Al tramonto, i raggi del sole filtreranno attraverso pannelli serigrafati, riproducendo sul pavimento originario i nomi delle vittime del Vajont e gli antichi affreschi scomparsi nel disastro: è la caratteristica più significativa del memoriale di San Martino, inaugurato ieri a Erto.
La struttura in acciaio e vetro vuole essere un richiamo alla chiesetta della borgata distrutta la notte del 9 ottobre 1963: da allora la popolazione ne reclamava la ricostruzione, ma era impossibile procedere con un progetto tradizionale. Il luogo è infatti dichiarato pericoloso per eventuali frane e così si è ripiegato su quello che ieri il vescovo di Concordia-Pordenone, monsignor Giuseppe Pellegrini, ha definito «l’involucro della chiesa. Non sarà un tempietto o un’ancona votiva, ma un monito perenne a noi e a chi verrà dopo di noi – ha detto il presule durante la benedizione –. L’edificio di cui dopo la tragedia conserviamo solo le piastrelle è affidato al patrono San Sebastiano, mentre il memoriale è dedicato ai defunti del Vajont e a chi lavorò per la rinascita. Questa giornata ci insegna che nella vita occorre sempre un duplice rispetto: per l’uomo e per l’ambiente».
Il sindaco di Erto e Casso, Fernando Carrara, ha parlato del futuro dell’area che a breve sarà illuminata e ulteriormente sistemata. Verrà ripristinata la vecchia strada postale che attraversava il sito e qui saranno depositati i cimeli del disastro recuperati nei prati della valle.
«Non scorderemo mai chi ha lottato perché potessimo toccare con mano la nostra storia. Tra loro, qui presente, il parroco don Eugenio Biscontin, e il predecessore don Matteo Pasut, oggi indisposto», ha concluso Carrara.
In prima fila, tra residenti e fedeli, i sindaci di Vajont e Longarone (rispettivamente Lavinia Corona e Roberto Padrin), il deputato Vannia Gava, il consigliere regionale Stefano Turchet e i rappresentanti dell’Enel. L’architetto Carla Sacchi e un’archeologa della Soprintendenza di Udine hanno esposto dal punto di vista tecnico in cosa sono consistiti i lavori di recupero del sito e il successivo riassetto. Un minuto di silenzio è stato infine osservato per la famiglia Cimolai, che ha materialmente costruito il manufatto in ferro e che venerdì sera è stata colpita da un grave lutto.
Autore: Fabiano Filippin
Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 20 set 2020