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EGITTO. Nuovo scandalo sotto il sole egiziano.

Si tratta di una vergogna ancora una volta legata all’attività archeologica a Tebtynis (nell’oasi del Fayum, a 120 km sud-ovest del Cairo), dove dal 1988 opera una missione internazionale a direzione italiana (Università Statale di Milano).
Ebbene i nostri provetti Indiana-Jones, nella convinzione di portare a termine l’esplorazione sistematica di questo importante sito greco-romano e bizantino-islamico (IV secolo a . C. – XIV sec. d. C.), non si sono fatti scrupoli di violare – anzi di massacrare archeologicamente — un’area cimiteriale di epoca tarda e dunque verosimilmente cristiana e islamica.
I responsabili di un simile scempio – scempio prima di tutto morale, che infrange la pietas con cui quei poveri corpi sono stati religiosamente sepolti – ammettono e quasi vantano come un risultato scientifico degno di menzione la loro ignobile azione di sciacallaggio; nell’ultimo rendiconto di scavo pubblicato sul numero 106 del Bifao (Bulletin de l’Institut Français d’Archéologie Orientale) gli autori dello scavo rivelano candidamente che sono stati riportati alla luce numerosi corpi di neonati in strati interni all’abitato.
Il contesto archeologico, databile (a quanto si evince) dal VII al X secolo della nostra era, ci permette dunque di capire che i neonati appartenevano a una società e a famiglie di religione cristiana e islamica. Insomma par di arguire che è stata violata un’area di sepoltura cristiana e islamica e che è stata infranta in questo modo la pietas religiosa, legata al culto dei morti di queste due religioni.
Chi scrive ha operato in qualità di studente-assistente sullo scavo incriminato e ha potuto rilevare che già durante le campagne della prima metà degli anni ’90 gli archeologi non hanno esitato minimamente a violare aree cimiteriali: la necropoli greco-romana a sud dell’abitato è stata esplorata in gran parte della sua estensione e centinaia di poveri corpi sono stati estratti, sistemati in anonime casse di leg no e lasciati nei magazzini a fianco della zona archeologica. Non sono al corrente se nel frattempo siano marciti, decomposti dagli agenti atmosferici o se siano stati conservati a dovere; rimane comunque un fatto grave e intollerabile che in nome di un’arida pseudoscienza, nel tentativo di scarsa importanza di determinare la dieta e le patologie di migliaia di cittadini comuni, si violino cimiteri sacri e si deturpino cadaveri debitamente imbalsamati e interrati con tutte le cautele. Questo va considerato ancor più grave alla luce delle continue perplessità espresse da eminenti studiosi, sia atei sia aderenti a tutte e tre le grandi religioni monoteiste.
Già Sadat, anche se per evidenti calcoli politici, aveva deciso per un certo periodo di tempo di non esporre alla morbosa curiosità dei turisti le mummie dei grandi d’Egitto trovate nella Valle dei re; in tempi recenti si è poi tenuto un summit archeologico a Gerusalemme (di cui riferimmo su questo giornale), in cui si formulava piena condanna morale al devastare con un’azione sistematica le necropoli; in particolare le aree sepolcrali di religioni ancora vive e praticate in quelle regioni.
Abbiamo chiesto una spiegazione plausibile al direttore dello scavo di Tebtynis, ma ad oggi non abbiamo ottenuto risposta alcuna. Sarebbe interessante ricevere in merito l’opinione di Enrico Decleva, rettore della Statale, sempre animato da principi irreprensibili nelle proprie attività alla testa dell’ateneo milanese; o di Zahi Hawass, celebre direttore del Supremo consiglio delle antichità in Egitto, e come tale responsabile ultimo dell’intera attività archeologica in Egitto, da sempre paladino di scavi non invasivi e rispettosi di principi secolari.
La scavo a Tebtynis si è distinto per una serie di rinvenimenti importanti, come due finestre in sicomoro complete di ante o una cisterna e i bagni pubblici nel quartiere ellenistico; ma si è anche connotato per un inspiegabile ritardo nelle pubblicazioni scientifiche.
A tutt’ogg i sono state edite solo due monografie archeologiche, relative al tempio del dio coccodrillo e ad edifici scoperti nelle campagne del 1988 e 1989. Poi, più niente!
Per non parlare del materiale scritto: solo una decina scarsa di papiri in greco antico sui 10.000 recuperati (tra cui l’importante papiro con un trattato di filosofia stoica). Il lavoro a Tebtynis si è anche tristemente segnalato per i maltrattamenti agli operai egiziani, incessantemente percossi con un giunco dai rais per accelerare i ritmi di lavoro. 

 


Fonte: AV Avvenire 24/08/2007
Autore: Aristide Malnati
Cronologia: Egittologia

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