Incisioni e graffiti di croci, calici, date e figure umane estremamente stilizzati talvolta con una grande croce in mano, sono l’oggetto dei sopralluoghi effettuatisi a Laterza in provincia di Taranto, località Iazzo di Cristo, e a Matera, ormai noto gioiello patrimonio dell’umanità e capitale europea della cultura, presso il canale Cecere. Entrambi i luoghi si ubicano distanti, ai confini con il territorio di Ginosa (Ta).
Siamo ai margini della murgia tarantina e materana, una piattaforma calcarea mesozoica, elevati a più di 300 metri sul livello del mare, nella Terra delle Gravine. Al primo sopralluogo le due distinte cavità furono battezzate in merito ai soggetti rappresentati nei graffiti e nelle incisioni. La prima grotta dell’Orante, a Laterza; l’altra grotta della Famiglia, a Matera. Si tratta di due ipogei scavati dall’uomo nella tenera roccia calcarenitica, il primo alla base di una poderosa masseria i cui resti più antichi si riferirebbero tra ‘500-‘600. La seconda in un piccolo villaggio rupestre sulle ripide pareti di una gravina.
La grotta dell’Orante raccoglie sulle pareti un’abbondante quantità di rappresentazioni, suddivisibili in calici a coppa e a scudo a volte con croce inscritta, croci a forma di candelabri, croci inscritte in perfette circonferenze, date (1903), e rappresentazioni umane, tra le quali quella di un’orante con le braccia e le mani dispiegate, la bocca aperta e una croce nella mano sinistra, quasi fosse in preghiera.
All’esterno si rinvengono tracce di frequentazioni preistoriche, con i resti in superficie di industria litica riferibili al Paleolitico.
Una moneta di bronzo, un Tornese del 1647 in deposizione secondaria in un piccolo vano scavato nella grotticella, con ogni probabilità “potrebbe” riferirsi al periodo di frequentazione della masseria.
La grotta della Famiglia, invece, riproduce alcuni dei motivi già presenti nella precedente, con antropomorfi stilizzati con le braccia e le mani levate in alto, col volto privo o con connotati. Un gruppo di quattro frecce antropomorfe nel loro insieme è stato suggestivamente interpretato dagli scopritori dei due ipogei come una famiglia, donde il nome della grotta. Anche qui, ai confini con Ginosa, non mancano frequentazioni preistoriche individuate in superficie con la più frequente industria litica di località Palombaro, già documentata.
Queste rappresentazioni sono difficilmente databili, nonostante alcune riportino delle date (1903), supponendone a ragione la loro non contemporaneità in un lungo utilizzo delle due cavità. Tuttavia si è del parere che siano espressione di comunità strettamente legate all’ambiente agropastorale dell’habitat rupestre, non necessariamente da individuare nell’eremita, piuttosto anche nella figura del pastore: d’altronde le due cavità sono site lungo un antico tratturo calcato dai pastori; la solitudine durante le sue trasferte, come quella dell’eremita, potrebbe averlo portato al graffire e incidere segni per lui rassicurativi legati alla fede, alla famiglia e al quotidiano.
Siamo di fronte a un esempio di iniziale indagine di archeologia moderna. I valori storico, archeologico e antropologico di quelle rappresentazioni, attribuite a ridenti genti che fino a non molti secoli fa vivevano ancora e orgogliosamente il loro medioevo, sono la diretta trasposizione di un modo di vivere l’habitat delle gravine.
Le due cavità artificiali sono state scoperte nell’autunno dello scorso anno dai fratelli Gianni e Piero De Tommaso di Ginosa, durante le loro abituali attività di tracking.
Il censimento dei motivi incisi e graffiti avverrà nel dettaglio questo autunno, con una campagna dedicata a rilevare tutti i graffiti presenti nelle due cavità.
È possibile scaricare il breve rapporto di sopralluogo allegato alla rivista, in un formato scientifico realizzato dagli autori, al contempo piacevole da consultare.
Vedi allegato: Grotta dell Orante e Grotta della Famiglia