“Le stele di Rosetta abbondano e rischiano di moltiplicarsi: già altre due sono venute alla luce e altre non tarderanno a essere trovate in numerosi templi egizi. Questo mi spinge a criticare Zahi Hawass (Direttore del Consiglio Supremo delle Antichità in Egitto, n.d.r.), che si ostina a reclamare quella conservata al British Museum di Londra“.
A lanciare questa singolare provocazione è Bassam el Shammaa, archeologo egiziano con un curriculum di studi e di scavi di tutta eccellenza e oramai rivale dichiarato di Hawass, fino ad ora arbitro unico dell’Archeologia in riva al Nilo e unico a scegliere dove e chi deve operare sui siti in Egitto.
Una simile, inaspettata uscita è spiegata dal rinvenimento presso l’antico sito di Canopo (oggi Abukir, 25 km ad est di Alessandria) di due stele riportanti lo stesso testo della pietra di Rosetta, nei medesimi alfabeti antichi (greco, demotico e geroglifico, questi ultimi due utilizzati, in periodi diversi per esprimere l’antico idioma dei faraoni).
Un tale ritrovamento non deve certo stupire: il testo riportato dalle varie lastre è un decreto regio, emesso in onore del faraone Tolomeo V Epifane (196 a.C.) in occasione del primo anniversario della sua incoronazione.
L’epigrafe contiene tutti i benefici resi al Paese dal sovrano, le tasse da lui abrogate, e la conseguente decisione da parte del clero di erigere in tutti i templi egizi una statua in suo onore, e numerose statue d’oro da collocare accanto a quelle degli dei, e di indire festeggiamenti in omaggio allo stesso monarca; il decreto – stabilirono i sacerdoti – doveva essere esposto in ogni luogo di culto e “nella scrittura delle parole degli déi (geroglifici), nella scrittura del popolo (demotico) e in quella greca”; trattandosi poi di un decreto governativo di assoluta pregnanza, in quanto celebrativo del sovrano e dunque pensato per durare, esso non è stato vergato su papiro, ma gravato su granito, a garantirne lunga durata: questo spiega le speranze degli antichisti di trovarne altri simili.
“E’ ovvio – fa dunque osservare el Shammaa – che non ci sia da stupirsi di fronte a scoperte di altre copie del testo di Rosetta. Altre ancora a ben cercare nei penetrali (le parti più recondite) di templi e santuari verranno recuperate a evidenziare la portata nazionale di un simile onore, tributato a un sovrano macedone, considerato tuttavia alla stregua degli antichi faraoni“.
Inoltre le epigrafi ritrovate riportano lo scritto nella sua totalità, a integrare così le lacune presenti nella stele di Rosetta, che comunque rimane la più famosa e antica, ritrovata alla fine del XVIII secolo e dal 1802 esposta appunto nel Museo londinese.
Stele – è cosa nota tra gli studiosi e gli appassionati – che permise a Thomas Young e soprattutto a Jean François Champollion (1826) di decifrare il geroglifico, potendolo comparare con un testo uguale, riportato in greco antico e prontamente tradotto; pian piano ogni glifo, ogni segno venne associato a un termine o un concetto espresso in greco e a noi noto e il mistero dell’antica lingua dei faraoni trovò soluzione.
E’ subito divampata la polemica tra studiosi, con Hawass che insiste sulle proprie posizioni, facendo notare l’importanza simbolica della pietra di Rosetta (“pur meno completa è in qualche modo da considerarsi il punto di partenza di tutti gli studi dell’Egittologia moderna: è più che lecito pretendere che essa sia riportata in Egitto, dove è stata prodotta e trovata!”) e minacciando di sospendere gli scavi dei ricercatori britannici in caso di mancata restituzione.
Gli osservatori comunque parlano di dichiarazioni da parte di Hawass eccessive e pretestuose, finalizzate ancora una volta a cercare di guadagnare la ribalta mediatica.
Fonte: Il Sole – 24 Ore 05/11/2008
Autore: Aristide Malnati
Cronologia: Egittologia