Una ulteriore, straordinaria, scoperta, questa appena restituita dagli scavi in corso, presso il Parco Archeologico di Ercolano, e che segue di un paio di giorni la “sorpresa” svelata, nell’area centrale della quasi contigua Pompei (insula 10 della Regio IX), di una nuova Villa dei Misteri, dove è emerso un fregio megalografico del I secolo d.C., di riti dionisiaci.
Quando si dice il caso concomitante. Circa la “novità”, si tratta del materiale cerebrale (e spinale) vetrificato, “unico esempio conosciuto al mondo”, di una vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., colpita secondo lo studio da una nube di cenere ardente, finissima, con temperature superiori ai 510°C.
Nel caso di specie, si parla del cranio di un giovane adulto, ritrovato nel Collegium Augustalium, rivelando infatti una trasformazione eccezionale, mai osservata prima su resti umani.
In natura, il vetro si forma solo in condizioni particolari, con un raffreddamento rapidissimo che impedisce la cristallizzazione, mentre è ancora più raro che ciò avvenga con materiale organico, ricco di acqua. Eppure, grazie ad un team di ricerca italo-tedesco, guidato dal vulcanologo Guido Giordano dell’Università Roma Tre, è stato possibile ricostruire l’eccezionale processo, che ha portato alla conservazione del cervello in forma appunto vetrificata.
<<L’impatto termico fu terribile e mortale, spiega Giordano, ma durò abbastanza poco da permettere la conservazione del cervello. Il successivo raffreddamento fulmineo ha innescato la trasformazione in vetro. Il vetro che si e formato come risultato di questo processo ha permesso una preservazione integrale del materiale cerebrale e delle sue microstrutture>>.
Il gruppo di ricerca, composto da esperti di diverse istituzioni italiane e tedesche, tra cui: Alessandra Pensa (Roma Tre e Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Italia), Alessandro Vona (Roma Tre, Italia), Danilo Di Genova (CNR-ISSMC Istituto di Scienza, Tecnologia e Sostenibilita per lo sviluppo dei Materiali Ceramici, Italia), Raschid Al-Mukadam (Technische Universitat Clausthal, Germania), Claudia Romano (Roma Tre, Italia), Joachim Deubener (Technische Universitat Clausthal, Germania), Alessandro Frontoni (Roma Tre, Italia), Pier Paolo Petrone (Universita di Napoli Federico II, Italia), ha ricostruito lo scenario che ha reso possibile la straordinaria vetrificazione del materiale cerebrale.
Gli studiosi hanno escluso che il processo sia avvenuto a causa dei flussi piroclastici che hanno sepolto la città, poiché le loro temperature (non oltre i 465°C), e il lento raffreddamento, avrebbero distrutto completamente il tessuto organico. La scoperta appena pubblicata sul New England Journal of Medicine (NEJM), rappresenta un traguardo scientifico di eccezionale valore. In primo luogo, perché la conservazione di tessuto cerebrale è un evento molto raro in ambito archeologico, e poi perché il materiale in questione è vetrificato: trasformato dal calore estremo in frammenti simili ad ossidiana (un vetro vulcanico), ma molto più fragili.
La prima pubblicazione scientifica, sulla eccezionale scoperta di materia cerebrale, effetto del calore prodotto dalla drammatica eruzione, si è avuta nel gennaio 2020, a cura del succitato NEJM, quale esito di un lavoro davvero capillare, tra analisi di microscopio elettronico del “cervello vetrificato”, che sono state, più di recente, combinate con le sperimentazioni in laboratorio, fornendo nuove informazioni sulle “condizioni uniche”, verificatesi durante l’eruzione.
Inoltre, gli studi scientifici sulle vittime di Ercolano si basano ancora sulla scoperta, nei primi anni Ottanta, di centinaia di scheletri di persone, in fuga sulla spiaggia ed una serie di camere sul lungomare, il tutto fissato in un’ultima posizione delle micidiali correnti piroclastiche in arrivo.
Insomma, l’archeologia e l’antropologia si intrecciano e si completano: mentre la prima si concentra sulle metodologie di scavo (conservazione dell’area, recupero di campioni e così via), l’altra studia le relazioni che “caratterizzano un individuo”, al fine di ricostruirne non solo un profilo biometrico, ma anche le attività svolte in vita e le tracce di queste sui tessuti.
Non più solo misteri, dunque, circa gli effetti della tragica eruzione del Vesuvio e sulle cause di luttuosa devastazione, che ne seguì. Senza dare scampo, purtroppo.
Autore: Gennaro D’Orio – doriogennaro@libero.it