Il ritorno in patria della stele di Axum non mette la parola fine alla storia infinita del millenario monumento in pietra basaltica, alto 24 metri e pesante 160 tonnellate, appena riconsegnato dall’Italia all’Etiopia dopo 68 anni e molte polemiche (la restituzione era prevista già dagli accordi di pace del ’47).
La preoccupazione maggiore, ora, è di natura tecnica, e riguarda la corretta ricollocazione dell’antico obelisco funerario nel sito archeologico originario, sede di una preziosa necropoli reale solo in parte scavata, oltre dieci anni fa, dopo la sua scoperta negli anni Settanta da parte di una missione archeologica inglese. Ed è di ieri la notizia che un gruppo di studiosi dell’Unesco, con la consulenza dell’archeologo Rodolfo Fattovich – ordinario di Archeologia e antichità etiopiche presso l’università “L’Orientale” di Napoli, unica al mondo a detenere il primato di tale specializzazione – ha compiuto una serie di prospezioni proprio ad Axum, la città santa etiope ricca di leggende e di splendidi monumenti, già capitale dall’inizio del I secolo di un regno esteso dalla valle del Nilo fino al Mar Rosso, in un’area che per settecento anni rappresentò il crocevia nevralgico tra Egitto, Africa orientale e Oriente.
L’equipe dell’Unesco – che ha non a caso proclamato Axum patrimonio culturale dell’umanità – ha effettuato il sopralluogo intorno alla zona dove dovrebbe essere reinstallata la stele funeraria appunto in vista del rientro dell’obelisco, portato via in tre tronconi – così come giaceva al suolo -, dalle truppe di occupazione italiane nel ’37, quindi eretto a Roma, in occasione del XV anniversario della marcia sulla capitale, dinanzi all’allora ministero dell’Africa Orientale Italiana – poi sede della Fao – restandovi, dimenticato, aggredita dall’inquinamento e ferito dai fulmini, fino a due anni fa.
E secondo un lancio di agenzia, dalle prospezioni non distruttive (i dati raccolti dai georadar e dagli elettrotomografi sarebbero allo studio di un laboratorio dell’Università La Sapienza di Roma) sarebbe emersa una vasta area archeologica con sale funerarie che fanno pensare a una necropoli reale di diverse dinastie in epoca precristiana estesa molto al di là degli attuali limiti dell’area archeologica.
Dagli Stati Uniti dove è stato invitato per una conferenza, il professor Fattovich precisa: “L’Unesco non ha fatto alcuna scoperta. L’esistenza di tombe reali nell’area della stele è conosciuta da oltre trent’anni e le maggiori sono state scavate oltre dieci anni fa. Sono state solo rilevate le posizioni di alcune tombe, già note, che potrebbero essere a rischio in seguito alla ricollocazione dell’obelisco”.
In che consistono i rischi? Secondo gli studiosi, il reticolo articolato e complesso di cunicoli che ospitano tombe e ipogei reali, segnalati in superficie appunto da obelischi funerari come quello appena restituito dall’Italia e diventato simbolo dell’unità etiopica (e che, come gli altri monoliti funebri sparsi nel sito storico con ornamenti raffiguranti edifici di tipo sudarabico, rappresenta un palazzo reale, simbolo dell’autorità regale) potrebbe mettere a repentaglio la stabilità della stele stessa, una volta ricollocata nella sua integrità; per non parlare del pericolo di crolli o della conseguente necessità, per rafforzare l’area, di riempire eventualmente di cemento tombe precristiane, con un’operazione indubbiamente discutibile, oltre che controversa. Insomma, chissà se per l’autunno inoltrato – queste le previsioni divulgate dai media – la stele di Axum potrà tornare a svettare sulla leggendaria area archeologica piena di jacarande e buganvilee e sede, nell’immaginario collettivo, della mitica regina di Saba, che qui diede alla luce suo figlio Menelik I, nato dalla relazione con re Salomone.
Se lo aspettano, di certo, gli etiopi in festa, che hanno accolto l’agognato ritorno tra balli canti e discorsi ufficiali delle autorità – tra gli altri, quello del presidente della Repubblica Girma Wolde Giorgis, e del premier Meles Zenawi, uomo forte del Paese dove si voterà a metà maggio -. L’ultima parola operativa per la risistemazione dell’area spetta però agli archeologi ed esperti.
Fonte: Il Mattino 27/04/05
Autore: Donatella Trotta