L’unguentario preziosissimo. Scomparso in Calabria e riapparso in California. Venne pagato quasi un miliardo di lire sul mercato clandestino internazionale. Faceva parte di uno stock di piccoli “tesori” italiani venduti agli americani. Negli anni ‘80 “pezzi” di grande valore recuperati nei siti dell’Italia meridionale finivano negli States.
E’ quanto hanno scoperto i carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di Cosenza.
Nelle splendide sale del Paul Getty Museum di Malibù (Usa) è infatti esposta una meravigliosa scultura bronzea “Askos” dissepolta dai “tombaroli” a Strongoli nel 1981. Dal centro del Crotonese la statua è stata poi trasferita in Svizzera e da lì trasportata in aereo verso la California. Nessuno sapeva dell’esistenza del reperto: il ritrovamento e la successiva commercializzazione non avevano infatti mai superato i confini della clandestinità. Almeno fino a quando, nel corso di una perquisizione, gli investigatori non hanno messo le mani sulle foto del reperto custodite gelosamente da un mercante d’arte. Sul retro delle pellicole era indicata la provenienza dell’opera e la data di ritrovamento. I carabinieri del capitano Raffaele Giovinazzo non hanno faticato molto per far “cantare” l’astuto commerciante. La statua era stata individuata in un sito archeologico crotonese e poi venduta, con una serie di veloci passaggi di mano, a dei ricchi statunitensi. La confessione ha determinato ricerche incrociate svolte sul mercato europeo e americano. Dopo mesi di accertamenti è saltata fuori la verità, scomoda e imprevedibile. Il reperto era esposto a Malibù, tra le opere di maggior valore del Paul Getty Museum. Che fare? Semplice, chiederne la restituzione. Per raggiungere l’obiettivo è stata avviata una rogatoria internazionale, rimasta fino al momento senza esito. Gli americani hanno infatti bocciato la richiesta italiana anche se sono stati successivamente costretti a immettere l”Askos” nella lista dei ventisei reperti ch’erano disposti a restituire nell’ambito di un’articolata trattativa avviata dal vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli. Trattativa, però, ancora bloccata. L”Askos” è un reperto unico nel suo genere. Si tratta di un unguentario di fattura italica che raffigura una sirena. La fabbricazione risale al periodo della Magna Grecia.
La gallerista svizzera, Frida Ciakos, che aveva trattato la cessione agli americani del bene trafugato in Calabria, è stata nei mesi scorsi condannata (con patteggiamento) dal Gip di Roma per esportazione illegale di reperti archeologici e ricettazione.
Sempre nel museo di Malibù sono stati individuati dai carabinieri un migliaio di reperti provenienti dall’area archeologica di Francavilla Marittima. Si tratta di “pezzi” saccheggiati nelle scorso decennio e poi immessi nel mercato internazionale attraverso case d’asta elvetiche. Ma non è la sola clamorosa scoperta fatta dagli uomini dell’Arma a conferma dell’esistenza di un mercato illegale floridissimo e globale che ruota intorno al materiale d’interesse archeologico.
Nei mesi scorsi è stato recuperato a Firenze uno specchio in bronzo scomparso ottant’anni fa. Era stato ritrovato a Locri, nel 1915 e poi esposto al museo di Siracusa da cui sparì nel 1920.
Fonte: La Gazzetta del Sud 30/12/2006
Autore: Arcangelo Badolati