Sono carbonizzati, accartocciati, fragilissimi, ed è quasi impossibile srotolarli senza comprometterli ulteriormente. Ora, grazie a una competizione internazionale e all’intelligenza artificiale, è stato possibile scoprire frammenti dei tesori letterari custoditi da questi antichi rotoli, senza doverli aprire.
Raramente un momento di grande rilievo può essere sintetizzato in una sola parola, ma a volte succede. È πορϕυρας, “porpora” in greco. È la prima parola a essere letta da uno dei più compromessi papiri di Ercolano, la collezione di rotoli scoperti quasi tre secoli fa durante gli scavi di Ercolano. Per quasi 300 anni centinaia di esperti avevano tentato di svolgerli per rivelarne il testo, spesso con risultati disastrosi (danneggiando ulteriormente i rotoli già carbonizzati e fragili).
A riuscirci è stato ora un ventunenne, Luke Farritor, grazie a un algoritmo di intelligenza artificiale nell’ambito della Vesuvius Challenge, una sfida a premi aperta a tutti per rivelare la scrittura usando il meglio delle attuali tecnologie su questi preziosi scritti, copie uniche di testi di cui si era persa la memoria. Nel gruppo della Vesuvius Challenge ci sono anche i papirologi italiani Federica Nicolardi, dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II,” e Gianluca Del Mastro, dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
La scoperta dei cosiddetti papiri di Ercolano risale al 1752, durante una campagna di scavi avviata dal re di Napoli Carlo di Borbone negli spazi di una villa romana, detta Villa dei Papiri proprio per la scoperta di questi preziosi manufatti. Si tratta di papiri che facevano parte di una biblioteca all’interno della villa che furono carbonizzati dal calore dei flussi piroclastici dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., ma la scarsità di ossigeno e la successiva copertura della villa da parte di fango, cenere e detriti permise la conservazione di parte dei rotoli. Una scoperta dall’eccezionale valore storico che permetteva di accedere a un’intera collezione di testi antichi, circa 900 rotoli, che ci è giunta però in condizioni molto difficili.
Molti dei rotoli sono stati letti e pubblicati da filologi e papirologi fin dalla metà del Settecento. Dai testi greci trovati è stato possibile capire che si trattava di una biblioteca composta principalmente da testi epicurei, per buona parte unici del loro genere che non erano stati “tradotti” dalla produzione medievale e dunque non erano mai giunti a noi. Uno dei primi studiosi a tentare di aprire i papiri fu il gesuita padre Antonio Piaggio, che inventò una macchina che si rivelò fondamentale. Tuttavia, solo alcuni rotoli risultarono “srotolabili” e, anche con tecniche più innovative, i tentativi portarono spesso a rompere, frammentare e danneggiare i rotoli.
“Generalmente i rotoli venivano scorzati, ossia se ne rimuovevano le porzioni più esterne e danneggiate, fino a raggiungere la parte centrale, il cosiddetto midollo, in migliori condizioni, che veniva poi srotolata”, ha spiegato Nicolardi. Questi metodi hanno permesso di leggere alcune porzioni di testi ma hanno ovviamente danneggiato altre parti e fatto incrementare notevolmente il numero di frammenti oggi classificati e non sempre ben catalogati.
Nell’ultimo ventennio sono iniziati gli esperimenti per la lettura dei rotoli chiusi, dopo averli sottoposti a scansione attraverso tomografia, ma una delle maggiori difficoltà restava nell’identificazione dell’inchiostro perché, a differenza degli inchiostri di altre tipologie di manoscritti, quello usato nei papiri di Ercolano era povero di elementi metallici.
“I rotoli letterari antichi, a differenza di quelli medievali, venivano scritti in senso orizzontale, ordinando il testo in colonne di ampiezza piuttosto regolare”, ha spiegato la papirologa italiana. “Nella biblioteca della Villa i rotoli – ha aggiunto – si estendevano in media per 9-12 metri, anche se non mancavano rotoli di 15 metri o addirittura oltre. Ciascuna colonna conteneva circa 30-40 linee e nel complesso ogni rotolo conteneva oltre un centinaio di colonne, anche fino a circa 250. Infine, a conclusione del testo, nella parte più protetta centrale, si trovano di solito il titolo dell’opera e l’autore”.
“Il traguardo raggiunto nell’ambito di Vesuvius Challenge vede le sue premesse in sforzi compiuti da ricercatori da quasi vent’anni”, ha spiegato Nicolardi. “Già nel 2005-2006 il professor Brent Seales dell’Università del Kentucky aveva iniziato a rincorrere il sogno dello svolgimento virtuale e anche altre équipe tentavano di farlo con indagini tomografiche ma non si riusciva individuare le colonne. Fino a quando il gruppo di Brent Seales negli anni scorsi ha dimostrato l’utilità di un approccio usando l’intelligenza artificiale.”
