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ETIOPIA. Lo strano piede dei cugini di Lucy.

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Il rapporto fra sviluppo dell’andatura bipede ed evoluzione dei nostri antenati non è stato così lineare come finora ipotizzato. La scoperta di nuovi fossili suggerisce che, tra i tre e i quattro milioni di anni fa, nella regione dell’Etiopia in cui viveva Lucy fosse presente più di una specie di ominidi, ciascuna delle quali aveva sviluppato un proprio modo di muoversi.
Il bipedismo è considerato un momento di svolta determinante nell’indirizzare l’essere umano lungo un cammino evolutivo che lo ha nettamente distinto dal lignaggio degli scimpanzé. Per la ricostruzione dell’evoluzione di questa capacità sono estremamente importanti i reperti fossili relativi alla struttura del piede, che però, purtroppo, sono molto più rari di quelli di altre strutture anatomiche, sia per la loro relativa fragilità sia perché facilmente oggetto di attenzione di predatori, sia ancora per peculiarità intrinseche dei processi di fossilizzazione.
La recente scoperta di reperti di ossa del piede di un ominide dell’Africa orientale da parte di ricercatori del Cleveland Museum of Natural History, della Case Western Reserve University e dell’Università di Addis Abeba riveste quindi un particolare significato nella ricostruzione di questa storia.
Come illustrato in un articolo pubblicato su “Nature”, a prima firma di Yohannes Haile-Selassie, l’importanza è ulteriormente aumentata dal fatto che la scoperta indica che all’inizio del tardo Pliocene, circa 3,4 milioni di anni fa, esistevano specie di ominini il cui adattamento alla locomozione differiva da quello del contemporaneo Australopithecus afarensis – la specie cui apparteneva la famosa Lucy – il cui piede è invece sostanzialmente confrontabile con quello dell’uomo moderno.
I piedi umani sono notevolmente diversi da quelli delle grandi scimmie sotto vari aspetti: per le lunghezze relative delle dita per la presenza di un calcagno strutturato, utile a colpire con forza la terra quando si cammina, la posizione dell’alluce e la presenza di un arco ben sviluppato che irrigidisce la metà del piede e trasferisce il peso verso la base dell’alluce.
Molte di queste caratteristiche distintive sono presenti anche nelle ossa del piede appartenenti a diverse specie di Australopithecus, vissute fra 4,4 e 3,1 milioni di anni fa. La carenza di fossili di piedi più antichi aveva indotto a ritenere che il piede simile a quello umano avesse fortemente diretto l’evoluzione dei primi ominidi, consentendo loro una vera camminata bipede, sia pure presente insieme ad alcune caratteristiche ancestrali.
Il piede fossile riportato alla luce e studiato da Haile-Selassie, indica che l’evoluzione dei primi ominidi non è stata così lineare come ritenuto finora: da un lato, sono evidenti caratteri che lo avvicinano a quello del più antico Ardipithecus, in particolare con la presenza di un alluce divergente, dall’altro esso presenta strutture tipiche di ominidi successivi che indicano un buon adattamento al bipedismo.
Il fossile è stato scoperto a Burtele, nella regione etiope dell’Afar, e comprende otto ossa, tutte appartenenti alla metà anteriore di un piede destro. Haile-Selassie e colleghi non hanno ancora assegnato il reperto a una particolare specie, dato che per effettuare una valutazione affidabile è necessario il ritrovamento di un maggior numero di fossili, ma le somiglianze con A. ramidus fanno sospettare che nella regione, oltre ad A. afarensis, si aggirassero anche altri ominidi capaci sia di camminare sia di arrampicarsi sugli alberi.

Fonte: Le Scienze.it, 28 marzo 2012

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