Nell’autunno del 1922, nel rione S. Erasmo di Santa Maria Capua Vetere, nel corso di lavori per lo scavo di un pozzo, venne alla luce un’ampia struttura sotterranea, con le pareti figurate e la volta dipinta, dedicata al culto di Mitra, antica divinità di origine persiana.
Datato al II sec. d. C., il mitreo è uno dei pochi che rechi la tauroctonia di Mitra in affresco, in quanto la maggior parte di quelli esistenti raffigurano la scena scolpita a bassorilievo.
Da una prima sala, che funge da vestibolo, dove sembra che avessero luogo i riti di iniziazione e la preparazione dei pasti rituali, si accede all’aula cultuale, un unico vano rettangolare allungato, coperto a volta con stelle alternativamente rosse e blu su uno sfondo giallastro. In fondo è collocato l’altare in muratura, rivestito di stucco dipinto in rosso e sormontato dall’immagine del dio nell’atto di uccidere il toro.
Dall’altare, lungo le pareti laterali sono addossati i banconi in muratura, dove probabilmente sedevano gli iniziati durante le cerimonie sacre.
L’interesse maggiore della cripta consiste nella tauroctonia. Il grande affresco semicircolare (diametro di base 3,40 m e altezza 2,70 m) è incorniciato da una sottile striscia verde dello spessore di un paio di centimetri e, nella parte inferiore, da una fascia alta 0,40 m, dipinta ad imitazione del marmo antico.
E’ raffigurata una grotta circondata da massi, dipinta in colore brunastro sullo sfondo, che si distacca sul cielo azzurro chiaro. Al centro spicca la figura del giovane dio in costume orientale e berretto frigio, rappresentato nell’atto di immergere la spada nella cervice di un bianco toro. Con il ginocchio destro poggiato sulla groppa e il piede sulla coscia, il nume con la sinistra trattiene la bestia per le narici e con la destra vibra il colpo. Il volto rosato è quasi distrutto a causa, sembra, al momento della scoperta di una sassata. Sotto Mitra il toro, caduto sulle zampe anteriori, contrae le membra nello spasimo supremo della morte: la testa rivolta verso l’alto, la bocca e le narici aperte e gli occhi spalancati. Dalla coda spuntano tre spighe dorate e dalla sua ferita scorrono rivoli di sangue, che un cane, dal pelo fulvo maculato, corre a leccare. Invano un giallo scorpione tenta di impedire il miracolo e un lungo serpente, dalle squame brunastre e dal ventre verde, striscia al di sotto per raccogliere il sangue.
Il nume indossa una tunica rosso-vermiglio, simbolo dello sfarzo orientale, con un bordo verde e frange giallo-oro sia all’orlo della tunica che a quello delle maniche molto corte. Da queste ultime fuoriescono maniche, aderenti al braccio, con all’estremità bordi simili a quelli della tunica. Dalla scollatura un po’ larga è visibile un’altra tunica verde-azzurra, bordata d’oro. Dalla cinta gli pende il fodero del pugnale, legato alla spalla con una striscia verde. Il mantello, gonfiato dal vento, è rosso con ricami in oro all’esterno e la fodera sottostante è azzurra con sette stelle in giallo-oro, simbolo evidente della volta del cielo con i pianeti.
Ai lati di Mitra stanno i due dadophoroi in costume frigio, armati di arco e faretra. Sono, rispettivamente a sinistra e a destra, Cautes (Sol Oriens) con la face sollevata e Cautopates (Sol Occidens) con la face abbassata. Simboleggiano la doppia incarnazione del nume: il sole all’alba e al tramonto, la fanciullezza e la morte, la primavera e l’inverno. Il primo indossa una tunica giallo-oro con bordi verdi, un mantello e un pileus rossi. Il secondo ha solo il berretto frigio in rosso, mentre la tunica e le anassiridi sono grigiastre ed il mantello è bianco.
In alto a sinistra compare il busto del Sole con un raggio di luce che dal nimbo radiato in oro, che gli circonda la capigliatura rossiccia, si dirige verso Mitra. E’ ricoperto da un manto rosso e regge uno scettro dorato. Davanti a lui, appollaiato su una roccia sporgente, è presente il corvo, suo messaggero
A destra si staglia la Luna, che brilla di fioca luce riflessa. Indossa un mantello bianco e la carnagione chiara contrasta con il colore rosso-bruno della capigliatura, che scende sulle spalle e sul petto.
In basso, ai lati della scena, sono raffigurate due teste più grandi delle altre: a destra Tellus, una donna dalla carnagione scura e dai capelli verdi, che simboleggiano la vegetazione; a sinistra Oceanus, barbuto con chele di aragosta sul capo. I capelli e la barba sono azzurri in contrasto con il colore rosso-bruno del volto e delle chele.
Altre pitture oggi visibili chiaramente, oltre alla tauroctonia, sono i due dadophoroi, rappresentati nei pannelli lungo le pareti laterali, alti m. 1,30, in costume orientale. A destra, nel secondo pannello, Cautes solleva la fiaccola al di sopra di un’ara fiammeggiante e al suo fianco è raffigurato il gallo, simbolo evidente del sorgere del Sole. A sinistra, nel primo pannello, Cautopates abbassa la fiaccola al di sopra di un’ara accesa.
Nel terzo pannello, sempre a sinistra, è incastonato un bassorilievo marmoreo con la rappresentazione di Amore e Psiche. Il giovane, nudo ed alato, regge la fiaccola nella mano sinistra e con la destra prende per il braccio Psiche, alata e velata da una veste trasparente, di cui regge l’orlo.
Nella lunetta della parete di fronte all’altare è dipinta la Luna, una giovane donna dai capelli castani legati dietro il capo, coperta da un manto bianco svolazzante. In piedi su una biga, regge le redini e incita con la frusta i cavalli, uno bianco e uno nero. La pittura, ancora ben visibile al momento della scoperta, è oggi leggermente deteriorata e il fondo è ridotto ad una massa verdastra.
Sulle facciate dei podia prolungati si trovano altre pitture realizzate con tecnica sommaria. Già scarsamente visibili all’epoca della scoperta, oggi sono per lo più cancellate. I monocromata in rosso su fondo bianco rappresentano varia scene dell’iniziazione dell’adepto, il quale nudo e accompagnato dal mystagogus e del sacerdote attraversava i diversi gradi di iniziazione, che come dice San Gerolamo (ep. 107,2 ad Laetam) erano sette: Corax, Nymphus, Miles, Leo, Perses, Heliodromus e Pater.
E’ possibile visitare il mitreo tutti i giorni escluso il lunedì con un unico biglietto che comprende anche la visita all’Anfiteatro e al Museo dei Gladiatori, siti in Piazza 1° Ottobre.
B I B L I O G R A F I A
1. CUMONT F., Relazione del ritrovamento del mitreo di Capua Vetere, in Comptes-Rendus de l’Academie des Inscriptiones et Belles Lettres, 1924
2. MACIARIELLO N., Politeismo e mitraicismo a Santa Maria Capua Vetere, 1939
3. MINTO A., Scoperta di una cripta mitraica a S. Maria Capua Vetere, in Notizie degli scavi. Atti della R. Accademia Nazionale dei Lincei, 1924
4. PERCONTE LICATESE A., Capua antica, edizione Spartaco, S. Maria Capua Vetere, 1997
5. Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta (a cura di), Santa Maria Capua Vetere: guida alla storia e all’arte della città, Santa Maria Capua Vetere, 1996.
Info:
graziano.danielamaria@virgilio.it