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ETIOPIA. I primi ominidi e la nascita dell’industria litica.

I nostri antenati usavano utensili in pietra in modo sistematico già prima di 2,58 milioni di anni fa. Ma l’uso di rudimentali strumenti litici è iniziato in un’epoca ancora più remota, in diverse occasioni e in diversi luoghi, in specie di primati più antiche. È quanto raccontano le pietre scheggiate scoperte a Bokol Dora, un sito archeologico in Etiopia, secondo l’analisi pubblicata sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” da un gruppo internazionale di ricerca guidati da Christopher Campisano, dell’Arizona State University. La scoperta aggiunge un nuovo importante tassello al complesso puzzle dell’origine del genere Homo in Africa e in particolare della nascita dell’industria litica.
Il problema per gli scienziati del settore è dover comporre un quadro coerente dei diversi ritrovamenti umani e litici, ognuno con la propria datazione. I paleoantropologi hanno posto un primo punto fermo nel 2013, quando hanno scoperto il più antico fossile attribuito al genere Homo: una mandibola risalente a 2,78 milioni di anni fa, rinvenuta nel sito di Ledi-Geraru, nella regione di Afar, non lontano da Bokol Dora.
Gli scavi effettuati nel 2011 nel sito di Lomekwi, in Kenya, avevano però riportato alla luce percussori risalenti a 3,3 milioni di anni fa, che rappresentano i più antichi strumenti in pietra mai scoperti. Questi strumenti sono quindi indizio di una più antica origine del genere Homo, oppure del fatto che la produzione di utensili non è esclusiva del genere umano, ma è anche attribuibile ad antenati più antichi di altri generi, come si può argomentare sulla base della constatazione che anche scimpanzé e altri primati fanno un uso rudimentale di attrezzi.
Queste scoperte recenti sono poi da mettere in relazione con le acquisizioni ormai storiche del complesso industriale olduvaiano, un insieme di utensili risalenti a circa 2,5 milioni di anni fa che prende il nome dalla gola di Olduvai, nel nord della Tanzania, dove sono stati scoperti. Sempre all’industria olduvaiana sono attribuiti gli strumenti scoperti nel giacimento archeologico di Gona, in Etiopia, datati a 2,58-2,55 milioni di anni fa.
Ora arrivano i dati di Bokol Dora. Campisano e colleghi hanno effettuato la datazione dei reperti, basata in parte sull’analisi delle ceneri vulcaniche presenti nei sedimenti e in parte sulla “firma” magnetica dei sedimenti stessi, che conservano una registrazione dell’inversione della polarità del campo magnetico terrestre, avvenuta 2,58 milioni di anni fa. Gli autori hanno scoperto che i sedimenti del sito di Bokol Dora hanno una polarità “normale”, tipica del periodo precedente l’inversione, differente dalla polarità dei reperti di altri siti vicini, tipica del periodo successivo all’inversione. Le caratteristiche delle schegge, inoltre, sono molto lontane da quelle di Lomekwi e di quelle dei primati non umani.
La conclusione degli autori è dunque che gli utensili di  Bokol Dora siano in continuità con l’industria olduvaiana, mentre mancano indizi che possano indicare una connessione con quelle precedenti dell’industria lomekwiana. L’ipotesi è che l’uso di utensili sia un tratto generalizzato di molti primati, compresi gli antenati degli esseri umani, ed è emerso diverse volte nel nostro lontano passato. Tuttavia, gli strumenti dell’industria olduvaiana segnano una svolta epocale, avvenuta probabilmente in risposta a una trasformazione dell’ambiente di grandi proporzioni.
“Dato che le specie di primati di tutto il mondo usano abitualmente utensili di pietra per cercare nuove risorse, sembra altamente probabile che in tutta l’Africa differenti antenati abbiano trovato nuovi modi di usare strumenti litici per estrarre risorse dal proprio ambiente”, ha sottolineato David Braun, archeologo della George Washington University e autore principale dell’articolo. “Se la nostra ipotesi è corretta, ci aspetteremmo di trovare un qualche tipo di continuità in forma di artefatto dopo 2,6 milioni di anni fa, ma non prima di questo periodo di tempo: per una conferma, abbiamo bisogno di trovare altri siti e altri utensili”.

Fonte: www.lescienze.it, 4 giu 2019

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