Farra di Soligo deve il suo nome alla “Fara”, il gruppo omogeneo di famiglie di guerrieri longobardi che, durante le grandi migrazioni dal Baltico all’Italia, aveva il compito di esplorare e conquistare militarmente i nuovi territori.
In località Capitania, nel borgo Monchera, a Farra di Soligo, ai primi del Novecento è stata rinvenuta una piccola necropoli longobarda che testimonia la presenza nei nostri territori di questa popolazione barbara, databile intorno al 569 dopo Cristo, quando cioè i Longobardi varcarono le Alpi Giulie per raggiungere la pedemontana veneta guidati dal re Alboino.
Si deve alla famiglia Bevacqua di Panigai se, ancor oggi, abbiamo tracce di questa presenza.
“Subito dopo la Prima guerra mondiale – racconta Rambaldo Bevacqua di Panigai -, quando sono stati rifatti i vigneti in seguito alla distruzione dovuta alla filossera, scavando hanno trovato delle spade e i resti di due persone. Pensavano fossero reperti relativamente recenti”.
“Quando ho piantato i vigneti negli anni Settanta con gli escavatori ritrovarono altre spade – prosegue il signor Rambaldo – Immediatamente mi sono venuti in mente i due cipressi piantati da mio nonno proprio in onore dei due guerrieri trovati. Abbiamo trovato altre cinque spade contorte probabilmente dalle pale dell’escavatore ed un umbone molto bello, corredato da cinque borchie di rame rivestite con lamina d’oro. Abbiamo fatto espertizzare i reperti, sono risultati risalenti alla prima calata longobarda in Italia”.
Gli oggetti rinvenuti nel corso del primo ritrovamento sono conservati in un piccolo museo visitabile, ricavato all’ultimo piano della cantina Villa Maria di proprietà del casato dei Bevacqua Panigai, che vanta il titolo nobiliare di conte.
È il figlio enotecnico Falcomario, che prende il nome dal capostipite Falcomarius che ha vissuto intorno all’anno 1000, a condurre l’azienda di famiglia.
La sorella Francesca, anche lei enotecnica, si occupa invece dell’elegante agriturismo ricavato nella prospiciente Villa Panigai.
Oltre ai pochi reperti rimasti alla famiglia – rinvenuti prima della legge che impone il trasferimento immediato allo Stato di ogni reperto archeologico ritrovato sul suolo italiano -, nel piccolo museo di Villa Maria si possono ammirare altri oggetti molto interessanti, raccolti dalla famiglia nel corso dei secoli.
Che fine hanno fatto gli altri reperti, soprattutto il prezioso umbone? “Sono stati portati via dalla Soprintendenza – spiega il conte Rambaldo – Poco dopo sono stati esposti in una mostra sui longobardi, chissà dove sono adesso. Avevo spiegato che sarebbe stato giusto rimanessero a Farra, dove sono state ritrovate, per farne un museo ma non vi fu verso”.
Attorno alla tomba dei due guerrieri ritrovati a Farra di Soligo è nata una leggenda: si dice che le loro anime sgattaiolino dalle loro tombe per parlare ai vivi e che corrano tra le vigne per ricordare che un pezzetto di paese appartiene ancora a loro.
Autore: Flavio Giuliano
Fonte: www.qdpnews.it, 23 ago 2020