Nell’ultimo mese il Ministero delle Antichità egiziano ha reso nota una serie di scoperte nelle più importanti aree archeologiche dell’Egitto. Annunciando il rinvenimento di una nuova necropoli a Giza, il ministro delle Antichità Khaled El-Anany ha affermato che «i più recenti ritrovamenti hanno un valore scientifico, ma sono importanti anche per la promozione dell’Egitto poiché mostrano al mondo intero la vera immagine del Paese e del suo potenziale».
A sud-est della piana di Giza sono state riportate alla luce una serie di tombe dell’Antico Regno. Le più importanti appartengono a Pehuenkai e Nwi, due sacerdoti addetti al culto postumo del sovrano Chefren, vissuti nella II metà della V dinastia (XXV-XXIV secolo a.C.). I sepolcri erano stati riutilizzati in epoca successiva e al loro interno sono stati ritrovati sarcofagi dipinti e altri oggetti di corredo funerario databili al VII secolo a.C. A Saqqara è stata invece annunciata la scoperta della mastaba del dignitario Khuy, di epoca di poco posteriore alle precedenti.
Degna di nota è l’anticamera che precede la camera sepolcrale: le sue pareti, nella foto, sono dipinte con scene che hanno mantenuto colori inalterati fino ai giorni nostri, soprattutto scene relative alla ricezione di offerte da parte del proprietario. L’uso della pittura è notevole e prevede tentativi ben riusciti di sfumare le tinte che anticipano soluzioni stilistiche di epoca successiva.
La rimozione di centinaia di tonnellate di detriti ha invece permesso di riportare alla luce sulla riva ovest di Tebe una tomba «a saff» (parola araba per «portico») che con i suoi 55 metri di facciata è a tutt’oggi la più estesa tra quelle conosciute. Realizzata tra il XVII e il XVI secolo a.C., apparteneva a un funzionario di nome Djehuty-shedsu. Le pareti dei pilastri del portico sono dipinte con scene tratte dalla vita di tutti i giorni.
Autore: Francesco Tiradritti
Fonte: Il Giornale dell’Arte numero 398, giugno 2019