Negli interventi di restauro e nella valorizzazione dei beni culturali, la luce è materiale essenziale di progetto. È questo il messaggio ribadito in occasione del Salone di Ferrara con il convegno «La luce nei beni culturali: tra conservazione e interpretazione» organizzato da Acropoli, Tbelightlab in collaborazione con l’Istituto per il commercio estero, e con la mostra «Luce e restauro».
Già a partire dagli anni ’90 l’evoluzione tecnoiogica ha fatto maturare una nuova coscienza nei confronti della luce: da elemento aggiuntivo, sovrapposto al bene, è diventata parte integrante del processo di intervento. Un’idea sviluppatasi grazie a una continua evoluzione delle teorie del restauro, che risponde alla necessità di migliorare la fruizione dei beni culturali, sia in termini di salvaguardia che di conservazione. Di pari passo si è evoluta l’idea di valorizzazione illuminotecnica del patrimonio, che da intervento orientato ai consumo turistico si è spostata verso più precise e ambiziose funzioni di carattere critico e interpretativo.
Il problema dell’illuminazione dei beni culturali è da molti anni all’attenzione di specialisti, responsabili di musei, restauratori, progettisti e aziende che si interessano della conservazione dei materiali fotosensibili.
«Ma concretamente in Italia sono stati fatti solo i primi tentativi», sostiene questo Corrado Terzi, direttore del Master Lighting Design dell’Università di Roma, uno dei protagonisti dell’evento. «Da anni, ad esempio, la Sovrintendenza per i Beni culturali di Roma con la Dare – spiega Terzi – sta lavorando in questa direzione, anche ipotizzando un’innovativa il-luminazione per la Colonna Traiana. Su questo filone specifico, un caso-pilota, concreto, è quello da poco realizzato in Francia nella cattedrale No-tre-Dame di Amiens dove le sculture sono illuminate con la proiezione di diapositive colorate, che creano un effetto simile a un’opera dipinta a tempera. Il team italiano sta lavorando in un’ottica differente, più culturale, auspicando di poter mostrare in modo permanente, o a tratti, un pezzo di classicità oggi sconosciuta».
Una soluzione innovativa che non interferisce sulla conservazione del supporto originario e che offre l’opportunità di interpretare e far conoscere la storia attraverso un’emozione. Terzi non esclude che l’aspetto illuminotecnico possa essere integrato anche con quello musicale. «Con il nostro studio Annunziata-Terzi – aggiunge l’architetto – abbiamo già proposto un’ambientazione sonora nell’area archeologica di Pompei».
Sempre in questi giorni a Ferrara sì discuterà anche dell’ipotesi di avviare lo studio dì una vera e propria «Carta italiana della luce». L’obiettivo è di porre la questione di un corpus di criteri e norme per l’uso professionale della luce naturale e artificiale nel settore del patrimonio artistico e culturale. Una carta che riguarda tutta la filiera della progettazione e del mercato, che secondo i promotori (un consorzio di università con il ministero dei Beni culturali) potrebbe diventare anche un testo legislativo.»
Fonte: Edilizia e Territorio 05/04/2008