Già da tempo, infatti, l’uso delle più avanzate tecnologie derivate dalla fisica delle particelle ha trovato in questi anni applicazione nel campo dei testi antichi o altri manufatti che sono quasi impossibili da leggere oppure per ricostruirne la storia, per esempio le modifiche intervenute nel corso della realizzazione oppure quelle dovute a restauri troppo “invasivi”. Ma con i papiri di Ercolano la sfida era ben più complessa: problemi come la carbonizzazione dei rotoli, la non sempre perfetta conservazione dei manufatti, l’inchiostro con scarsa presenza di metalli rendevano il lavoro di lettura degli originali mai svolti quasi impossibile.
“Molti dei papiri della collezione sono ben diversi da quel che uno si immagina parlando di rotoli. Molti rotoli risultano compressi e corrugati, anche solo identificare la linea di avvolgimento del papiro è difficilissimo”, ha sottolineato Nicolardi. Primo obiettivo dello svolgimento virtuale era l’individuazione della superficie di scrittura, solo in seguito sarebbe stato possibile provare a identificare le tracce di inchiostro su fogli di fatto bruciati.
“La svolta è arrivata dall’idea di lanciare una competizione internazionale, la Vesuvius Challenge, ideata da Nat Friedman e Seales e aperta a tutti, anche a giovani non inseriti nel mondo accademico.” Una sfida strutturata con premi di vario livello, il più rilevante di ben 700.000 dollari per il primo capace di leggere quattro o più passaggi da uno dei rotoli “impossibili”. I primi successi sono iniziati ad arrivare a metà anno ma la grande svolta è arrivata il 12 ottobre con l’annuncio della vera prima parola.
A riuscirci – leggendo più di 10 caratteri in un’area di 4 centimetri quadrati di uno dei rotoli conservati a Parigi presso l’Institut de France, parte di un gruppo di papiri donati da Ferdinando IV a Napoleone Bonaparte – è stato, appunto, Luke Farritor, studente dell’Università del Nebraska a Lincoln, a cui sono stati riconosciuti 40.000 dollari. Sempre un giovanissimo, Youssef Nader della Freie Universität di Berlino, ha ricevuto invece 10.000 dollari per essere arrivato secondo ed è suo il lavoro che ha successivamente rivelato altre porzioni di colonne precedenti a quella in cui è stata individuata la prima parola . La prima parola a comparire è stata πορϕυρας (porphyras), porpora.
“Nell’ambito della Vesuvius Challenge noi papirologi abbiamo contribuito alla valutazione dei risultati”, ha aggiunto Nicolardi. “Insieme alle indagini tecniche del gruppo informatico, le nostre verifiche servono a confermare che le tracce identificate usando gli algoritmi siano realmente tracce di inchiostro e non semplice rumore. La presenza di segni anche non alfabetici, per esempio quelli di interpunzione, ci confermano la correttezza delle letture”.
“La velocità con cui si è andati migliorando è impressionante, in pochi giorni abbiamo avuto incredibili progressi. In due giorni siamo passati da leggere una parola a leggere almeno quattro righe di quattro colonne consecutive”, ha aggiunto la ricercatrice. Una volta identificati i metodi migliori, la trascrizione potrebbe procedere rapidissima: “Credo che realisticamente potremmo riuscire a leggere buona parte del rotolo nel giro di mesi”. Ma ovviamente la Vesuvius Challenge non si concluderà qui, obiettivo finale sarà quello di tornare a poter leggere i circa 200-300 rotoli finora considerati impossibili e scoprire testi di cui non si aveva traccia da 2000 anni. “Realisticamente parlando ci aspettiamo di trovare altri testi epicurei, in linea con quelli del resto della collezione della villa. Questo permetterà di approfondire la nostra conoscenza di questa e delle altre filosofie ellenistiche, che per molti aspetti sono ancora poco note.” Si tratterà in ogni caso di un patrimonio di inestimabile valore culturale. Proprio la Villa dei Papiri ci ha permesso di conoscere per la prima volta ampie porzioni di molti libri del De Natura di Epicuro, uno dei più influenti filosofi dell’antichità, la cui opera capitale non era stata trasmessa dalla tradizione manoscritta medievale. “Confidiamo – ha concluso Nicolardi – di poter trovare altre porzioni dei testi di Epicuro e chissà, magari anche qualche altro testo inatteso e sconosciuto.”
Autore: Leonardo De Cosmo
Fonte: www.lescienze.it 25 ott 2023