, provate dalla filarmonica “Gioacchino rossigni” che aveva lì la sua sede. Appena qualche mese fa, scavando, era tornato alla luce un pavimento settecentesco, anche perché all’inizio era previsto uno scavo che non doveva scendere oltre 80 centimetri. Ma gli archeologi sono andati oltre e hanno scoperto che il grande salone nascondeva altre sorprese. “Grazie a questo intervento archeologico – ha proseguito Francovich, del Dipartimento di Archeologia e Storia delle arti dell’Università di Siena – abbiamo più chiaro l’assetto della città in epoca medievale. Nella zona di cui ci stiamo occupando, c’era una strada su cui si affacciavano diversi edifici, così come sono evidenti gli accessi a numerose cantine tardo quattrocentesche”. A un occhio particolarmente attento e allenato, come può essere quello di un archeologo, nell’area di scavo sono evidenti le trasformazioni dell’assetto fiorentino da città medievale fino alla costruzione della Magliabechiana, nel 1580.

Così ci si accorge che in città l’urbanizzazione ha seguito delle linee centrifughe, da ovest verso est, dal centro cittadino in senso inverso rispetto al corso del fiume. Con un Cicerone attento e affabulatore come Francovich, tutto pare semplice, anche la datazione di una porzione di pavimento miracolosamente rimasta intatta – “risale alla metà del XVI secolo”, spiega – e un paio di pozzi per la raccolta delle acque, in questo caso scavati sino in fondo. Insieme ai segni dell’assetto topografico di Firenze, emergono però anche gli strati di storia ambientale di quest’area, troppo vicina all’Arno per non raccontarla chiaramente. Infatti, Francovich e i suoi collaboratori, indicano con certezza gli strati di accrescimento sia agricolo-fluviale sia alluvionale (in poco più di 6 secoli le alluvioni disastrose sono state almeno quattro, nel 1333, 1557, 1844 e 1966), di questa porzione di territorio compresa tra le vecchie mura romane e l’Arno. Ci sono zone in cui la terra pare sovrapposti a blocchi ed è di colore marrone vivo; altre invece in cui non ci sono “tagli” longitudinali ma la tonalità cromatica tende al bruno scuro; quasi nero. Siamo di fronte a dei resti alluvionali del XIII o XIV secolo, probabilmente depositati.

Seguendo un programma già stabilito, gli scavi proseguiranno fino alla fine di maggio poi tutto verrà coperto per permettere i lavori di dislocazione dei previsti laboratori dei Grandi Uffìzi.

Dati e tecnologia – Lo scavo sotto la Biblioteca Magliabechiana ha anche delle finalità diverse da quelle meramente archeologiche. Ma pur sempre scientifiche. Ad esempio è la prima volta che si utilizza in modo così ampio, il “Gis” (acronimo di Geographical Information System), un pacchetto grafico tridimensionale con cui vengono gestiti i risultati degli scavi. E inaspettatamente, a pochi metri dalla nuda terra in vena di rivelazioni, “va in scena” la fantascienza. Su un computer portatile, ci viene presentato questo portento gestionale: “In Italia siamo i più avanzati nel suo utilizzo – afferma Francovich – e il trattamento tridimensionale dei risultati degli scavi dà luogo a delle mappe sovrapponibili tra loro e perfino al catasto storico, secondo precise coordinate geografiche, per avere l’immagine del cambiamento della città. Qui siamo a livelli altissimi della ricerca europea – ha proseguito – e servirà anche da memoria per chi dovrà studiare le trasformazioni del sottosuolo”.

Una montagna di reperti – 100mila reperti tutti da siglare, schedare, disegnare, fotografare e studiare. Tanto è emerso nei 6 mesi di scavo. Dall’area archeologica, i reperti vengono messi in speciali contenitori e portati in una stanzetta della Soprintendenza per il trattamento suddetto. Per ora sono state riempite 400 cassette ma le indicazioni sono chiare: il team coordinato da Federico Cantini, dell’ateneo senese, conferma che si tratta di reperti che vanno dal VI sec. d. C. fino al XIX sec. Stesi su dei tavoli, ci sono boccaletti, anforette, paioli, pentole, qualche maiolica (per lo più proveniente dalle fornaci di Montelupo) e una montagna di frammenti. Tra questi, come detto, c’è anche un’epigrafe tardo romana che è ancora tutta da studiare ma che viene considerata un momento importante anche in vista dello studio di altri contesti. La ricerca, in particolare, si concentrerà sullo studio degli impasti delle terracotte (per capire la provenienza e ribadire i legami di Firenze con il resto della regione), e perfino degli eventuali resti paleobotanici contenuti da questi recipienti. Potremmo scoprire, con più esattezza, cosa veniva consumato durante i pasti nella Firenze medievale, così come si potranno confermare i vari periodi di nuova urbanizzazione della città, di sua espansione, come accadde nella prima metà del VII sec. e poi a cavallo tra il XII e il XII sec., con relativo incremento demografico e nuove esperienze sociali e politiche.

Fonte: Giornale della Toscana 22/04/04
Autore: Marco Ferri
Cronologia: Arch. Medievale

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