Nell’aprile del 1999 veniva portata alla luce la statua di bronzo avvistata due anni prima da un turista belga nelle acque dell’Adriatico: l’Atleta giaceva presso l’isolotto di Vela Orjula, a sua volta non lontano da Mali Losini (Lussinpiccolo). Il recupero fu a cura del Dipartimento per la Ricerca archeologica subacquea del Ministero della Cultura della Croazia.
Recentemente è terminata a Zagabria la pulitura del bronzo, affidata ad Antonio Serbetic, responsabile della Sezione Metalli presso l’Istituto Croato per il Restauro (Hrz) diretto da Ferdinand Meder, con l’intervento di Giuliano Tordi (Opificio delle Pietre Dure, Firenze). Nelle interviste finora pubblicate si parla di un naufragio della prima età imperiale lungo una rotta di cabotaggio: l’analisi col sistema del radiocarbonio 14, eseguita su un nocciolo di pesca e un legno pertinenti all’anima della figura, fa risalire al IV sec. a. C. la fusione dell’opera che veniva trasportata.
La conferma sarà nel paragone con l’analogo Atleta, proveniente dagli scavi austriaci a Efeso ed esposto al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Esso conserva l’impronta dei tasselli applicati in un’opera originale per sanare le irregolarità del getto, rivelandosi quale un calco tratto in antico dal prestigioso modello che oggi ci viene offerto dal mare. Basterà riconoscere quei segni sul reperto subacqueo: se si tratta di tarsie al vivo, potremo dire di avere il capolavoro di un’officina classica; se si ripete il fenomeno della traccia, avremmo comunque la prova di una stupefacente moltiplicazione seriale, non esclusiva dell’età romana, venendo già praticati da Lisistrato, fratello di Lisippo.
Per altra via, il nome del massimo bronzista ellenico fu subito avanzato a proposito del reperto di Lussino: si era fatta confusione col soggetto più famoso nel catalogo del Sicionio, l’ “Apoxyòmenos” (colui che si deterge con lo strigile), noto da copie marmoree al Vaticano e a Side (Turchia). Il nuovo testimone conferma invece quanto si era arguito dalla replica di Vienna: il tipo, che ormai denominiamo Lussino-Efeso, non è l’Apoxyòmenos in azione di Lisippo, bensì un Atleta che ha terminato di detergersi, e fa scorrere il pollice sinistro nella cavità dello strigile (impugnato dalla destra) per nettarlo dalla sabbia e dall’olio. Il gesto di quotidiana naturalezza illustra la specialità agonistica, poiché ci si ungeva prima dello scontro di lotta: la presenza di qualche tumefazione nelle orecchie orienta in particolare per il pancrazio che consentiva i colpi col pugno oltre alle prese. La celebrità dell’invenzione (il giovane ha appena passato la mano sulla fronte per liberarla dai corti capelli intrisi di sudore) risulta dalle numerose copie marmoree di varia dimensione: Torlonia, Vaticano, Uffizi, Louvre, Ermitage, Bruxelles e Boston; la versione in basanite dalla villa di Domiziano a Castel Gandolfo segnala, per il valore stesso del materiale e per la proprietà imperiale, l’importanza annessa al prototipo. Dal punto di vista formale l’opera condensa una così varia e articolata esperienza della plastica, da venire impropriamente datata fino all’età ellenistica, non senza il tentativo di farne un prodotto eclettico di età romana: soluzione di moda nella letteratura archeologica, da quando è diminuita la capacità di utilizzare il metodo filologico per la restituzione degli archetipi di epoca classica. Gemme e bronzetti anteriori ad Augusto invitano a perfezionare nel nostro caso l’indagine impostata dai primi interpreti del bronzo di Vienna, alla luce del fortunato incremento di conoscenze sugli eredi di Policleto nel Peloponneso. L’attribuzione del pulitore di strigile alla fase finale di Dedalo di Sicione, intorno al 370 a.C., identifica il passaggio tra la figura “quadrata” e lo slancio di Lisippo: il piano prospettico che intercetta il corpo agli occhi dello spettatore, qui realizzato dall’incontro delle mani con lo strigile, verrà rinnovato in più audaci avanzamenti atti ad accrescere la profondità del comporre.
Fonte: Il Giornale dell’Arte 1 giugno 2003
Autore: Paolo Moreno
Cronologia: Arch. Greca